A Bisceglie Edgarda Ferri insegna l'arte del perdono. Con le parole di Etty

La nobile scrittrice mantovana è stata ospite della libreria alle Vecchie Segherie Mastrototaro

sabato 28 ottobre 2017 07.24
A cura di Serena Ferrara
Non credo di aver mai incontrato lungo il mio percorso di solida lettrice una penna più femminile di quella di Edgarda Ferri. Giornalista di lungo corso per il Corriere della Sera, scrittrice prolifica, donna elegantissima, colta e dai pensieri raffinati, Edgarda Ferri è in grado di far apparire un virtuoso, civettuolo pettegolezzo, anche la più noiosa delle biografie reali. Per una lettrice donna, la sua penna è praticamente irresistibile.
Il suo ultimo libro, invece, ha una prosa asciuttissima, tesa, che però nulla toglie al suo cesellatisimo disegno.

Se prende a cuore una storia di vita, di chiunque si tratti, Edgarda Ferri sa scavare così a fondo da renderla immortale, senza mai ostentare i frutti di mesi di ricerche storiche e d'archivio che le sue fatiche letterarie, mai di pura invenzione, comportano.
Sappia il lettore che prendere tra le mani uno dei suoi libri è un impegno: perché dopo il primo rigo si è costretti ad arrivare alla fine, d'un fiato, perché le macchine del tempo non le puoi fermare in corsa per dedicarti ad altro: ci devi viaggiare finché non rientrano in stazione, al termine dell'esperienza.
A Bisceglie, Edgarda Ferri c'era già stata, per Libri nel Borgo Antico. Il 27 ottobre, per un extra de I Dialoghi di Trani, è tornata. Con il Presidio del Libro di Bisceglie e, sul palco, il poeta Zaccaria Gallo e la moderatrice Maria Ines Romano.

L'appuntamento con l'autore si è svolto in quella che la Ferri ha definito, e non per amicizia all'imprenditore Mauro Mastrototaro che pure della Ferri è un convinto ammiratore, la "libreria più bella del mondo": il Mondadori Bookstore alle Vecchie Segherie.
Con Un gomitolo aggrovigliato è il mio cuore. Vita di Etty Hillesum (La nave di teseo, 2017) ha portato all'attenzione dei lettori i diari di Etty: «Una ragazza che voleva testimoniare la vita dentro il campo di Westerbork in Olanda prima di essere rastrellata verso la Polonia».
Di Esther Hillesum, aspirante scrittrice olandese di origine ebraica vittima della Shoah, Egdarda ha letto e tradotto nella sua prosa sentimentalmente densa, tutti i diari. Per raccontarci come si insegna, da vittime, l'arte del perdono.
E di questi tempi è una grande rivelazione.