Abbattimento pini in via Di Vittorio, Diritti in comune: «Fondamentale investire nel verde pubblico»
La lista civica si esprime sulla questione verde urbano
mercoledì 28 agosto 2024
11.00
La decisione dei giorni scorsi di tagliare gli alberi di pino in via Di Vittorio, ci ha lasciati turbati e perplessi. Questa operazione, che ha interessato una ventina di alberi, non è la prima con la firma del sindaco Angarano; a memoria ricordiamo via degli Aragonesi, via Fragata, via Bartolo Colangelo, parco delle Beatitudini e forse ci sfugge qualcos'altro. In generale, eliminare alberi adulti non dovrebbe mai essere una decisione presa a cuor leggero da nessuno e nel caso specifico non ci convince che l'abbattimento fosse l'unica alternativa possibile, ma temiamo che il Sindaco Angarano e il Dirigente dell'Ufficio Tecnico Giacomo Losapio non abbiano la stessa nostra visione e sensibilità.
Naturalmente, ci sono tanti validi motivi per tagliare un albero. Ma ogni qualvolta qualcuno ne consideri problematico uno, innanzitutto dovrebbe esaminare tutte le alternative possibili al taglio, che esistono e sono molteplici. Solo in casi limite, fatti tutti gli esami strumentali indipendenti, laddove vi sia un presunto problema di sicurezza, si dovrebbe procedere all'eliminazione. Ci sembra necessario sottolinearlo, perché i benefici di un albero adulto in città sono molteplici e non sempre rimpiazzabili da quelli offerti da giovani virgulti che, in una città dove il vero problema è l'assenza di programmazione e manutenzione, non sappiamo se diverranno mai adulti.
Ci sono alcune riflessioni che sono scaturite da quanto accaduto e proviamo a presentarle. Procediamo con ordine.
Innanzitutto, esistono alternative e approcci differenti a quanto qualcuno (e vorremmo capire chi) ha scelto di fare e sono molte le soluzioni proponibili, alcune delle quali abbiamo lette sui social, dove lo sdegno ha superato il video pubblicato dal sindaco Angelantonio Angarano e dall'assessora a Manutenzioni e Verde Pubblico, Angela Monterisi. Si sarebbe potuto pensare a un allargamento del marciapiede, a un restringimento di carreggiata, alla depavimentazione (depaving) anche parziale, a celle protettive delle radici, alla pavimentazione permeabile e flessibile, al monitoraggio periodico e costante delle radici e tanto altro. Il problema delle radici degli alberi in ambiente urbano non esiste solo a Bisceglie ed esistono realtà specializzate che se ne occupano da anni. Queste soluzioni, che vanno verificate volta per volta, indicano che esiste un approccio differente da quello oramai adottato da una certa classe politica e dirigenziale.
La macchina mediatica e propagandistica che il Sindaco Angarano ha messo in moto è senz'altro la novità degna di nota della nuova consiliatura e anche in questo caso ha coperto abbondantemente il dibattito. Il video tra i marciapiedi rotti è senz'altro d'effetto, una mossa mediatica che ha tentato di normalizzare ciò che normale non ci sembra, almeno nell'approccio. Ma non è sfuggito neanche a noi che la parola d'ordine che trasuda dai video e dai comunicati sull'argomento è "sicurezza", termine tanto caro alle destre e il cui ricorso eccessivo e ossessivo suggerirebbe una contaminazione politica di cui qualcuno non aveva già dubbi; la sicurezza delle persone e dei beni è importante, certamente, ma l'uso fuori luogo e spropositato di questo tema, come in questo caso, rappresenta solo un espediente retorico politico da cui prendere le distanze. Infine, per giustificare la scelta in oggetto e dare una parvenza di scientificità all'operazione, oltre alla relazione agronomica di cui poi diremo, si sono riutilizzate improbabili citazioni di ecologisti autodidatti, in cui si menzionano "ricerche mediche" senza alcun vero riferimento scientifico o bibliografico. Il "Patto Trasversale per la Scienza" (sottoscritto nel 2020 durante la prima sindacatura Angarano) è lontano.
A proposito di sicurezza, comunque, per tutti gli abbattimenti decisi dal Sindaco o da chi per lui, non c'è mai traccia di esami strumentali che certifichino in maniera indipendente che l'albero rappresenti un pericolo imminente (e non teorico-potenziale) per la sicurezza delle persone; e ovviamente, delle relazioni estemporanee dell'agronomo di parte (fiduciario dell'azienda che esegue i lavori, per esempio?) non sappiamo che fare. E non perché crediamo che quelle relazioni contengano falsità, ma perché risponderanno tutte (ne abbiamo letta qualcuna), in maniera tecnicamente ineccepibile, alle precise esigenze formulate da chi ha già deciso cosa fare e cerca una "pezza a colore". Non è in quella relazione che le forze politiche indignate troveranno quello che cercano, anzi rischiano di fare il gioco degli autori politici e materiali di quanto accaduto. Il compito della politica è proporre visioni e stabilire gli indirizzi e gli obiettivi, ammesso che si possegga una visione di ciò di cui ci si vuole occupare. E quando questa manca, affidarsi ai tecnici non è mai un'idea brillante.
Chi e come ha scelto gli alberi con cui, negli ultimi anni, si stanno sostituendo i pini sani e adulti? Seguendo la propaganda del sindaco sui social e sulla stampa, sembra che si stia procedendo piuttosto confusamente, senza alcun criterio prestabilito o visione d'insieme, mettendo a dimora mandaranci, jacarande, querce e carrubi. Oltre al fatto che non è definito alcun piano o criterio ecologico e/o paesaggistico cittadino, il punto è che i pini potrebbero non essere i soli alberi dotati di radici. Anche laddove la messa a dimora fosse fatta a regola d'arte (cosa che non accade sempre), con il tempo l'apparato radicale di ogni pianta può causare dissesti e necessitare di manutenzione. Lo evidenzia egregiamente anche il Capo di gabinetto del Sindaco, Mauro Di Pierro, che con un brillante reportage su Facebook mostra varie specie di alberi che in città hanno rovinato i marciapiedi, comprese le querce, specie che si sta usando per sostituire i pini in via Di Vittorio e prima altrove. Quindi tra 10 anni tagliamo nuovamente tutto?
Veniamo quindi alla manutenzione, che è un concetto chiave troppo spesso ignorato a tutto beneficio di azioni estemporanee utili alla propaganda. La manutenzione è un'attività irrinunciabile che, come abbiamo visto, si rende necessaria sempre, costantemente e comunque, qualsiasi sia la specie arborea interessata. L'apparato radicale delle piante, anche quello delle più adatte all'ambiente urbano, è un organo vivo che con il tempo può provocare dissestamenti e altre "scomodità". Anche un ramo che si spezza, com'è accaduto il 7 agosto scorso sempre in via Di Vittorio, non è di per sé sufficiente per segare senza motivo né "relazione agronomica" tutto l'albero ma dovrebbe essere l'occasione per chiedersi se si è fatta un'adeguata manutenzione. E questo riguarda anche l'innaffiamento e in generale la cura.
Prova ne sono gli alberi recentemente piantati e già sofferenti presso la pista "Pump track" di via Amando vescovo, dove fu tagliato un imponente salice; o in via Fragata, lato Istituto Tecnico, dove virgulti di quercia sono stati piantati al posto dei pini a inizio 2023 e la metà sostituiti perché seccati ad aprile 2024 e già in sofferenza anche i nuovi. O le palme in via Prussiano e al parcheggio della Conca dei monaci. Anche la processionaria, tema buttato sulla griglia mista dall'amministrazione in questi giorni, non può giustificare abbattimenti di massa perché è un tema che si potrebbe approcciare efficacemente con la manutenzione ordinaria.
Bisogna poi comprendere a cosa sono finalizzati questi lavori di "messa in sicurezza", che comportano investimenti economici importanti e non sono ripetibili nel breve termine. Se il rifacimento del marciapiede comportasse l'affiancamento di una ciclabile, l'eliminazione di barriere architettoniche, l'installazione di percorsi Loges per ipo e non-vedenti, il restringimento delle carreggiate, laddove inutilmente eccessive (come nel tratto interessato in via Di Vittorio), l'adozione di nuovi sensi unici carrabili e la messa a dimora di nuovi alberi con spazi e substrati di nuova concezione, si potrebbe meglio tollerare la perdita di qualche albero adulto in nome di una nuova visione. Ma quello che sembra mancare - e dovrebbe essere l'essenza della politica - è proprio una visione d'insieme, una progettualità di lungo respiro, in una città dove le questioni urbanistiche sono relegate alle urgenze, alla burocrazia e ai diktat di qualche funzionario o dirigente stanco e superficiale.
Quali soluzioni a tutto questo, quindi? Non possiamo negare che ci ispira chi ha fatto meglio di noi. A Medellin, in Colombia, l'eccessivo aumento della temperatura dovuto alla cementificazione è stato risolto con la creazione di corridoi verdi che hanno permesso l'abbassamento di 2 gradi con la previsione di ulteriore miglioramento. Ma senza andare in un altro continente, sono numerose le città che hanno risolto e si sono dotate degli strumenti idonei, che la legge italiana prescrive, per pianificare e non improvvisare, il che consente anche di considerare il verde pubblico un investimento e non una spesa.
Innanzitutto si dovrebbe ottemperare a quanto prescrivono le linee guida ministeriali con la legge 10/2013, che prevedono che i Comuni si dotino, al più presto, di sei strumenti per la gestione e manutenzione del verde pubblico: il Regolamento del verde pubblico e privato, il censimento del verde, il sistema informativo del verde, il piano del verde, il bilancio arboreo, il piano di monitoraggio e gestione del verde. Tali strumenti andrebbero commissionati agli Ordini o agli studi professionali competenti e chiediamo alle forze politiche presenti in consiglio comunale di raccogliere questo appello, già proposto da qualcuno degli scriventi al sindaco Angarano durante la scorsa consiliatura e riproposto nel programma elettorale di Vittorio Fata alle scorse amministrative. Perché senza pianificazione, programmazione, sguardo d'insieme, tecnici preparati e gli strumenti di legge di cui abbiamo parlato, il tutto ovviamente insieme ad adeguate risorse economiche, tagliare e ripiantare confusamente non servirà a nulla, nemmeno all'immagine che si vuole ripulire con video sgangherati. Oltre che a tutelare gli alberi esistenti, tali strumenti servono anche per evitare interventi di potatura fuori stagione e limitare le iniziative dei privati di fronte ad alberature importanti: chi non ricorda l'enorme cedro abbattuto in via Fragata pochi anni fa?
In secondo luogo è necessario potenziare le zone verdi in città e ripensare i parchi esistenti. Aumentare le aree verdi in città, attraverso l'acquisizione delle aree libere disponibili, era anch'esso un impegno che ha fatto parte del nostro programma elettorale e che è a disposizione di chiunque voglia farlo proprio. Un suggerimento a bassa voce è fare un giro in via Fragata e via degli Artigiani, dove ci sono scampoli di terreno in vendita, così come bisognerebbe fare di tutto per salvare quel lembo di "campagna urbana" in strada Cala dell'Arciprete e renderlo di pubblica fruizione.
Infine non crediamo che tenere chiusi i parchi o affidarli tutti ai privati sia sempre una buona idea, ma questi dovrebbero essere aperti, senza barriere, 24 ore al giorno, con luci disturbanti per eventuali vandali, telecamere che interessano tutto il sedime e vigilanza attiva con Polizia locale e Guardie Giurate: le barriere non hanno mai aiutato nessuno, neanche chi deve abituarsi a rispettare la cosa pubblica. Ricordiamoci che siamo in un'epoca di cambiamenti climatici globali dove nessuno può permettersi di sfilarsi o perdere ulteriore tempo.
Naturalmente, ci sono tanti validi motivi per tagliare un albero. Ma ogni qualvolta qualcuno ne consideri problematico uno, innanzitutto dovrebbe esaminare tutte le alternative possibili al taglio, che esistono e sono molteplici. Solo in casi limite, fatti tutti gli esami strumentali indipendenti, laddove vi sia un presunto problema di sicurezza, si dovrebbe procedere all'eliminazione. Ci sembra necessario sottolinearlo, perché i benefici di un albero adulto in città sono molteplici e non sempre rimpiazzabili da quelli offerti da giovani virgulti che, in una città dove il vero problema è l'assenza di programmazione e manutenzione, non sappiamo se diverranno mai adulti.
Ci sono alcune riflessioni che sono scaturite da quanto accaduto e proviamo a presentarle. Procediamo con ordine.
Innanzitutto, esistono alternative e approcci differenti a quanto qualcuno (e vorremmo capire chi) ha scelto di fare e sono molte le soluzioni proponibili, alcune delle quali abbiamo lette sui social, dove lo sdegno ha superato il video pubblicato dal sindaco Angelantonio Angarano e dall'assessora a Manutenzioni e Verde Pubblico, Angela Monterisi. Si sarebbe potuto pensare a un allargamento del marciapiede, a un restringimento di carreggiata, alla depavimentazione (depaving) anche parziale, a celle protettive delle radici, alla pavimentazione permeabile e flessibile, al monitoraggio periodico e costante delle radici e tanto altro. Il problema delle radici degli alberi in ambiente urbano non esiste solo a Bisceglie ed esistono realtà specializzate che se ne occupano da anni. Queste soluzioni, che vanno verificate volta per volta, indicano che esiste un approccio differente da quello oramai adottato da una certa classe politica e dirigenziale.
La macchina mediatica e propagandistica che il Sindaco Angarano ha messo in moto è senz'altro la novità degna di nota della nuova consiliatura e anche in questo caso ha coperto abbondantemente il dibattito. Il video tra i marciapiedi rotti è senz'altro d'effetto, una mossa mediatica che ha tentato di normalizzare ciò che normale non ci sembra, almeno nell'approccio. Ma non è sfuggito neanche a noi che la parola d'ordine che trasuda dai video e dai comunicati sull'argomento è "sicurezza", termine tanto caro alle destre e il cui ricorso eccessivo e ossessivo suggerirebbe una contaminazione politica di cui qualcuno non aveva già dubbi; la sicurezza delle persone e dei beni è importante, certamente, ma l'uso fuori luogo e spropositato di questo tema, come in questo caso, rappresenta solo un espediente retorico politico da cui prendere le distanze. Infine, per giustificare la scelta in oggetto e dare una parvenza di scientificità all'operazione, oltre alla relazione agronomica di cui poi diremo, si sono riutilizzate improbabili citazioni di ecologisti autodidatti, in cui si menzionano "ricerche mediche" senza alcun vero riferimento scientifico o bibliografico. Il "Patto Trasversale per la Scienza" (sottoscritto nel 2020 durante la prima sindacatura Angarano) è lontano.
A proposito di sicurezza, comunque, per tutti gli abbattimenti decisi dal Sindaco o da chi per lui, non c'è mai traccia di esami strumentali che certifichino in maniera indipendente che l'albero rappresenti un pericolo imminente (e non teorico-potenziale) per la sicurezza delle persone; e ovviamente, delle relazioni estemporanee dell'agronomo di parte (fiduciario dell'azienda che esegue i lavori, per esempio?) non sappiamo che fare. E non perché crediamo che quelle relazioni contengano falsità, ma perché risponderanno tutte (ne abbiamo letta qualcuna), in maniera tecnicamente ineccepibile, alle precise esigenze formulate da chi ha già deciso cosa fare e cerca una "pezza a colore". Non è in quella relazione che le forze politiche indignate troveranno quello che cercano, anzi rischiano di fare il gioco degli autori politici e materiali di quanto accaduto. Il compito della politica è proporre visioni e stabilire gli indirizzi e gli obiettivi, ammesso che si possegga una visione di ciò di cui ci si vuole occupare. E quando questa manca, affidarsi ai tecnici non è mai un'idea brillante.
Chi e come ha scelto gli alberi con cui, negli ultimi anni, si stanno sostituendo i pini sani e adulti? Seguendo la propaganda del sindaco sui social e sulla stampa, sembra che si stia procedendo piuttosto confusamente, senza alcun criterio prestabilito o visione d'insieme, mettendo a dimora mandaranci, jacarande, querce e carrubi. Oltre al fatto che non è definito alcun piano o criterio ecologico e/o paesaggistico cittadino, il punto è che i pini potrebbero non essere i soli alberi dotati di radici. Anche laddove la messa a dimora fosse fatta a regola d'arte (cosa che non accade sempre), con il tempo l'apparato radicale di ogni pianta può causare dissesti e necessitare di manutenzione. Lo evidenzia egregiamente anche il Capo di gabinetto del Sindaco, Mauro Di Pierro, che con un brillante reportage su Facebook mostra varie specie di alberi che in città hanno rovinato i marciapiedi, comprese le querce, specie che si sta usando per sostituire i pini in via Di Vittorio e prima altrove. Quindi tra 10 anni tagliamo nuovamente tutto?
Veniamo quindi alla manutenzione, che è un concetto chiave troppo spesso ignorato a tutto beneficio di azioni estemporanee utili alla propaganda. La manutenzione è un'attività irrinunciabile che, come abbiamo visto, si rende necessaria sempre, costantemente e comunque, qualsiasi sia la specie arborea interessata. L'apparato radicale delle piante, anche quello delle più adatte all'ambiente urbano, è un organo vivo che con il tempo può provocare dissestamenti e altre "scomodità". Anche un ramo che si spezza, com'è accaduto il 7 agosto scorso sempre in via Di Vittorio, non è di per sé sufficiente per segare senza motivo né "relazione agronomica" tutto l'albero ma dovrebbe essere l'occasione per chiedersi se si è fatta un'adeguata manutenzione. E questo riguarda anche l'innaffiamento e in generale la cura.
Prova ne sono gli alberi recentemente piantati e già sofferenti presso la pista "Pump track" di via Amando vescovo, dove fu tagliato un imponente salice; o in via Fragata, lato Istituto Tecnico, dove virgulti di quercia sono stati piantati al posto dei pini a inizio 2023 e la metà sostituiti perché seccati ad aprile 2024 e già in sofferenza anche i nuovi. O le palme in via Prussiano e al parcheggio della Conca dei monaci. Anche la processionaria, tema buttato sulla griglia mista dall'amministrazione in questi giorni, non può giustificare abbattimenti di massa perché è un tema che si potrebbe approcciare efficacemente con la manutenzione ordinaria.
Bisogna poi comprendere a cosa sono finalizzati questi lavori di "messa in sicurezza", che comportano investimenti economici importanti e non sono ripetibili nel breve termine. Se il rifacimento del marciapiede comportasse l'affiancamento di una ciclabile, l'eliminazione di barriere architettoniche, l'installazione di percorsi Loges per ipo e non-vedenti, il restringimento delle carreggiate, laddove inutilmente eccessive (come nel tratto interessato in via Di Vittorio), l'adozione di nuovi sensi unici carrabili e la messa a dimora di nuovi alberi con spazi e substrati di nuova concezione, si potrebbe meglio tollerare la perdita di qualche albero adulto in nome di una nuova visione. Ma quello che sembra mancare - e dovrebbe essere l'essenza della politica - è proprio una visione d'insieme, una progettualità di lungo respiro, in una città dove le questioni urbanistiche sono relegate alle urgenze, alla burocrazia e ai diktat di qualche funzionario o dirigente stanco e superficiale.
Quali soluzioni a tutto questo, quindi? Non possiamo negare che ci ispira chi ha fatto meglio di noi. A Medellin, in Colombia, l'eccessivo aumento della temperatura dovuto alla cementificazione è stato risolto con la creazione di corridoi verdi che hanno permesso l'abbassamento di 2 gradi con la previsione di ulteriore miglioramento. Ma senza andare in un altro continente, sono numerose le città che hanno risolto e si sono dotate degli strumenti idonei, che la legge italiana prescrive, per pianificare e non improvvisare, il che consente anche di considerare il verde pubblico un investimento e non una spesa.
Innanzitutto si dovrebbe ottemperare a quanto prescrivono le linee guida ministeriali con la legge 10/2013, che prevedono che i Comuni si dotino, al più presto, di sei strumenti per la gestione e manutenzione del verde pubblico: il Regolamento del verde pubblico e privato, il censimento del verde, il sistema informativo del verde, il piano del verde, il bilancio arboreo, il piano di monitoraggio e gestione del verde. Tali strumenti andrebbero commissionati agli Ordini o agli studi professionali competenti e chiediamo alle forze politiche presenti in consiglio comunale di raccogliere questo appello, già proposto da qualcuno degli scriventi al sindaco Angarano durante la scorsa consiliatura e riproposto nel programma elettorale di Vittorio Fata alle scorse amministrative. Perché senza pianificazione, programmazione, sguardo d'insieme, tecnici preparati e gli strumenti di legge di cui abbiamo parlato, il tutto ovviamente insieme ad adeguate risorse economiche, tagliare e ripiantare confusamente non servirà a nulla, nemmeno all'immagine che si vuole ripulire con video sgangherati. Oltre che a tutelare gli alberi esistenti, tali strumenti servono anche per evitare interventi di potatura fuori stagione e limitare le iniziative dei privati di fronte ad alberature importanti: chi non ricorda l'enorme cedro abbattuto in via Fragata pochi anni fa?
In secondo luogo è necessario potenziare le zone verdi in città e ripensare i parchi esistenti. Aumentare le aree verdi in città, attraverso l'acquisizione delle aree libere disponibili, era anch'esso un impegno che ha fatto parte del nostro programma elettorale e che è a disposizione di chiunque voglia farlo proprio. Un suggerimento a bassa voce è fare un giro in via Fragata e via degli Artigiani, dove ci sono scampoli di terreno in vendita, così come bisognerebbe fare di tutto per salvare quel lembo di "campagna urbana" in strada Cala dell'Arciprete e renderlo di pubblica fruizione.
Infine non crediamo che tenere chiusi i parchi o affidarli tutti ai privati sia sempre una buona idea, ma questi dovrebbero essere aperti, senza barriere, 24 ore al giorno, con luci disturbanti per eventuali vandali, telecamere che interessano tutto il sedime e vigilanza attiva con Polizia locale e Guardie Giurate: le barriere non hanno mai aiutato nessuno, neanche chi deve abituarsi a rispettare la cosa pubblica. Ricordiamoci che siamo in un'epoca di cambiamenti climatici globali dove nessuno può permettersi di sfilarsi o perdere ulteriore tempo.