"Benedetto. Il papa di Gesù" trionfa al Politeama
Il coraggioso spettacolo di Francesco Sinigaglia conquista il pubblico
domenica 13 gennaio 2019
12.46
Non ci è dato di sapere quanti altri registi di 24 anni, in Italia e non solo, siano in grado di portare in scena una propria drammaturgia e totalizzare il sold out per due repliche in un teatro da oltre 300 posti a sedere. Ci conforta poter scrivere, in ogni caso, che Francesco Sinigaglia ce l'abbiamo noi e dobbiamo andarne fieri.
Se è vero che il coraggio ripaga, il brillante autore biscegliese è sulla strada giusta. "Benedetto. Il papa di Gesù" è una scommessa audace vinta con umiltà. Un sorprendente atto d'amore per il teatro e per la vita, riassunto nell'aggettivo "sconcertante" utilizzato per definire la pace da Sally, la vera protagonista dello spettacolo, interpretata in modo impeccabile da Camilla Sinigaglia.
Nulla è stato lasciato al caso in quasi due ore di rappresentazione sul palcoscenico di un Teatro Politeama Italia esaurito, a riprova che il pubblico, se informato, premia la qualità. E sa riconoscere l'impegno, lo studio, l'impasto dei registri stilistici che Francesco Sinigaglia ha saputo trasformare in valore aggiunto, cucendo il testo su misura dei bravissimi attori che non hanno certo da invidiare nulla a nessuno. Nicola Losapio ha fatto centro, vestendo i panni tutt'altro che semplici di un Ratzinger "diverso": non antipatizzante, portatore sano di insicurezza, a tratti "tenero" nel suo essere impacciato. Equidistante dal Piccoli di "Habemus papam" come dalla raffigurazione cui ci ha abituato Benedetto XVI nel corso del suo breve pontificato.
Losapio merita tutti gli applausi che gli sono stati tributati e anche qualche opportunità per mostrare il suo solido talento. Come del resto un Nicola Ambrosino che più versatile non si può, capace di entrare e uscire dal vernacolo per regalare un'interpretazione di altissima caratura impersonando l'intrigante (in tutti i sensi) cardinale Volpe. Sarebbe curioso vederlo all'opera ne "La banda degli onesti" col ruolo che fu del compianto Giacomo Furia. Molto apprezzabile il lavoro compiuto da Giuseppe Leone (cardinale Gatto) per rendere efficace e tagliente un personaggio solo apparentemente marginale.
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Sinigaglia ha raccontato la "sua" storia servendosi di due sfondi: la scenografia ambientata in un "buon convento" e la colonna sonora strappata all'immenso repertorio di Vasco Rossi. Roba da regista navigato. Quanto alle donne, rifuggendo dai cliché delle fiction sul tema e al tempo stesso evitando di scivolare nella banalità di un qualsiasi "Sister act", il drammaturgo biscegliese le ha disegnate in abito da suora lasciandone intatte le opacità e cancellandone gli stereotipi. Il resto l'hanno fatto una meravigliosa Sabrina Papagni (tempi e mimica perfetti) e la coppia di monache "cattive" formata da Ilaria Di Benedetto e Arianna Lamantea. Non di contorno ma morbidi guanciali della coscienza collettiva Elvira Ventura e Pina Polaro (suor Tina e suor Luciana), le cui sottolineature hanno reso ancora meglio il significato dei passaggi più intensi del testo.
"Benedetto. Il papa di Gesù" è coraggioso anche nell'imprevedibile finale, che non riveleremo neppure per sogno. Perché vorremmo riferire di ulteriori messe in scena dello spettacolo. La Compagniaurea - supportata dalle esecuzioni d'atmosfera del New Chorus diretto da Marzia Pedone e Angelarosa Graziani - ha stravinto una scommessa complicata. Solo chi non vuole vedere può far finta di non accorgersi della qualità e del talento di un ragazzo, Francesco Sinigaglia, che vale già adesso un posto di rilievo nel panorama culturale del territorio. Noi non smetteremo di sostenerlo. Perché lo merita.
Se è vero che il coraggio ripaga, il brillante autore biscegliese è sulla strada giusta. "Benedetto. Il papa di Gesù" è una scommessa audace vinta con umiltà. Un sorprendente atto d'amore per il teatro e per la vita, riassunto nell'aggettivo "sconcertante" utilizzato per definire la pace da Sally, la vera protagonista dello spettacolo, interpretata in modo impeccabile da Camilla Sinigaglia.
Nulla è stato lasciato al caso in quasi due ore di rappresentazione sul palcoscenico di un Teatro Politeama Italia esaurito, a riprova che il pubblico, se informato, premia la qualità. E sa riconoscere l'impegno, lo studio, l'impasto dei registri stilistici che Francesco Sinigaglia ha saputo trasformare in valore aggiunto, cucendo il testo su misura dei bravissimi attori che non hanno certo da invidiare nulla a nessuno. Nicola Losapio ha fatto centro, vestendo i panni tutt'altro che semplici di un Ratzinger "diverso": non antipatizzante, portatore sano di insicurezza, a tratti "tenero" nel suo essere impacciato. Equidistante dal Piccoli di "Habemus papam" come dalla raffigurazione cui ci ha abituato Benedetto XVI nel corso del suo breve pontificato.
Losapio merita tutti gli applausi che gli sono stati tributati e anche qualche opportunità per mostrare il suo solido talento. Come del resto un Nicola Ambrosino che più versatile non si può, capace di entrare e uscire dal vernacolo per regalare un'interpretazione di altissima caratura impersonando l'intrigante (in tutti i sensi) cardinale Volpe. Sarebbe curioso vederlo all'opera ne "La banda degli onesti" col ruolo che fu del compianto Giacomo Furia. Molto apprezzabile il lavoro compiuto da Giuseppe Leone (cardinale Gatto) per rendere efficace e tagliente un personaggio solo apparentemente marginale.
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Sinigaglia ha raccontato la "sua" storia servendosi di due sfondi: la scenografia ambientata in un "buon convento" e la colonna sonora strappata all'immenso repertorio di Vasco Rossi. Roba da regista navigato. Quanto alle donne, rifuggendo dai cliché delle fiction sul tema e al tempo stesso evitando di scivolare nella banalità di un qualsiasi "Sister act", il drammaturgo biscegliese le ha disegnate in abito da suora lasciandone intatte le opacità e cancellandone gli stereotipi. Il resto l'hanno fatto una meravigliosa Sabrina Papagni (tempi e mimica perfetti) e la coppia di monache "cattive" formata da Ilaria Di Benedetto e Arianna Lamantea. Non di contorno ma morbidi guanciali della coscienza collettiva Elvira Ventura e Pina Polaro (suor Tina e suor Luciana), le cui sottolineature hanno reso ancora meglio il significato dei passaggi più intensi del testo.
"Benedetto. Il papa di Gesù" è coraggioso anche nell'imprevedibile finale, che non riveleremo neppure per sogno. Perché vorremmo riferire di ulteriori messe in scena dello spettacolo. La Compagniaurea - supportata dalle esecuzioni d'atmosfera del New Chorus diretto da Marzia Pedone e Angelarosa Graziani - ha stravinto una scommessa complicata. Solo chi non vuole vedere può far finta di non accorgersi della qualità e del talento di un ragazzo, Francesco Sinigaglia, che vale già adesso un posto di rilievo nel panorama culturale del territorio. Noi non smetteremo di sostenerlo. Perché lo merita.