Bisceglie, la città in cui distruggono anche i menhir
Una testimonianza del dottor Gianni Ferrucci
martedì 6 novembre 2018
20.57
"Se puntate il dito e lo sguardo sulla Puglia, fra Trani e Molfetta, troverete un pezzo di carta sguarnito" scriveva un mio più illustre e noto concittadino descrivendo la sua Bisceglie, capitale del sospiro, del mare, delle antiche Chiese, delle Torri normanne e... dei Dolmen.
Bisceglie è anche la mia città, a dire il vero molto cambiata negli ultimi anni, i cui abitanti (almeno spero la gran parte) sono ancora in fondo orgogliosi e tenaci speranzosi di un cambiamento miracoloso che possa riportare turisti e gente colta ad apprezzarne le bellezze naturali e il significato della sua antica storia.
Il punto è proprio questo: l'altro giorno, alcuni sensibili e colti amici (ovviamente non di Bisceglie) mi hanno chiesto di guidarli in un trekking nell'agro per visionare quella che avevano con curiosità conosciuto in un articolo scientifico come la "Stonehenge di Puglia" e cioè un territorio suggestivo e magico ricompreso proprio in quella campagna biscegliese che ben conosco per i miei trekking e caratterizzata dalla presenza di vari Dolmen, Grotte e... udite udite, menhir la cui esistenza molti ignorano ma dall'importanza archeologica che, se valorizzata, da sola basterebbe a rilanciare un'intera comunità in profonda crisi turistica e non solo.
Nonostante il tempo inclemente e la pioggia ci siamo avventurati entusiasti in questa passeggiata archeologica e il mio orgoglio campanilistico è stato messo in crisi solo dalle spontanee considerazioni sullo stato di abbandono del Dolmen di Albarosa, delle impraticabili e chiuse Grotte di Santa Croce, di alcune masserie lasciandomi per ultima tappa non a caso il celeberrimo Dolmen della Chianca, sito Unesco forse meno deturpato degli altri anche perché simbolo di quel "pezzo di carta sguarnito" tra Molfetta e Trani.
Il colpo di scena che avevo programmato consisteva nella rivelazione della "zona dei menhir" in contrada Santa Croce il cui pezzo forte era la "stele con foro" di cui molti studiosi hanno parlato e che lo stesso professor Aldo Tavolaro paragonò a quello della Contea di Antrim in Inghilterra.
Purtroppo, per l'ennesima volta, il mio orgoglio biscegliese ha dovuto far posto allo sgomento ed alla delusione che solo questa città riesce a trasmetterti quando cerchi ingenuamente di cercare qualcosa di veramente positivo che possa contribuire magari in futuro a far diventare quel "pezzo di carta sguarnito sulla cartina geografica della Puglia" un luogo che valga la pena visitare ed in cui magari anche abitare per la bellezza dei suoi luoghi e dei suoi monumenti storici.
Il menhir... era stato divelto, spezzato alla sua base e buttato a terra dove giaceva come un simbolo di assurda ignorante crudeltà.
Io davvero non so quanti possano veramente comprendere l'importanza di questo episodio ma sono certo che basterebbe riflettere che nessun uomo fino ad oggi e dopo migliaia e migliaia di anni ha mostrato un tale livello di ignoranza se quel monolite (non una pietruccia qualsiasi) ha resistito ad intemperie, incuria, catastrofi naturali, uomini di ogni specie evolutiva.
Un mese fa quel menhir era ancora al suo posto, a trasmettere quella magia e quelle sensazioni di energia positiva che solo luoghi del cuore come quello di Santa Croce sanno trasmettere agli Uomini più sensibili e fortunati per aver avuto qualcuno che insegnasse loro l'importanza ed il valore di pietre che trasmettono la storia, la nostra storia e quindi il significato profondo delle nostre radici e della nostra vita.
Un appello a chi, politico o semplice cittadino di questo Sud ancora troppo incompreso possa fare qualcosa per ripristinare lo stato di quel luogo e possa consentire ai nostri figli di comprendere che la strada per il "vero cambiamento" è fatta di gesti di ricostruzione e non di distruzione.
Bisceglie è anche la mia città, a dire il vero molto cambiata negli ultimi anni, i cui abitanti (almeno spero la gran parte) sono ancora in fondo orgogliosi e tenaci speranzosi di un cambiamento miracoloso che possa riportare turisti e gente colta ad apprezzarne le bellezze naturali e il significato della sua antica storia.
Il punto è proprio questo: l'altro giorno, alcuni sensibili e colti amici (ovviamente non di Bisceglie) mi hanno chiesto di guidarli in un trekking nell'agro per visionare quella che avevano con curiosità conosciuto in un articolo scientifico come la "Stonehenge di Puglia" e cioè un territorio suggestivo e magico ricompreso proprio in quella campagna biscegliese che ben conosco per i miei trekking e caratterizzata dalla presenza di vari Dolmen, Grotte e... udite udite, menhir la cui esistenza molti ignorano ma dall'importanza archeologica che, se valorizzata, da sola basterebbe a rilanciare un'intera comunità in profonda crisi turistica e non solo.
Nonostante il tempo inclemente e la pioggia ci siamo avventurati entusiasti in questa passeggiata archeologica e il mio orgoglio campanilistico è stato messo in crisi solo dalle spontanee considerazioni sullo stato di abbandono del Dolmen di Albarosa, delle impraticabili e chiuse Grotte di Santa Croce, di alcune masserie lasciandomi per ultima tappa non a caso il celeberrimo Dolmen della Chianca, sito Unesco forse meno deturpato degli altri anche perché simbolo di quel "pezzo di carta sguarnito" tra Molfetta e Trani.
Il colpo di scena che avevo programmato consisteva nella rivelazione della "zona dei menhir" in contrada Santa Croce il cui pezzo forte era la "stele con foro" di cui molti studiosi hanno parlato e che lo stesso professor Aldo Tavolaro paragonò a quello della Contea di Antrim in Inghilterra.
Purtroppo, per l'ennesima volta, il mio orgoglio biscegliese ha dovuto far posto allo sgomento ed alla delusione che solo questa città riesce a trasmetterti quando cerchi ingenuamente di cercare qualcosa di veramente positivo che possa contribuire magari in futuro a far diventare quel "pezzo di carta sguarnito sulla cartina geografica della Puglia" un luogo che valga la pena visitare ed in cui magari anche abitare per la bellezza dei suoi luoghi e dei suoi monumenti storici.
Il menhir... era stato divelto, spezzato alla sua base e buttato a terra dove giaceva come un simbolo di assurda ignorante crudeltà.
Io davvero non so quanti possano veramente comprendere l'importanza di questo episodio ma sono certo che basterebbe riflettere che nessun uomo fino ad oggi e dopo migliaia e migliaia di anni ha mostrato un tale livello di ignoranza se quel monolite (non una pietruccia qualsiasi) ha resistito ad intemperie, incuria, catastrofi naturali, uomini di ogni specie evolutiva.
Un mese fa quel menhir era ancora al suo posto, a trasmettere quella magia e quelle sensazioni di energia positiva che solo luoghi del cuore come quello di Santa Croce sanno trasmettere agli Uomini più sensibili e fortunati per aver avuto qualcuno che insegnasse loro l'importanza ed il valore di pietre che trasmettono la storia, la nostra storia e quindi il significato profondo delle nostre radici e della nostra vita.
Un appello a chi, politico o semplice cittadino di questo Sud ancora troppo incompreso possa fare qualcosa per ripristinare lo stato di quel luogo e possa consentire ai nostri figli di comprendere che la strada per il "vero cambiamento" è fatta di gesti di ricostruzione e non di distruzione.