Presunta collusione con il clan Di Cosola, chiesti 10 anni per il Carabiniere biscegliese
Quattro in tutto le proposte di condanna formulate dall'accusa
mercoledì 13 ottobre 2021
11.45
Dieci anni di reclusione. Questa la richiesta formulata dalla Procura della Repubblica di Bari per il Carabiniere biscegliese Antonio Salerno, già in servizio a Giovinazzo, coinvolto nell'indagine sulla presunta collusione con esponenti del clan mafioso Di Cosola. Quattro, in tutto, le proposte di condanna che l'accusa ha annunciato nelle fasi conclusive del dibattimento, per pene comprese fra i 14 e i 6 anni.
Secondo l'indagine delegata e svolta dai colleghi militari del Nucleo Investigativo, coordinata dai pubblici ministeri della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari Federico Perrone Capano e Domenico Minardi, i due militari Antonio Salerno e Domenico Laforgia avrebbero ricevuto per anni denaro - 400mila euro in totale - e regali per pilotare, ritardare o rivelare particolari di indagini sul clan mafioso Di Cosola, fornendo in varie occasioni copia di verbali dei collaboratori di giustizia.
Gli imputati rispondono, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari e rivelazione del segreto d'ufficio con l'aggravante mafiosa. I fatti risalgono agli anni 2012-2018. L'indagine, nel giugno 2020, portò all'arresto dei due militari, di Gerardo Giotti e di un pregiudicato affiliato al clan Di Cosola, Mario Del Vecchio, tutti tuttora detenuti, i primi tre agli arresti domiciliari, mentre Del Vecchio in cella, nell'istituto carcerario di Badu 'e Carros a Nuoro.
Proprio per Del Vecchio, pregiudicato ritenuto dagli inquirenti referente in città del clan fondato da Antonio Di Cosola, morto in carcere, e assistito dall'avvocato Massimo Roberto Chiusolo, è stata chiesta la condanna più alta, a 14 anni di carcere. Per il biscegliese Salerno, invece, di stanza presso la stazione di Giovinazzo, ristretto agli arresti domiciliari e difeso dagli avvocati Angelo Dibello e Mario Malcangi, la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari ha chiesto una condanna a 10 anni di reclusione.
Per Giotti, invece, commerciante del posto, incensurato, accusato di aver fatto da tramite tra i pregiudicati e i due militari e difeso dall'avvocato Michele Laforgia, è stata chiesta una condanna a 9 anni di carcere. Imputato anche un collaboratore di giustizia, Michele Giangaspero, che vive in una località segreta: l'uomo, che con le sue dichiarazioni ha fatto arrestare i due militari, raccontando i rapporti che avevano con il clan Di Cosola, rischia una condanna a 6 anni di reclusione.
Il processo si celebra con il rito abbreviato dinanzi al giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bari, Antonella Cafagna. Si tornerà in aula per le arringhe difensive il 19 ottobre e il 12 novembre prossimi. L'altro militare coinvolto, Laforgia, è a processo separatamente dinanzi al Tribunale ordinario di Bari.
Secondo l'indagine delegata e svolta dai colleghi militari del Nucleo Investigativo, coordinata dai pubblici ministeri della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari Federico Perrone Capano e Domenico Minardi, i due militari Antonio Salerno e Domenico Laforgia avrebbero ricevuto per anni denaro - 400mila euro in totale - e regali per pilotare, ritardare o rivelare particolari di indagini sul clan mafioso Di Cosola, fornendo in varie occasioni copia di verbali dei collaboratori di giustizia.
Gli imputati rispondono, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari e rivelazione del segreto d'ufficio con l'aggravante mafiosa. I fatti risalgono agli anni 2012-2018. L'indagine, nel giugno 2020, portò all'arresto dei due militari, di Gerardo Giotti e di un pregiudicato affiliato al clan Di Cosola, Mario Del Vecchio, tutti tuttora detenuti, i primi tre agli arresti domiciliari, mentre Del Vecchio in cella, nell'istituto carcerario di Badu 'e Carros a Nuoro.
Proprio per Del Vecchio, pregiudicato ritenuto dagli inquirenti referente in città del clan fondato da Antonio Di Cosola, morto in carcere, e assistito dall'avvocato Massimo Roberto Chiusolo, è stata chiesta la condanna più alta, a 14 anni di carcere. Per il biscegliese Salerno, invece, di stanza presso la stazione di Giovinazzo, ristretto agli arresti domiciliari e difeso dagli avvocati Angelo Dibello e Mario Malcangi, la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari ha chiesto una condanna a 10 anni di reclusione.
Per Giotti, invece, commerciante del posto, incensurato, accusato di aver fatto da tramite tra i pregiudicati e i due militari e difeso dall'avvocato Michele Laforgia, è stata chiesta una condanna a 9 anni di carcere. Imputato anche un collaboratore di giustizia, Michele Giangaspero, che vive in una località segreta: l'uomo, che con le sue dichiarazioni ha fatto arrestare i due militari, raccontando i rapporti che avevano con il clan Di Cosola, rischia una condanna a 6 anni di reclusione.
Il processo si celebra con il rito abbreviato dinanzi al giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bari, Antonella Cafagna. Si tornerà in aula per le arringhe difensive il 19 ottobre e il 12 novembre prossimi. L'altro militare coinvolto, Laforgia, è a processo separatamente dinanzi al Tribunale ordinario di Bari.