Clan Di Cosola, la Cassazione conferma 27 condanne
Smantellato un cartello criminale operativo anche a Bisceglie
martedì 21 maggio 2019
14.31
La Polizia di Stato, nelle prime ore di martedì 21 maggio, ha eseguito a Bari e nei comuni limitrofi, a Milano, Taranto e in diverse carceri della penisola, 27 ordini di esecuzione pena (per complessivi residui 145 anni) emessi dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bari, susseguiti alla decisione della Suprema Corte di Cassazione che ha confermato l'intero impianto accusatorio del processo a carico di Cosimo Di Cosola e altri 45, rendendo definitive le pesanti condanne emesse dalla Corte di Appello di Bari nei confronti di 27 degli imputati, tra cui lo stesso Cosimo Di Cosola, 47 anni, condannato alla pena residua di anni 21 e mesi 1 di reclusione.
I 27 sono stati ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, commercializzazione di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, porto e detenzione di arma da fuoco, anche da guerra, con l'aggravante del metodo mafioso.
L'attività d'indagine, denominata "Operazione Hinterland II", avviata nel maggio del 2011 e conclusasi nell'agosto del 2013, coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, ha documentato l'alleanza tra i clan Di Cosola e Stramaglia, all'epoca in contrasto, anche armato, tra loro; le citate consorterie delinquenziali, anche a causa di numerosi provvedimenti giudiziari che ne indebolirono il nucleo strutturale, ed in seguito all'intervento pacificatore di importanti esponenti del clan "Parisi", decisero di intraprendere un percorso di non belligeranza e di comune gestione dei propri illeciti affari, in particolare nella commercializzazione di sostanze stupefacenti.
Le fonti di prova raccolte nel corso dell'indagine, costituite da intercettazioni telefoniche ed ambientali, da acquisizione documentale di sentenze pronunciate a carico di sodali, da numerosi arresti in flagranza operati durante l'indagine - vennero arrestate ben 20 persone – da sequestri, in particolare di sostanze stupefacenti e di armi, operati contestualmente all'attività tecnica, da dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, hanno consentito di costruire un quadro accusatorio chiaro, preciso e concordante.
L'associazione di stampo mafioso nota come clan Di Cosola, a seguito dell'arresto del suo promotore, Antonio Di Cosola, si riorganizzò sotto l'egida del fratello Cosimo, scarcerato nel 2010.
Le attività di indagine permisero di accertare come il clan fosse composto da diverse articolazioni, tutte gerarchicamente strutturate e facenti capo al medesimo capo, territorialmente distribuite con operatività nei comuni di Bari, Valenzano, Giovinazzo, Triggiano, Bisceglie, Sannicandro di Bari, Bitritto, Rutigliano, Palo del Colle, Adelfia e zone limitrofe, i cui responsabili erano tenuti, periodicamente, a rendere conto ai vertici dell'organizzazione dell'andamento degli affari illeciti - in particolare, della commercializzazione di sostanze stupefacenti e delle estorsioni - ovvero dell'esistenza di eventuali contrasti con altri sodalizi criminali, ricevendo ordini e direttive al riguardo; i responsabili dell'organizzazione criminale, a loro volta, garantivano la divisione dei proventi tra gli affiliati, l'aiuto economico e la garanzia di assistenza legale, in occasione di arresti o vicende giudiziarie che di volta in volta coinvolgevano i sodali.
Fu dimostrato come la complessa struttura criminale poteva contare su un significativo arsenale bellico - nel corso dell'indagine vennero sequestrati un fucile mitragliatore kalashnikov, una mitraglietta Skorpion, ben 19 pistole di vario calibro ed oltre 1000 munizioni, decine di migliaia di euro e diversi kg di hashish, cocaina e marijuana - e operava su distinte piazze di spaccio, ciascuna diretta da un proprio referente, rifornendosi delle partite di droga attraverso propri canali di approvvigionamento, con significative sinergie con trafficanti operanti nel tarantino, nel leccese e nel veronese.
Nei confronti di alcuni indagati fu eseguito, contestualmente, un decreto di sequestro preventivo, emesso dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, su autovetture, motocicli, diversi immobili ed imprese commerciali e terreni, posseduti direttamente o per interposta persona dai soggetti interessati.
I 27 sono stati ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, commercializzazione di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, porto e detenzione di arma da fuoco, anche da guerra, con l'aggravante del metodo mafioso.
L'attività d'indagine, denominata "Operazione Hinterland II", avviata nel maggio del 2011 e conclusasi nell'agosto del 2013, coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, ha documentato l'alleanza tra i clan Di Cosola e Stramaglia, all'epoca in contrasto, anche armato, tra loro; le citate consorterie delinquenziali, anche a causa di numerosi provvedimenti giudiziari che ne indebolirono il nucleo strutturale, ed in seguito all'intervento pacificatore di importanti esponenti del clan "Parisi", decisero di intraprendere un percorso di non belligeranza e di comune gestione dei propri illeciti affari, in particolare nella commercializzazione di sostanze stupefacenti.
Le fonti di prova raccolte nel corso dell'indagine, costituite da intercettazioni telefoniche ed ambientali, da acquisizione documentale di sentenze pronunciate a carico di sodali, da numerosi arresti in flagranza operati durante l'indagine - vennero arrestate ben 20 persone – da sequestri, in particolare di sostanze stupefacenti e di armi, operati contestualmente all'attività tecnica, da dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, hanno consentito di costruire un quadro accusatorio chiaro, preciso e concordante.
L'associazione di stampo mafioso nota come clan Di Cosola, a seguito dell'arresto del suo promotore, Antonio Di Cosola, si riorganizzò sotto l'egida del fratello Cosimo, scarcerato nel 2010.
Le attività di indagine permisero di accertare come il clan fosse composto da diverse articolazioni, tutte gerarchicamente strutturate e facenti capo al medesimo capo, territorialmente distribuite con operatività nei comuni di Bari, Valenzano, Giovinazzo, Triggiano, Bisceglie, Sannicandro di Bari, Bitritto, Rutigliano, Palo del Colle, Adelfia e zone limitrofe, i cui responsabili erano tenuti, periodicamente, a rendere conto ai vertici dell'organizzazione dell'andamento degli affari illeciti - in particolare, della commercializzazione di sostanze stupefacenti e delle estorsioni - ovvero dell'esistenza di eventuali contrasti con altri sodalizi criminali, ricevendo ordini e direttive al riguardo; i responsabili dell'organizzazione criminale, a loro volta, garantivano la divisione dei proventi tra gli affiliati, l'aiuto economico e la garanzia di assistenza legale, in occasione di arresti o vicende giudiziarie che di volta in volta coinvolgevano i sodali.
Fu dimostrato come la complessa struttura criminale poteva contare su un significativo arsenale bellico - nel corso dell'indagine vennero sequestrati un fucile mitragliatore kalashnikov, una mitraglietta Skorpion, ben 19 pistole di vario calibro ed oltre 1000 munizioni, decine di migliaia di euro e diversi kg di hashish, cocaina e marijuana - e operava su distinte piazze di spaccio, ciascuna diretta da un proprio referente, rifornendosi delle partite di droga attraverso propri canali di approvvigionamento, con significative sinergie con trafficanti operanti nel tarantino, nel leccese e nel veronese.
Nei confronti di alcuni indagati fu eseguito, contestualmente, un decreto di sequestro preventivo, emesso dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, su autovetture, motocicli, diversi immobili ed imprese commerciali e terreni, posseduti direttamente o per interposta persona dai soggetti interessati.