Commissione pari opportunità solidale con Giovanna Botteri
«L'educazione alle differenze e al rispetto siano strumento di controllo e regolamentazione dei media»
La Commissione pari opportunità del Comune di Bisceglie, nominata dal consiglio comunale lo scorso 4 giugno e presieduta da Lia Storelli, eletta all'unanimità nella prima riunione tenutasi il 4 ottobre, ha diffuso un breve quanto significativo messaggio di solidarietà nei confronti della giornalista, definita «destinataria di pesante body shaming sui social e in tv» con riferimento a quanto accaduto nel corso di una puntata di "Striscia la notizia", che ha suscitato notevoli polemiche.
«Come membri della Commissione rinnoviamo il nostro impegno perché sia il nostro Comune che il Paese intero pongano le pari opportunità e la parità di genere, l'educazione alle differenze e al rispetto, come principi fondamentali dei sistemi educativi e formativi, ma anche come strumento di controllo e regolamentazione dei media» è quanto sostenuto dalla presidente.
La nota della Commissione pari opportunità
Quanto spesso scegliamo comportamenti ritenuti normali ed accettati come tali perché rientrano all'interno di cliché culturali? Quanto spesso in nome di tali cliché agiscono stereotipi e pregiudizi nel mondo dei media? Quanto spesso questi stereotipi informano i comportamenti quotidiani di chi fruisce dei media stessi, li legittimano come normali solo perché diffusi, magari li giustificano all'interno di codici specifici come quello televisivo, quello satirico, quello della cosiddetta cronaca di costume?
E così ci potrebbe sembrare appunto normale o magari passare tra le tante notizie che definiamo "leggere", soprattutto in questo periodo, la satira che il programma televisivo "Striscia la Notizia" in onda su Canale 5, ha fatto dell'immagine della giornalista, corrispondente RAI da Pechino Giovanna Botteri, per i suoi capelli e l'aspetto ritenuto trascurato. L'episodio, non isolato e di gusto discutibile, si colloca in una serie di azioni derisorie nei confronti di Giovanna Botteri, destinataria di pesanti azioni simili sui social media.
Ma se poi, con un più consapevole senso del presente e delle manifestazioni sociali di tali comportamenti, guardiamo quanto tali comportamenti possono replicarsi nelle relazioni interpersonali, nelle relazioni sociali, nella battuta derisoria con cui si può stigmatizzare una donna del quartiere, considerata stramba per il modo di vestire, piuttosto che la studentessa "sui generis" della propria classe o l'amica dai capelli sempre poco curati di comitiva, allora tutto ciò non ha più la dimensione di una notizia leggera, né satirica, né poco pericolosa. Se poi ancora, tale consapevolezza si confronta con la realtà di quanto agire questi stereotipi frequentemente produca pregiudizi che poi causano sofferenza nella vita di queste persone, allora il quadro si fa decisamente più significativo e rende urgente una riflessione condivisa.
Questo processo si chiama Body Shaming, cioè processo di derisione dei tratti fisici piuttosto che dell'immagine estetica e colpisce in maniera prevalente se non esclusiva le donne. Può riguardare le caratteristiche fisiche, esaltando modelli di fisicità considerati più performanti come ad esempio la magrezza, alcune caratteristiche di altezza, l'età e condannare alla esclusione ed alla marginalizzazione tutto ciò che non rientra nello stereotipo del normotipo fisico. Può riguardare la propria espressione di genere, cioè il modo in cui una donna agisce il proprio femminile attraverso l'immagine estetica, come il modo in cui sistema o meno i propri capelli, la sua attitudine o meno al make-up, la "vestemica" cioè il tipo di abbigliamento che sceglie.
Ed anche in questo ambito più ci si allontana dallo stereotipo che, guarda caso, coincide con il punto di vista maschile su quella donna come rappresentazione oggettiva del proprio godimento estetico, maggiore è la possibilità che quella ragazza, che quella donna, siano escluse, marginalizzate, ridicolizzate, non considerate per le proprie capacità umane, professionali, competenze sociali e culturali, ma solo come meri rappresentazioni simboliche di un patriarcato ancora fin troppo radicato, prima che nella nostra cultura nelle nostre cognizioni profonde.
Il Body Shaming di cui è stata vittima Giovanna Botteri, sotto il codice auto assolvente della satira, ci indigna e non ci limita a esprimerle tutta la nostra solidarietà, ma ci ricorda quanto lavoro c'è ancora da fare, per educarci tutti e tutte alla cultura della persona, delle differenze ed al superamento di retaggi preistorici di una obsoleta modernità come il maschilismo, il macismo, il patriarcato. Facciamo nostre le parole di Giovanna Botteri quando dice"Mi piacerebbe che l'intera vicenda, prescindendo completamente da me, potesse essere un momento di discussione vera, permettimi, anche aggressiva, sul rapporto con l'immagine che le giornaliste, quelle televisive soprattutto, hanno o dovrebbero avere secondo non si sa bene chi. Qui a Pechino sono sintonizzata sulla Bbc, considerata una delle migliori e più affidabili televisioni del mondo. Le sue giornaliste sono giovani e vecchie, bianche, marroni, gialle e nere. Belle e brutte, magre o ciccione. Con le rughe, culi, nasi orecchie grossi. Ce n'è una che fa le previsioni senza una parte del braccio. E nessuno fiata, nessuno dice niente, a casa ascoltano semplicemente quello che dicono".