Dare la verità agli italiani sulla tragedia Moro significa contribuire a migliorare il paese
Intervento di Gabriella Baldini, vicesegretario Pd Bisceglie
mercoledì 17 gennaio 2018
9.24
Il 24 aprile dell'anno 1963 Gero Grassi incontra per la prima volta Aldo Moro a Terlizzi, comune della provincia di Bari.
Si vota per le elezioni politiche. L'ononorevole Aldo Moro parla su un palco improvvisato in piazza IV novembre sotto il Municipio di Terlizzi.
«Dinanzi al tavolino, un bambino di cinque anni lo ascolta insieme al padre. Il bambino si addormenta sui suoi piedi. Moro lo prende in braccio e continua a disegnare, con eloquio professionale, ma chiaro, l'Italia che intende realizzare… Si rivolge al bambino chiamandolo per nome e così facendo, parla a tutti i bambini d'Italia. Il bambino oggi invecchiato, si chiama Gero Grassi».
Per l'onorevole Gero Grassi questo momento rimasto indelebile in lui, segna l'inizio del suo percorso politico vissuto da moroteo e rappresenta il punto di partenza di quella forza e di quella passione che lo porta ad intraprendere il viaggio della verità sul "caso Moro".
Gero Grassi da quattro anni gira l'Italia, in un tour interminabile, tiene manifestazioni nelle Università, Istituti scolastici, associazioni culturali, municipi e sedi del Partito Democratico.
Sempre con tantissima partecipazione di pubblico e con tanta commozione ed emozione, porta a conoscenza fatti raccapriccianti emersi dalla vicenda e prove, smentendo sia i racconti dei brigatisti e sia le sentenze emesse all'epoca da magistrati che, sulla base di dichiarazioni contrastanti, danno una falsa ricostruzione dell'uccisione del Presidente Moro. Quest'ultima Commissione d'inchiesta sul rapimento e morte di Aldo Moro e di cui è esponente di primo piano l'onorevole Gero Grassi, non sarebbe nata senza il suo impegno personale e la sua caparbia.
Il percorso, non privo di ostacoli, è quello di mettere a fuoco il motivo, la ragione di Stato, le menzogne, le differenti versioni dei fatti (spesso anche opposte), le dimenticanze di dati concreti ed evidenti che si celano dietro il "delitto di abbandono" di Aldo Moro.
Il lavoro della Commissione si è concluso con l'ultima relazione del 6 dicembre 2017 che coincide anche con la fine della legislatura del governo. Le tre relazioni della Commissione Moro 2, approvate dal Parlamento, lasciano un segnale chiaro nella storia della Repubblica. La verità sull'eccidio di via Fani è quella che emerge dalle indagini ed è suffragata da prove certe. Questo lavoro non risparmia nessuno, è svolto a 360 gradi.
Quello che la Commissione d'inchiesta scopre del rapimento, della detenzione e della morte di Aldo Moro induce a dire agli italiani che il Presidente Moro ha subito un martirio laico per le sue qualità di statista di cristiano. Utilizzando le parole di Grassi, «una persona come Aldo Moro è stata presa e martirizzata fisicamente e psicologicamente all'interno di un quadro politico internazionale»
Gero Grassi raccoglie nel libro: "Aldo Moro: la verità negata" l'intero percorso che lo vede protagonista, insieme ad altri, della ricerca della verità sull'eccidio di via Fani e sul rapimento ed omicidio di Aldo Moro, una delle più controverse e discusse pagine della storia della Repubblica. Con questo libro ricorda "il suo Maestro", dopo un lungo percorso politico sempre vissuto da moroteo.
Grassi con il suo scrupoloso e lodevole impegno trasmette l'amore per l'Italia, il forte desiderio di fare giustizia, raccontando il martirio ed il sacrificio di un uomo mite, buono e generoso, di uno statista assassinato per il suo ruolo e le sue idee.
Le pagine descrivono la piena convergenza di interessi tra le parti attorno al silenzio di via Caetani e dintorni.
Il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro non solo sono opera delle Brigate rosse. La Commissione Moro 2 con prove trasmesse alla Procura della Repubblica, dimostra che l'affare Moro è ideato, studiato ed eseguito da una commissione internazionale. Molti si si interfacciano con il "caso Moro" i servizi segreti, servizi e Stati esteri, la Magistratura con omissioni e ritardi, le forze di Polizia, la P2 e l'indifferenza di molti cittadini, bugie da parte dello Stato e di un pezzo della classe politica, il governo Andreotti che decide di non trattare per la liberazione di Aldo Moro ed i poteri occulti del Vaticano.
All'interno del Vaticano vi è una consorteria italo americana che si muove contro la trattativa promossa dal Papa Paolo VI per liberare l'uomo politico più importante della Repubblica italiana. Dall'audizione di Don Fabio Fabbri emerge che il Papa raccoglie dieci miliardi di lire recuperati per la trattativa con le Brigate rosse ed aggiunge il particolare della provenienza del danaro che non è dello Ior ma di amici del Papa sparsi nel mondo e di ebrei salvati durante la seconda guerra mondiale.
La morte è "il cassetto" in cui sono nascosti elementi decisivi della vicenda Moro che non si sarebbero dovuti mai conoscere, ma è anche la tragedia di un Paese, l'Italia, la cui storia cambia inesorabilmente corso.
All'alba del 9 maggio del 1978 è ritrovato a Roma, in via Caetani, nel bagagliaio della Renault 4 rossa, il corpo esanime dello Statista e Professore Aldo Moro.
«La Renault rossa parla e racconta una verità sinora negata…l'uomo rannicchiato in quel cofano, molto più piccolo di lui, sembra un Cristo indifeso di fronte alla follia omicida». Ricorda la Pietà di Michelangelo. Moro non può essere relegato nel bagagliaio della Renault 4, in cui viene ritrovato assassinato «da uomini in doppiopetto che attraverso la ragion di Stato sacrificano l'uomo inseguendo fortune personali».
«Moro è morto per emorragia interna, con versamento di 900 centilitri di liquido ematico. L'autopsia dice che a Moro sparano con colpi che dal basso vanno verso l'alto. I brigatisti sostengono di averlo ucciso in auto e quindi con colpi che vanno dall'alto verso il basso». «Moro è stato ucciso in piedi, la faccia rivolta agli assassini d'istinto ha portato al cuore la mano sinistra».
La morte di Moro è il sigillo di silenzio che tutto avrebbe permesso e tutto avrebbe occultato.
«Vedo la Renault e scorrono, con immenso dolore, le immagini dei 55 giorni più lunghi della storia della Repubblica: l'eccidio di via Fani con i corpi straziati dei cinque servitori dello Stato… l'enigma di via Gradoli… i comunicati dei brigatisti; l'ansia degli italiani; il dramma vissuto dalla famiglia Moro; la voce ansimante di Papa Paolo VI… Vedo anche le facce grigie e tristi dei colpevoli, quelli diretti e quelli indiretti che fanno più paura».
C'è una bandiera italiana donata ad Aldo Moro nel 1946 dai pugliesi in occasione della sua elezione alla Costituente. All'interno vi è un biglietto scritto da Eleonora Moro che dice al nipote Luca di darla a chi porterà avanti il ricordo del nonno e che onora la patria ed il paese come ha fatto Aldo Moro. Questa bandiera Luca Moro l'ha donata all'onorevole Gero Grassi.
Si vota per le elezioni politiche. L'ononorevole Aldo Moro parla su un palco improvvisato in piazza IV novembre sotto il Municipio di Terlizzi.
«Dinanzi al tavolino, un bambino di cinque anni lo ascolta insieme al padre. Il bambino si addormenta sui suoi piedi. Moro lo prende in braccio e continua a disegnare, con eloquio professionale, ma chiaro, l'Italia che intende realizzare… Si rivolge al bambino chiamandolo per nome e così facendo, parla a tutti i bambini d'Italia. Il bambino oggi invecchiato, si chiama Gero Grassi».
Per l'onorevole Gero Grassi questo momento rimasto indelebile in lui, segna l'inizio del suo percorso politico vissuto da moroteo e rappresenta il punto di partenza di quella forza e di quella passione che lo porta ad intraprendere il viaggio della verità sul "caso Moro".
Gero Grassi da quattro anni gira l'Italia, in un tour interminabile, tiene manifestazioni nelle Università, Istituti scolastici, associazioni culturali, municipi e sedi del Partito Democratico.
Sempre con tantissima partecipazione di pubblico e con tanta commozione ed emozione, porta a conoscenza fatti raccapriccianti emersi dalla vicenda e prove, smentendo sia i racconti dei brigatisti e sia le sentenze emesse all'epoca da magistrati che, sulla base di dichiarazioni contrastanti, danno una falsa ricostruzione dell'uccisione del Presidente Moro. Quest'ultima Commissione d'inchiesta sul rapimento e morte di Aldo Moro e di cui è esponente di primo piano l'onorevole Gero Grassi, non sarebbe nata senza il suo impegno personale e la sua caparbia.
Il percorso, non privo di ostacoli, è quello di mettere a fuoco il motivo, la ragione di Stato, le menzogne, le differenti versioni dei fatti (spesso anche opposte), le dimenticanze di dati concreti ed evidenti che si celano dietro il "delitto di abbandono" di Aldo Moro.
Il lavoro della Commissione si è concluso con l'ultima relazione del 6 dicembre 2017 che coincide anche con la fine della legislatura del governo. Le tre relazioni della Commissione Moro 2, approvate dal Parlamento, lasciano un segnale chiaro nella storia della Repubblica. La verità sull'eccidio di via Fani è quella che emerge dalle indagini ed è suffragata da prove certe. Questo lavoro non risparmia nessuno, è svolto a 360 gradi.
Quello che la Commissione d'inchiesta scopre del rapimento, della detenzione e della morte di Aldo Moro induce a dire agli italiani che il Presidente Moro ha subito un martirio laico per le sue qualità di statista di cristiano. Utilizzando le parole di Grassi, «una persona come Aldo Moro è stata presa e martirizzata fisicamente e psicologicamente all'interno di un quadro politico internazionale»
Gero Grassi raccoglie nel libro: "Aldo Moro: la verità negata" l'intero percorso che lo vede protagonista, insieme ad altri, della ricerca della verità sull'eccidio di via Fani e sul rapimento ed omicidio di Aldo Moro, una delle più controverse e discusse pagine della storia della Repubblica. Con questo libro ricorda "il suo Maestro", dopo un lungo percorso politico sempre vissuto da moroteo.
Grassi con il suo scrupoloso e lodevole impegno trasmette l'amore per l'Italia, il forte desiderio di fare giustizia, raccontando il martirio ed il sacrificio di un uomo mite, buono e generoso, di uno statista assassinato per il suo ruolo e le sue idee.
Le pagine descrivono la piena convergenza di interessi tra le parti attorno al silenzio di via Caetani e dintorni.
Il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro non solo sono opera delle Brigate rosse. La Commissione Moro 2 con prove trasmesse alla Procura della Repubblica, dimostra che l'affare Moro è ideato, studiato ed eseguito da una commissione internazionale. Molti si si interfacciano con il "caso Moro" i servizi segreti, servizi e Stati esteri, la Magistratura con omissioni e ritardi, le forze di Polizia, la P2 e l'indifferenza di molti cittadini, bugie da parte dello Stato e di un pezzo della classe politica, il governo Andreotti che decide di non trattare per la liberazione di Aldo Moro ed i poteri occulti del Vaticano.
All'interno del Vaticano vi è una consorteria italo americana che si muove contro la trattativa promossa dal Papa Paolo VI per liberare l'uomo politico più importante della Repubblica italiana. Dall'audizione di Don Fabio Fabbri emerge che il Papa raccoglie dieci miliardi di lire recuperati per la trattativa con le Brigate rosse ed aggiunge il particolare della provenienza del danaro che non è dello Ior ma di amici del Papa sparsi nel mondo e di ebrei salvati durante la seconda guerra mondiale.
La morte è "il cassetto" in cui sono nascosti elementi decisivi della vicenda Moro che non si sarebbero dovuti mai conoscere, ma è anche la tragedia di un Paese, l'Italia, la cui storia cambia inesorabilmente corso.
All'alba del 9 maggio del 1978 è ritrovato a Roma, in via Caetani, nel bagagliaio della Renault 4 rossa, il corpo esanime dello Statista e Professore Aldo Moro.
«La Renault rossa parla e racconta una verità sinora negata…l'uomo rannicchiato in quel cofano, molto più piccolo di lui, sembra un Cristo indifeso di fronte alla follia omicida». Ricorda la Pietà di Michelangelo. Moro non può essere relegato nel bagagliaio della Renault 4, in cui viene ritrovato assassinato «da uomini in doppiopetto che attraverso la ragion di Stato sacrificano l'uomo inseguendo fortune personali».
«Moro è morto per emorragia interna, con versamento di 900 centilitri di liquido ematico. L'autopsia dice che a Moro sparano con colpi che dal basso vanno verso l'alto. I brigatisti sostengono di averlo ucciso in auto e quindi con colpi che vanno dall'alto verso il basso». «Moro è stato ucciso in piedi, la faccia rivolta agli assassini d'istinto ha portato al cuore la mano sinistra».
La morte di Moro è il sigillo di silenzio che tutto avrebbe permesso e tutto avrebbe occultato.
«Vedo la Renault e scorrono, con immenso dolore, le immagini dei 55 giorni più lunghi della storia della Repubblica: l'eccidio di via Fani con i corpi straziati dei cinque servitori dello Stato… l'enigma di via Gradoli… i comunicati dei brigatisti; l'ansia degli italiani; il dramma vissuto dalla famiglia Moro; la voce ansimante di Papa Paolo VI… Vedo anche le facce grigie e tristi dei colpevoli, quelli diretti e quelli indiretti che fanno più paura».
C'è una bandiera italiana donata ad Aldo Moro nel 1946 dai pugliesi in occasione della sua elezione alla Costituente. All'interno vi è un biglietto scritto da Eleonora Moro che dice al nipote Luca di darla a chi porterà avanti il ricordo del nonno e che onora la patria ed il paese come ha fatto Aldo Moro. Questa bandiera Luca Moro l'ha donata all'onorevole Gero Grassi.