DigitON chiude all'insegna della giustizia, che cambia ai tempi del digitale
Da Facebook alle intercettazioni, Giovanni Legnini, vice presidente del Csm, spiega: «siamo ad un punto di svolta». Da Facebook alle intercettazioni, Giovanni Legnini, vice presidente del Csm, spiega: «siamo ad un punto di svolta»
lunedì 26 giugno 2017
8.04
Sono epocali i cambiamenti che il mondo della giustizia sta affrontando dall'avvento di internet.
Se da un lato il web democratizza l'accesso alle informazioni e alle fonti normative, dall'altra mette a rischio tutti, rendendo la reputazione il bene più prezioso e più difficile da tutelare.
Il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Giovanni Legnini, ospite di chiusura della seconda edizione di Digithon, non ha dubbi: «Siamo ad un punto di svolta, molto delicato».
Alle domande della giornalista Barbara Carfagna, ha risposto in modo secco: la digitalizzazione dei processi è un potente mezzo per il mondo della giustizia, perché permette a tutti di accedere alle sentenze in modo semplice e prevedere l'esito di una sentenza.
I problemi sorgono in materia di intercettazioni e social media, laddove le tecnologie a volte precedono i tempi della giustizia, cosicché quando le leggi entrano in vigore, rischiano di non essere più adeguate.
Il caso dei trojan, i malware usati dalla polizia giudiziaria da anni per le intercettazioni e solo nel 2017 regolamentati dal processo di riforma della giustizia penale. Ma è anche il caso dei social network, che non essendo prodotti editoriali non sottostanno alle stesse regole dell'informazione. Per dirimere le controversie è quasi sempre necessario ricorrere ad una rogatoria internazionale, che tempi lunghi, processi difficili ed esiti incerti.
La giustizia ai tempi del web è insomma liquida e sempre in corsa. Ora, che il digitale ha iniziato a metter piede nella giustizia, occorre da un lato regolamentare più in fretta, dall'altro migliorare le performances degli uffici giudiziari ed adeguare il personale ai tempi, velocissimi, del web.
Se da un lato il web democratizza l'accesso alle informazioni e alle fonti normative, dall'altra mette a rischio tutti, rendendo la reputazione il bene più prezioso e più difficile da tutelare.
Il vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Giovanni Legnini, ospite di chiusura della seconda edizione di Digithon, non ha dubbi: «Siamo ad un punto di svolta, molto delicato».
Alle domande della giornalista Barbara Carfagna, ha risposto in modo secco: la digitalizzazione dei processi è un potente mezzo per il mondo della giustizia, perché permette a tutti di accedere alle sentenze in modo semplice e prevedere l'esito di una sentenza.
I problemi sorgono in materia di intercettazioni e social media, laddove le tecnologie a volte precedono i tempi della giustizia, cosicché quando le leggi entrano in vigore, rischiano di non essere più adeguate.
Il caso dei trojan, i malware usati dalla polizia giudiziaria da anni per le intercettazioni e solo nel 2017 regolamentati dal processo di riforma della giustizia penale. Ma è anche il caso dei social network, che non essendo prodotti editoriali non sottostanno alle stesse regole dell'informazione. Per dirimere le controversie è quasi sempre necessario ricorrere ad una rogatoria internazionale, che tempi lunghi, processi difficili ed esiti incerti.
La giustizia ai tempi del web è insomma liquida e sempre in corsa. Ora, che il digitale ha iniziato a metter piede nella giustizia, occorre da un lato regolamentare più in fretta, dall'altro migliorare le performances degli uffici giudiziari ed adeguare il personale ai tempi, velocissimi, del web.