«Il vaccino, senza saperlo, mi ha salvata»

Il racconto della giornalista Mary Tota, assistita da medici e personale dell'ospedale "Vittorio Emanuele II" di Bisceglie

martedì 24 agosto 2021 11.48
A cura di Vito Troilo
Una riflessione profonda. Una vicenda personale, intima, posta al centro dell'attenzione affinché le testimonianze circostanziate conquistino lo spazio che meritano a dispetto delle tante, troppe false informazioni che circolano in rete. Mary Tota, validissima giornalista che vive a Corato e collabora con La 7, Il fatto quotidiano e l'emittente salentina Telerama, ha deciso di affidare ai social il racconto di un'esperienza vissuta per diverso tempo a Bisceglie. Parole talmente sincere e utili a comprendere l'importanza a tutto tondo della vaccinazione anti-Covid che vale davvero la pena riportarle integralmente, non senza aver prima augurato alla collega di ristabilirsi pienamente e al più presto.

«Questa è una storia di sanità pugliese.
Questa è la storia di come il vaccino, senza saperlo, mi ha salvata.
Questa è la mia storia, che non interesserà a nessuno, ma per me è doveroso raccontare.
Il 20 luglio ho fatto la seconda dose di vaccino. Nel pomeriggio ho avuto un mal di testa diverso dai miei soliti. In tv, a Tagadà, a Telerama, lo avevamo ripetuto tante volte grazie agli esperti: se dopo il vaccino avete un mal di testa molto forte, rivolgetevi alle strutture sanitarie. E io così ho fatto. Ho seguito i consigli che la tv, quella che per alcuni va spenta perché diffonde panico ed è allarmista, ha dato incessantemente.

Responso: chissà da quanto avevo un ospite nel cervello, bello cresciuto che ad un certo punto ha deciso di manifestarsi con un edema cerebrale.
Il vaccino non c'entrava nulla, me l'hanno spiegato subito. Non c'era correlazione, ma se non ci fosse stata quella concomitanza al pronto soccorso non sarei mai andata. Le conseguenze sarebbero state ben diverse.
Le mie ferie sono passate dal lettino del mare a quello dell'ospedale.

Ora il peggio è passato, sono sulla strada della guarigione. Ma non posso dimenticare chi ha permesso che così fosse. I medici del pronto soccorso di Bisceglie: tempestivi, scrupolosi, a loro devo tanto. E non dimenticherò la dolcezza con cui mi spiegavano, senza spaventarmi, che avevo una massa nel cervello.
Tutta l'equipe di neurochirurgia del Policlinico di Bari, con a capo il professor Signorelli. A cominciare dal dottorCalace, il primo sorriso all'arrivo di notte al Policlinico. Hanno spazzato via la paura, con calma e scrupolo. Se oggi mi lascio tutto alle spalle, se ho tutti i miei riccioli, una cicatrice che non si vede e una storia a lieto fine da raccontare è grazie a loro.
E poi ci sono i tanti volti della sanità pugliese, quella che da giornalisti spesso dobbiamo pungolare, ma che sono pezzi di vita che incroci e a cui sei grato.
Giulia, la oss di turno al mattino in neurochirurgia, che in questi giorni sta riabbracciando la figlia trasferita in Albania. Stefania e Cesare, due infermieri dalla pazienza illimitata, sempre pronti a sorriderti con dolcezza. Anche mentre di notte suonano tutti insieme i campanelli delle stanze. Calogero, trasferito dal porto di Gioia Tauro per trovare qui un nuovo futuro. Greta, di origini georgiane, in formazione, un sorriso dei più luminosi. Sofia, infermiera, di Leuca, per lei ero "tesoro" per me lei era "la beddrhazza". Ada, l'infermiera dal fare materno, da 35 anni lontana dalla sua famiglia in Perù che nemmeno quest'anno potrà riabbracciare.
Mi hanno affidato racconti di vita, momenti di serenità.
Anche e soprattutto questa, è la sanità pugliese. Continuerò a parlare di ciò che non va e lo devo soprattutto a loro che, invece, sono la luce nella tempesta.
Questo lungo post è noioso forse, inutile ma per me importante. Era la promessa con cui ho salutato, in ambulanza, i medici di Bisceglie all'arrivo al Policlinico. "Racconterai una storia a lieto fine, la tua".
E io le promesse le mantengo».