Giampiero Mughini a Libri nel Borgo Antico: «Non mi importa se mi chiedono i selfie»
Uno dei volti più amati della televisione ha presentato l'autobiografia "Memorie di un rinnegato"
lunedì 26 agosto 2019
10.02
Piazza castello gremita. Solo posti in piedi per assistere alla chiacchierata tra Roberto Straniero e Giampiero Mughini che nel corso dell'ultima serata di Libri nel Borgo antico ha presentato il libro "Memorie di un rinnegato". Il titolo arriva da una risposta offensiva che Mughini ha ricevuto da parte di Bellocchio, nel corso di una trasmissione, il quale lo ha definito appunto "un rinnegato".
Il libro è autobiografia in cui la storia personale di Mughini si intreccia con la storia dell'Italia e quella dell'editoria. Il giornalista ha raccontato i cambiamenti a cui ha assisto nel corso degli anni, quando giovane ventenne negli anni Sessanta ha iniziato a muovere i primi passi nel campo del giornalismo. «Nella mia vita la TV ha un ruolo minimo per quello che io sono, però la gente mi riconosce a partire dal fatto che io sto sul piccolo schermo. A me non fa piacere ma è così. - ha spiegato Mughini - La TV ha una potenza magnetica, perché ti fa entrare nelle case di molti italiani che ti prendono come uno di famiglia. Ma i personaggi della TV sono degli imbroglioncelli che non sono così. Le cose importanti della mia vita, quelle a cui io tengo e do importanza, sono altre».
Chi invece ha un ruolo molto importante nella vita, lavorativa e non, del giovane Mughini è Indro Montanelli. «Montanelli ai miei occhi era una figura straordinaria. Ricordo che quando scrivevo su Pagina proposi di scrivergli una lettera aperta. Lui dopo averla letta mi ha invitato nella sua redazione e mi disse: "voglio aprire una rubrica dal titolo L'invitato" e quell'invitato devi essere tu. Ho collaborato quattro cinque anni con la redazione di Montanelli poi sono andato via, e lui se l'è segnata. Ma come in tutte le cose della vita, le cose, i rapporti finiscono. Però non si rinnega mai quello che si è fatto».
Stuzzicato da Straniero sul suo carattere, visto che nel libro scrive di "entrare nelle redazioni e non togliere l'impermeabile" riferendosi alle rapide collaborazioni che ha sperimentato lungo la sua carriera, Mughini ha risposto: «Probabilmente ho un carattere più cattivo di quanto non pensi. Io sono un bonaccione ma sono molto orgoglioso, ho un atteggiamento fiero e sprezzante. Non penso sbagliassi, ma magari si hai ragione e ho un brutto carattere».
Il dialogo si è spostato poi su due personaggi molto discussi storia italiana: Togliatti e Craxi. Entrambi giudicati in modo molto generoso da Mughini: «Sono due personaggi con cui fare i conti. Togliatti è stato l'unico capo dal partito comunista, insieme a Tito, risparmiato da Stalin. Craxi ha dato al suo partito una fisionomia moderna».
Non potevano poi mancare un paio di domande sul calcio, ciò che ha reso Mughini riconoscibile, anche se a lui non sembra importare: «Della grande popolarità mi pulisco le scarpe. Nasce dal fatto che il calcio attira 30 M di italiani. Nulla compete con la TV, è evidente, ma a me importa ben poco. Non mi importa se mi chiedono i selfie, anzi mi da quasi fastidio».
Il libro è autobiografia in cui la storia personale di Mughini si intreccia con la storia dell'Italia e quella dell'editoria. Il giornalista ha raccontato i cambiamenti a cui ha assisto nel corso degli anni, quando giovane ventenne negli anni Sessanta ha iniziato a muovere i primi passi nel campo del giornalismo. «Nella mia vita la TV ha un ruolo minimo per quello che io sono, però la gente mi riconosce a partire dal fatto che io sto sul piccolo schermo. A me non fa piacere ma è così. - ha spiegato Mughini - La TV ha una potenza magnetica, perché ti fa entrare nelle case di molti italiani che ti prendono come uno di famiglia. Ma i personaggi della TV sono degli imbroglioncelli che non sono così. Le cose importanti della mia vita, quelle a cui io tengo e do importanza, sono altre».
Chi invece ha un ruolo molto importante nella vita, lavorativa e non, del giovane Mughini è Indro Montanelli. «Montanelli ai miei occhi era una figura straordinaria. Ricordo che quando scrivevo su Pagina proposi di scrivergli una lettera aperta. Lui dopo averla letta mi ha invitato nella sua redazione e mi disse: "voglio aprire una rubrica dal titolo L'invitato" e quell'invitato devi essere tu. Ho collaborato quattro cinque anni con la redazione di Montanelli poi sono andato via, e lui se l'è segnata. Ma come in tutte le cose della vita, le cose, i rapporti finiscono. Però non si rinnega mai quello che si è fatto».
Stuzzicato da Straniero sul suo carattere, visto che nel libro scrive di "entrare nelle redazioni e non togliere l'impermeabile" riferendosi alle rapide collaborazioni che ha sperimentato lungo la sua carriera, Mughini ha risposto: «Probabilmente ho un carattere più cattivo di quanto non pensi. Io sono un bonaccione ma sono molto orgoglioso, ho un atteggiamento fiero e sprezzante. Non penso sbagliassi, ma magari si hai ragione e ho un brutto carattere».
Il dialogo si è spostato poi su due personaggi molto discussi storia italiana: Togliatti e Craxi. Entrambi giudicati in modo molto generoso da Mughini: «Sono due personaggi con cui fare i conti. Togliatti è stato l'unico capo dal partito comunista, insieme a Tito, risparmiato da Stalin. Craxi ha dato al suo partito una fisionomia moderna».
Non potevano poi mancare un paio di domande sul calcio, ciò che ha reso Mughini riconoscibile, anche se a lui non sembra importare: «Della grande popolarità mi pulisco le scarpe. Nasce dal fatto che il calcio attira 30 M di italiani. Nulla compete con la TV, è evidente, ma a me importa ben poco. Non mi importa se mi chiedono i selfie, anzi mi da quasi fastidio».