Il calcio come un'eredità da lasciare ai figli

L'emozionante racconto di Fulvio Paglialunga e Aldo Papagni nella conversazione sul libro "Un giorno questo calcio sarà tuo"

sabato 13 gennaio 2018 14.35
A cura di Stefania Di Terlizzi
Sentimento, valori ed educazione: queste le parole chiave del nuovo libro di Fulvio Paglialunga, dal titolo "Un giorno questo calcio sarà tuo", edito da Baldini e Castoldi.

Venerdì 12 gennaio, nella splendida cornice di Palazzo Tupputi, l'autore ha spiegato com'è nata l'idea di questa raccolta di storie; mentre accompagnava suo figlio di 4 anni allo stadio, Paglialunga si è reso conto che qualcosa era cambiato nel loro rapporto.
I racconti contenuti nel volume sono tutti accomunati dalla descrizione della relazione tra padri e figli: storie importanti, come quella di Cesare e Paolo Maldini ma anche meno conosciute.

Durante la conversazione il giornalista e autore Rai ha ripercorso le tappe salienti della sua giovinezza, ammettendo di essere veramente cresciuto e maturato nell'ambiente del calcio, tanto da considerare lo stadio la sua seconda casa, l'unica "eredità" da lasciare al figlio. Ha condiviso lo stesso pensiero mister Aldo Papagni: «Il calcio come una palestra di vita in cui si superano sconfitte e frustrazioni e si vivono momenti di gioia».

Il tecnico della Fidelis Andria ha poi aggiunto, con gli occhi lucidi: «Il 12 gennaio ricorre una delle esperienze più cariche di significato della mia vita. Dopo aver appreso della tragica morte di Giorgio Di Bari, essendo il suo allenatore ho dovuto fare una telefonata brutta ma molto importante, quella a sua moglie per avvertirla del decesso del marito. Momenti così duri mi hanno fatto comprendere che lo sport e il calcio sono un dono di Dio».

Secondo Fulvio Paglialunga il calcio è di insegnamento: nonostante le sconfitte dà modo di rifarsi nella partita successiva. «Lo stadio è un luogo democratico, al quale si accede tutti a prescindere da titoli di studio, conto in banca e ceto sociale: tutti hanno lo stesso obbiettivo, quello di vincere. È una perpetua sofferenza che scegliamo di patire e i bambini percepiscono questi sentimenti».