Il Consiglio di Stato torna sulle concessioni balneari e diventa nuovamente legislatore
Il tormento delle imprese e dei lavoratori durante il 1° maggio
mercoledì 1 maggio 2024
10.26
Con sentenza n. 3940 del 30 aprile 2024, la settima sezione del Consiglio di Stato è tornata a pronunciarsi sulla vexata quaestio delle concessioni balneari. Verrebbe da dire "siamo alle solite", e infatti risulta arduo effettuare esclamazione diversa, specialmente soffermandosi sulla parte finale della sentenza, allorché il giudice amministrativo sembra incorrere nelle solite 'tentazioni' sostitutive rispetto alle prerogative che dovrebbero essere di esclusiva appartenenza del Parlamento e del Governo.
A riguardo, quantunque sia a tutti noto che è in corso un fitto dialogo tra Governo e Unione europea per trovare un accordo in relazione al riordino del demanio marittimo, il Consiglio di Stato non ha ritenuto opportuno osservare la legge che diffida le Amministrazioni a indire le procedure competitive a evidenza pubblica e a de facto obbligato queste ultime ad attivarsi in tal senso. Non solo, ma siffatto obbligo è stato deliberatamente impartito in seguito alla mappatura effettuata dal Governo e trasmessa alle istituzioni euro-unitarie, la quale tecnicamente attesta la non sussistenza del requisito della scarsità della risorsa demaniale costiera e la cui attendibilità risulta essere, a oggi, al centro del tavolo delle trattative tra lo Stato membro e la Commissione UE.
Ed è proprio in relazione alla mancanza del requisito della scarsità della risorsa che il giudice amministrativo manifesta, ancora una volta, la sua intenzione di riempire (rectius: occupare) l'inerzia del legislatore, ancorché quest'ultimo si stia interfacciando con le istituzioni sovranazionali al fine di elaborare (sarebbe ora) una disciplina puntuale in merito alle concessioni demaniali marittime. A questo proposito, il paragrafo § 11.9. è emblematico, specialmente laddove Palazzo Spada, nel rigettare la tesi dell'impresa ricorrente, afferma la non fondatezza della stessa "in quanto la risorsa è sicuramente scarsa, come questo Consiglio di Stato ha già chiarito nella medesima pronuncia nell'Adunanza plenaria (la n. 17 del 2017), e la presenza o l'assenza dell'interesse transfrontaliero non dipende certo dalla mera – peraltro solo affermata – limitata rilevanza economica della concessione".
Di talché, il giudice amministrativo riafferma tranchant la sussistenza del requisito della scarsità della risorsa costiera non motivando la propria asserzione e, inoltre, avvalendosi delle prerogative di un altro potere dello Stato, ovvero il potere legislativo, che solo il Parlamento – o il Governo su delega di quest'ultimo – può esercitare. In aggiunta, la settima sezione giudica come del tutto irrilevante la rilevanza economica della concessione che, invece, sembra essere stata una delle principali questioni che la stessa Commissione europea ha sollevato nei confronti dell'esecutivo italiano. In ultimo luogo, deve sottolinearsi il richiamo effettuato dai giudici al precedente, ritenuto vincolante, dell'Adunanza Plenaria n. 17 del 2021, la quale presenta i medesimi e identici vizi che hanno portato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ad annullare con rinvio la decisione 'gemella" n. 18/2021.
A questo proposito, la domanda sorge spontanea: come è possibile richiamare un precedente giurisprudenziale che riproduce esattamente lo stesso vizio, ovvero l'eccesso di potere giurisdizionale per estromissione dal contraddittorio (quale principio direttamente tutelato dalla Costituzione) di una parte necessaria, per il quale la Suprema Corte ha annullato una pronuncia di analogo contenuto? Le perplessità permangono, anzi, aumentano, dato che le statuizioni delle Sezioni Unite non pare siano state recepite dai giudici di Palazzo Spada.
In definitiva, la situazione che riguarda il settore demaniale marittimo – e i suoi operatori – pare essersi complicata oltremodo in seguito alla reiterata decisione del Consiglio di Stato di sovrapporre le proprie prerogative giurisdizionali a quelle di appartenenza al solo legislatore, questa volta con una poco comprensibile decisione volta ad affrettare le procedure di gara nonostante siano in corso le trattative tra Roma e Bruxelles. Non una bella notizia da comunicare agli imprenditori e ai lavoratori del settore balneare, in un giorno che dovrebbe essere, invece, di festa. Per tale ragione, questo 1° maggio non può che racchiudere un doveroso pensiero a un settore da anni sottoposto all'inerzia, all'indecisione e al mancato coraggio altrui e che merita un'attestazione di piena solidarietà.
A riguardo, quantunque sia a tutti noto che è in corso un fitto dialogo tra Governo e Unione europea per trovare un accordo in relazione al riordino del demanio marittimo, il Consiglio di Stato non ha ritenuto opportuno osservare la legge che diffida le Amministrazioni a indire le procedure competitive a evidenza pubblica e a de facto obbligato queste ultime ad attivarsi in tal senso. Non solo, ma siffatto obbligo è stato deliberatamente impartito in seguito alla mappatura effettuata dal Governo e trasmessa alle istituzioni euro-unitarie, la quale tecnicamente attesta la non sussistenza del requisito della scarsità della risorsa demaniale costiera e la cui attendibilità risulta essere, a oggi, al centro del tavolo delle trattative tra lo Stato membro e la Commissione UE.
Ed è proprio in relazione alla mancanza del requisito della scarsità della risorsa che il giudice amministrativo manifesta, ancora una volta, la sua intenzione di riempire (rectius: occupare) l'inerzia del legislatore, ancorché quest'ultimo si stia interfacciando con le istituzioni sovranazionali al fine di elaborare (sarebbe ora) una disciplina puntuale in merito alle concessioni demaniali marittime. A questo proposito, il paragrafo § 11.9. è emblematico, specialmente laddove Palazzo Spada, nel rigettare la tesi dell'impresa ricorrente, afferma la non fondatezza della stessa "in quanto la risorsa è sicuramente scarsa, come questo Consiglio di Stato ha già chiarito nella medesima pronuncia nell'Adunanza plenaria (la n. 17 del 2017), e la presenza o l'assenza dell'interesse transfrontaliero non dipende certo dalla mera – peraltro solo affermata – limitata rilevanza economica della concessione".
Di talché, il giudice amministrativo riafferma tranchant la sussistenza del requisito della scarsità della risorsa costiera non motivando la propria asserzione e, inoltre, avvalendosi delle prerogative di un altro potere dello Stato, ovvero il potere legislativo, che solo il Parlamento – o il Governo su delega di quest'ultimo – può esercitare. In aggiunta, la settima sezione giudica come del tutto irrilevante la rilevanza economica della concessione che, invece, sembra essere stata una delle principali questioni che la stessa Commissione europea ha sollevato nei confronti dell'esecutivo italiano. In ultimo luogo, deve sottolinearsi il richiamo effettuato dai giudici al precedente, ritenuto vincolante, dell'Adunanza Plenaria n. 17 del 2021, la quale presenta i medesimi e identici vizi che hanno portato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione ad annullare con rinvio la decisione 'gemella" n. 18/2021.
A questo proposito, la domanda sorge spontanea: come è possibile richiamare un precedente giurisprudenziale che riproduce esattamente lo stesso vizio, ovvero l'eccesso di potere giurisdizionale per estromissione dal contraddittorio (quale principio direttamente tutelato dalla Costituzione) di una parte necessaria, per il quale la Suprema Corte ha annullato una pronuncia di analogo contenuto? Le perplessità permangono, anzi, aumentano, dato che le statuizioni delle Sezioni Unite non pare siano state recepite dai giudici di Palazzo Spada.
In definitiva, la situazione che riguarda il settore demaniale marittimo – e i suoi operatori – pare essersi complicata oltremodo in seguito alla reiterata decisione del Consiglio di Stato di sovrapporre le proprie prerogative giurisdizionali a quelle di appartenenza al solo legislatore, questa volta con una poco comprensibile decisione volta ad affrettare le procedure di gara nonostante siano in corso le trattative tra Roma e Bruxelles. Non una bella notizia da comunicare agli imprenditori e ai lavoratori del settore balneare, in un giorno che dovrebbe essere, invece, di festa. Per tale ragione, questo 1° maggio non può che racchiudere un doveroso pensiero a un settore da anni sottoposto all'inerzia, all'indecisione e al mancato coraggio altrui e che merita un'attestazione di piena solidarietà.