Il Partito Democratico ricorda Aldo Moro a 41 anni dalla scomparsa
«Vogliamo indicarlo alle future generazioni come esempio di rigore morale e politico»
giovedì 9 maggio 2019
10.46
A 41 anni della sua scomparsa, il Partito Democratico di Bisceglie vuole ricordare la figura di Aldo Moro, rapito e ucciso, con la sua scorta, dalle Brigate Rosse. Padre Costituente, è stato uno dei riferimenti più alti e tra i protagonisti della Repubblica italiana. L'attività di Moro è stata intensa sia sul piano economico che su quello politico e di governo del Paese. Il 10 settembre 1943, alla sua prima lezione alla Università di Bari, entrando in aula affermò: «La persona prima di tutto».
Nella campagna elettorale del 1946, Aldo Moro introdusse argomenti inediti e parla di "diritti della persona", di "diritto e morale", di "unità e pluralità di reato", di "Stato etico". Concludeva i comizi dicendo: «Ogni persona è un universo». Un giornale dell'epoca scriveva: "Il giovane professore disegna un mondo più giusto, dove il figlio del bracciante deve avere la possibilità di andare a scuola e di diventare professore, non seguendo il mestiere del padre".
Moro faceva osservare che per il fascismo le persone non dovevano pensare; Mussolini, riferendosi ad Antonio Gramsci e Sandro Pertini, richiusi nel carcere di Turi, aveva detto: «Spegnete quei cervelli». Nel 1946, più volte ospite della città di Bisceglie, parlò del ruolo del mare Mediterraneo che non poteva essere quello delle navi da guerra e dei morti della II guerra mondiale: «Un mare sporco di sangue della migliore gioventù italiana». Espressione che, se attualizzata al mondo che viviamo, risulta ancora corrispondente alla realtà. Alla Costituente Moro spiegava che, a differenza dello Statuto Albertino, lo Stato non concede i diritti, ma li riconosce; sottolineava la necessità di una «Costituzione non ideologica che renda possibile una libera azione, non soltanto delle varie forze politiche, ma anche di tutti i movimenti ideologici che stanno nello sfondo delle forze politiche stesse».
La Costituzione italiana come «strumento efficace di convivenza democratica. Costruendo il nuovo Stato noi determiniamo una nuova formula di convivenza, non facciamo soltanto dell'organizzazione dello Stato». Tendeva sempre a marcare il senso della solidarietà, in antitesi all'individualismo fascista. Parlò del ruolo della scuola, che «deve essere obbligatoria fino alla scuola media e deve basare la possibilità dello studio sul merito e non sul reddito», di quello della famiglia, del diritto all'informazione, alla salute, al lavoro ed alla proprietà privata. La sua era una coscienza laica ispirata a valori cristiani. Voleva fortemente creare una comunità inclusiva aperta a tutte le persone, dove le diversità sono valori. Ha sempre parlato di pace e di progresso. Secondo Moro «la pace si difende anzitutto attraverso un'azione rivolta a modificare le condizioni che spesso concorrono a provocare conflitti armati. Sotto questo aspetto, il tema dello sviluppo dei Paesi del Terzo mondo e del Mediterraneo non europeo e della responsabilità del Paesi industrializzati nel contribuirvi attivamente è tutt'uno con quello centrale ed essenziale della pace». E aggiunse come «il superamento dei gravi squilibri tra le diverse aree geografiche e tra i vari Paesi, che sono tutti parte essenziale della comunità internazionale, rappresenta un imperativo fondamentale per aprire la strada ad un mondo in cui l'associazione e la cooperazione si sostituiscono alle tensioni ed alle crisi».
L'apertura di Moro all'intesa con il Partito Comunista e con Enrico Berlinguer, definito "persona onesta e perbene" fu probabilmente la causa del suo rapimento avvenuto il 16 marzo 1978 e della sua morte il 09 maggio dello stesso anno.
Profetiche le riflessioni dell'illustre Statista e geniale uomo politico che invitavano a guardare al futuro: «Forse il destino dell'uomo non è di realizzare pienamente la giustizia, ma di avere perpetuamente della giustizia fame e sete. Ma è sempre un grande destino.
Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e della libertà, si rivelerà effimera se non sorgerà un nuovo senso del dovere.
Noi non vogliamo essere gli uomini del passato, ma quelli dell'avvenire. Il domani non appartiene ai Conservatori ed ai tiranni, è degli innovatori attenti, seri, senza retorica».
Noi democratici, europeisti e pacifisti, vogliamo rendere onore allo Statista e al presidente Moro, caduto prematuramente per mano della barbarie terroristica e sanguinaria della Brigate Rosse. Vogliamo indicarlo alle future generazioni come esempio di rigore morale e politico. La storia parlerà di Lui per le lungimiranti intuizioni e per il contributo offerto alla costruzione della democrazia e al consolidamento di quelle libertà oggi tanto minacciate.
Nella campagna elettorale del 1946, Aldo Moro introdusse argomenti inediti e parla di "diritti della persona", di "diritto e morale", di "unità e pluralità di reato", di "Stato etico". Concludeva i comizi dicendo: «Ogni persona è un universo». Un giornale dell'epoca scriveva: "Il giovane professore disegna un mondo più giusto, dove il figlio del bracciante deve avere la possibilità di andare a scuola e di diventare professore, non seguendo il mestiere del padre".
Moro faceva osservare che per il fascismo le persone non dovevano pensare; Mussolini, riferendosi ad Antonio Gramsci e Sandro Pertini, richiusi nel carcere di Turi, aveva detto: «Spegnete quei cervelli». Nel 1946, più volte ospite della città di Bisceglie, parlò del ruolo del mare Mediterraneo che non poteva essere quello delle navi da guerra e dei morti della II guerra mondiale: «Un mare sporco di sangue della migliore gioventù italiana». Espressione che, se attualizzata al mondo che viviamo, risulta ancora corrispondente alla realtà. Alla Costituente Moro spiegava che, a differenza dello Statuto Albertino, lo Stato non concede i diritti, ma li riconosce; sottolineava la necessità di una «Costituzione non ideologica che renda possibile una libera azione, non soltanto delle varie forze politiche, ma anche di tutti i movimenti ideologici che stanno nello sfondo delle forze politiche stesse».
La Costituzione italiana come «strumento efficace di convivenza democratica. Costruendo il nuovo Stato noi determiniamo una nuova formula di convivenza, non facciamo soltanto dell'organizzazione dello Stato». Tendeva sempre a marcare il senso della solidarietà, in antitesi all'individualismo fascista. Parlò del ruolo della scuola, che «deve essere obbligatoria fino alla scuola media e deve basare la possibilità dello studio sul merito e non sul reddito», di quello della famiglia, del diritto all'informazione, alla salute, al lavoro ed alla proprietà privata. La sua era una coscienza laica ispirata a valori cristiani. Voleva fortemente creare una comunità inclusiva aperta a tutte le persone, dove le diversità sono valori. Ha sempre parlato di pace e di progresso. Secondo Moro «la pace si difende anzitutto attraverso un'azione rivolta a modificare le condizioni che spesso concorrono a provocare conflitti armati. Sotto questo aspetto, il tema dello sviluppo dei Paesi del Terzo mondo e del Mediterraneo non europeo e della responsabilità del Paesi industrializzati nel contribuirvi attivamente è tutt'uno con quello centrale ed essenziale della pace». E aggiunse come «il superamento dei gravi squilibri tra le diverse aree geografiche e tra i vari Paesi, che sono tutti parte essenziale della comunità internazionale, rappresenta un imperativo fondamentale per aprire la strada ad un mondo in cui l'associazione e la cooperazione si sostituiscono alle tensioni ed alle crisi».
L'apertura di Moro all'intesa con il Partito Comunista e con Enrico Berlinguer, definito "persona onesta e perbene" fu probabilmente la causa del suo rapimento avvenuto il 16 marzo 1978 e della sua morte il 09 maggio dello stesso anno.
Profetiche le riflessioni dell'illustre Statista e geniale uomo politico che invitavano a guardare al futuro: «Forse il destino dell'uomo non è di realizzare pienamente la giustizia, ma di avere perpetuamente della giustizia fame e sete. Ma è sempre un grande destino.
Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e della libertà, si rivelerà effimera se non sorgerà un nuovo senso del dovere.
Noi non vogliamo essere gli uomini del passato, ma quelli dell'avvenire. Il domani non appartiene ai Conservatori ed ai tiranni, è degli innovatori attenti, seri, senza retorica».
Noi democratici, europeisti e pacifisti, vogliamo rendere onore allo Statista e al presidente Moro, caduto prematuramente per mano della barbarie terroristica e sanguinaria della Brigate Rosse. Vogliamo indicarlo alle future generazioni come esempio di rigore morale e politico. La storia parlerà di Lui per le lungimiranti intuizioni e per il contributo offerto alla costruzione della democrazia e al consolidamento di quelle libertà oggi tanto minacciate.