Il viaggio di Enrico Letta nell'Italia ai tempi del Covid comincia da Bisceglie
Il segretario dem ospite delle Vecchie Segherie Mastrototaro: «Questa città è il secondo posto più bello del mondo». Sul Paese: «Percepisco profumo di ricostruzione»
domenica 13 giugno 2021
10.12
Il viaggio di Enrico Letta nell'Italia ferita dal Covid è cominciato sabato 12 giugno con due tappe emblematiche: Taranto e Bisceglie. Il segretario del Partito Democratico, ospite delle Vecchie Segherie Mastrototaro ha tratteggiato i significati e spiegato le ragioni del suo giro per il Paese nel corso di una conversazione con la giornalista del Corsera Monica Guerzoni ai piedi della scalinata di via Porto, al cospetto di un pubblico numeroso e attento.
Spunto di riflessione, l'ultimo volume firmato dall'ex primo ministro dal titolo eloquente ("Anima e cacciavite. Per ricostruire l'Italia"), attraverso le cui pagine Letta ha inteso fornire le coordinate immaginarie dei passaggi che affronterà, nel concreto, determinato a "tastare il polso" di una nazione che gli sembra finalmente pronta a una serie di cambiamenti radicali.
«Questa è la prima presentazione del libro e non avrei potuto che iniziare a Bisceglie, il secondo posto più bello del mondo per me dopo Pisa e un luogo cui sono legato per diversi motivi e amicizie speciali» ha rimarcato Enrico Letta, riferendosi al rapporto particolare con Francesco Boccia e la famiglia Mastrototaro e ricordando con piacere gli eventi cui ha preso parte alle Vecchie Segherie nel 2017 e nel 2019. «Un messaggio che desidero lanciare è la necessità di ripartire dal Mezzogiorno rompendo la retorica della "locomotiva" e dei "vagoni"» ha sottolineato il leader del Pd. «L'idea che solo potenziando ulteriormente la parte più forte del Paese si possa ottenere un effetto traino è stata smentita dai fatti, perché i "vagoni" si sono staccati da tempo» ha spiegato, riferendosi sia al gap geografico che a quello sociale. «L'Italia ha bisogno di essere rimessa insieme e consegnata ai giovani».
L'esperienza di Governo, per certi versi traumatica specie se se ne considerano le fasi conclusive, non pare aver innescato sentimenti di rivalsa in Letta: «Non ho nostalgia di Palazzo Chigi e non mi sono pentito di essere tornato alla guida del Pd, pur se sono stati tre mesi già molto intensi e ce n'è una nuova ogni giorno» ha evidenziato. «Sento davvero che qualcosa di importante sta accadendo: in questo Paese percepisco profumo di ricostruzione, l'ho sentito anche oggi fra Taranto e Bisceglie» è l'osservazione del leader dem. «Pur con tutte le difficoltà che restano sul terreno avverto la sensazione che l'Italia sia pronta per entrare in una fase di ricostruzione ed è uno dei motivi per cui ho deciso di rientrare, ritenendolo doveroso».
L'aver vissuto lontano, pur senza un reale distacco, ha aiutato l'intellettuale e il politico a declinare meglio le contraddizioni, i limiti e le cattive abitudini dell'Italia: «Un paese che lascia andare i suoi giovani non ha futuro e sarei responsabile se non facessi nulla per evitarlo. Sono ancora più determinato dal momento che ho visto tutto ciò dall'esterno e mi sono reso conto del fatto che non c'è più tempo» è l'analisi di Enrico Letta. «Ho parlato in diverse occasioni dell'angoscia provata ogni volta che gli studenti italiani a Parigi, come in altre grandi città del mondo visitate nell'arco di questi anni, chiedevano "Mi dia una ragione per tornare in Italia". Sono meglio dei ragazzi della nostra generazione, parlano l'inglese meglio di noi e usano il digitale meglio di noi» ha riflettuto, commentando l'allarmante statistica secondo cui il numero dei giovani italiani espatriati in un anno è schizzzato dai 39545 del 2010 ai 122020 del 2019, con una quota sempre maggiore di laureati.
«Draghi ha dato segnale importante, mettendosi a disposizione del Paese. Io mi sono messo in questa scia accettando di guidare il Pd per far sì che si lasciasse alla spalle una fase di divisioni interne piuttosto pesanti. Questo è il momento della ricostruzione, chi pensa che le cose debbano continuare esattamente come sono andate non troverà in me un interlocutore disponibile» ha detto il segretario dem.
«Riportare persone al centro, costruire un clima favorevole allo spirito imprenditoriale, mettere chi ha voglia di rischiare in condizioni di farlo, essere in grado di colmare i ritardi terribili di questo Paese» alcune delle priorità citate da Letta, che ha concluso: «Tre miei studenti eccezionali e con una marcia in più, dopo la laurea a Parigi, hanno accettato l'invito a mettere in pratica ciò che hanno imparato e adesso lavorano al mio fianco al Nazareno: averli nella stanza accanto mi fa pensare che, anziché star dietro a ogni alzata di sopracciglia di una qualunque mini-corrente del Pd, io debba dare retta a loro».
Spunto di riflessione, l'ultimo volume firmato dall'ex primo ministro dal titolo eloquente ("Anima e cacciavite. Per ricostruire l'Italia"), attraverso le cui pagine Letta ha inteso fornire le coordinate immaginarie dei passaggi che affronterà, nel concreto, determinato a "tastare il polso" di una nazione che gli sembra finalmente pronta a una serie di cambiamenti radicali.
«Questa è la prima presentazione del libro e non avrei potuto che iniziare a Bisceglie, il secondo posto più bello del mondo per me dopo Pisa e un luogo cui sono legato per diversi motivi e amicizie speciali» ha rimarcato Enrico Letta, riferendosi al rapporto particolare con Francesco Boccia e la famiglia Mastrototaro e ricordando con piacere gli eventi cui ha preso parte alle Vecchie Segherie nel 2017 e nel 2019. «Un messaggio che desidero lanciare è la necessità di ripartire dal Mezzogiorno rompendo la retorica della "locomotiva" e dei "vagoni"» ha sottolineato il leader del Pd. «L'idea che solo potenziando ulteriormente la parte più forte del Paese si possa ottenere un effetto traino è stata smentita dai fatti, perché i "vagoni" si sono staccati da tempo» ha spiegato, riferendosi sia al gap geografico che a quello sociale. «L'Italia ha bisogno di essere rimessa insieme e consegnata ai giovani».
L'esperienza di Governo, per certi versi traumatica specie se se ne considerano le fasi conclusive, non pare aver innescato sentimenti di rivalsa in Letta: «Non ho nostalgia di Palazzo Chigi e non mi sono pentito di essere tornato alla guida del Pd, pur se sono stati tre mesi già molto intensi e ce n'è una nuova ogni giorno» ha evidenziato. «Sento davvero che qualcosa di importante sta accadendo: in questo Paese percepisco profumo di ricostruzione, l'ho sentito anche oggi fra Taranto e Bisceglie» è l'osservazione del leader dem. «Pur con tutte le difficoltà che restano sul terreno avverto la sensazione che l'Italia sia pronta per entrare in una fase di ricostruzione ed è uno dei motivi per cui ho deciso di rientrare, ritenendolo doveroso».
L'aver vissuto lontano, pur senza un reale distacco, ha aiutato l'intellettuale e il politico a declinare meglio le contraddizioni, i limiti e le cattive abitudini dell'Italia: «Un paese che lascia andare i suoi giovani non ha futuro e sarei responsabile se non facessi nulla per evitarlo. Sono ancora più determinato dal momento che ho visto tutto ciò dall'esterno e mi sono reso conto del fatto che non c'è più tempo» è l'analisi di Enrico Letta. «Ho parlato in diverse occasioni dell'angoscia provata ogni volta che gli studenti italiani a Parigi, come in altre grandi città del mondo visitate nell'arco di questi anni, chiedevano "Mi dia una ragione per tornare in Italia". Sono meglio dei ragazzi della nostra generazione, parlano l'inglese meglio di noi e usano il digitale meglio di noi» ha riflettuto, commentando l'allarmante statistica secondo cui il numero dei giovani italiani espatriati in un anno è schizzzato dai 39545 del 2010 ai 122020 del 2019, con una quota sempre maggiore di laureati.
«Draghi ha dato segnale importante, mettendosi a disposizione del Paese. Io mi sono messo in questa scia accettando di guidare il Pd per far sì che si lasciasse alla spalle una fase di divisioni interne piuttosto pesanti. Questo è il momento della ricostruzione, chi pensa che le cose debbano continuare esattamente come sono andate non troverà in me un interlocutore disponibile» ha detto il segretario dem.
«Riportare persone al centro, costruire un clima favorevole allo spirito imprenditoriale, mettere chi ha voglia di rischiare in condizioni di farlo, essere in grado di colmare i ritardi terribili di questo Paese» alcune delle priorità citate da Letta, che ha concluso: «Tre miei studenti eccezionali e con una marcia in più, dopo la laurea a Parigi, hanno accettato l'invito a mettere in pratica ciò che hanno imparato e adesso lavorano al mio fianco al Nazareno: averli nella stanza accanto mi fa pensare che, anziché star dietro a ogni alzata di sopracciglia di una qualunque mini-corrente del Pd, io debba dare retta a loro».