In ricordo del collega Michele Spadavecchia
Un pensiero del dottor Antonio Marzano
domenica 4 agosto 2019
00.00
La notizia mi è arrivata tramite sms, glaciale.
Sono trascorsi alcuni giorni: non riesco a contarli, il mio pensiero gira intorno, paranoico, all'sms. È come se si fosse inchiodato nel cervello e qualsiasi tentativo ponga in atto per provare a rimuoverlo a almeno a spegnerlo, risulta inutile.
E sì che la "cartolina precetto" può arrivare in qualsiasi momento e bisogna essere pronti a partire, ma non so... È come se il medico avesse un privilegio particolare: come se, prendendo in cura i bambini, avesse diritto a una dilazione, a ritardare la partenza, che so se non altro quando il suo Servizio fosse finito. E invece...
Un amico mi ha chiesto più di una volta: "Tonio, ma perché fumare, bere, mangiare molto e bene fa male?" Io non ho saputo rispondere. Ho solo detto: "Prova a fare una telefonata lassù, magari Lui la risposta ce l'ha!".
Niente fattori di rischio, niente esagerazioni, niente trasgressioni, quanto piuttosto interessi nella vita di vario genere; studioso della storia con la S maiuscola, con vari hobby tra cui la vita di mare. Vederlo con la divisa della Marina faceva un bell'effetto. Educato, disponibile, affettuoso, premuroso, affabile, ottimista e sorridente: Michele lo avevo cercato e sentito solo qualche giorno prima per una nostra condivisione e l'ho ritrovato sereno e affettuoso.
Michele era alto, robusto, fiero di essere medico dei bambini e delle squadre sportive, fiero di essere molfettese, fiero della divisa di medico di bordo che di tanto in tanto indossava. Michele Spadavecchia era una brava persona e io lo ricorderò così come un collega bravo e positivo.
Non è giusto ma è così. Penso a sua moglie ai suoi figli, al vuoto che si lascia, all'impegno profuso negli anni per prendere la laurea e la specializzazione, per conquistare la fiducia e la stima dei pazienti, per essere sempre presenti, sempre corretti, sempre disponibili, sempre in servizio permanente effettivo...
E poi un giorno, al lavoro in studio, piuttosto che un altro paziente da visitare, arriva la "cartolina precetto" e devi partire. Mi viene da dire: "E che c... fammi almeno finire!".
Sono trascorsi alcuni giorni: non riesco a contarli, il mio pensiero gira intorno, paranoico, all'sms. È come se si fosse inchiodato nel cervello e qualsiasi tentativo ponga in atto per provare a rimuoverlo a almeno a spegnerlo, risulta inutile.
E sì che la "cartolina precetto" può arrivare in qualsiasi momento e bisogna essere pronti a partire, ma non so... È come se il medico avesse un privilegio particolare: come se, prendendo in cura i bambini, avesse diritto a una dilazione, a ritardare la partenza, che so se non altro quando il suo Servizio fosse finito. E invece...
Un amico mi ha chiesto più di una volta: "Tonio, ma perché fumare, bere, mangiare molto e bene fa male?" Io non ho saputo rispondere. Ho solo detto: "Prova a fare una telefonata lassù, magari Lui la risposta ce l'ha!".
Niente fattori di rischio, niente esagerazioni, niente trasgressioni, quanto piuttosto interessi nella vita di vario genere; studioso della storia con la S maiuscola, con vari hobby tra cui la vita di mare. Vederlo con la divisa della Marina faceva un bell'effetto. Educato, disponibile, affettuoso, premuroso, affabile, ottimista e sorridente: Michele lo avevo cercato e sentito solo qualche giorno prima per una nostra condivisione e l'ho ritrovato sereno e affettuoso.
Michele era alto, robusto, fiero di essere medico dei bambini e delle squadre sportive, fiero di essere molfettese, fiero della divisa di medico di bordo che di tanto in tanto indossava. Michele Spadavecchia era una brava persona e io lo ricorderò così come un collega bravo e positivo.
Non è giusto ma è così. Penso a sua moglie ai suoi figli, al vuoto che si lascia, all'impegno profuso negli anni per prendere la laurea e la specializzazione, per conquistare la fiducia e la stima dei pazienti, per essere sempre presenti, sempre corretti, sempre disponibili, sempre in servizio permanente effettivo...
E poi un giorno, al lavoro in studio, piuttosto che un altro paziente da visitare, arriva la "cartolina precetto" e devi partire. Mi viene da dire: "E che c... fammi almeno finire!".