Jazz e storie vere di Shoah: a Palazzo Tupputi Michele Scaranello
La storia di Filippo Scavo rivive tra le pagine intense di un romanzo contemporaneo
sabato 27 gennaio 2018
14.56
Michele Scaranello nella vita fa il bancario. E poi scrive, con una energia e una coscienza dei fatti che travalicano la pura passione.
"L'ultima bozza", il libro presentato il 26 gennaio in omaggio alla Giornata della Memoria al piano nobile di Palazzo Tupputi, ne è la dimostrazione.
Il romanzo trae spunto dalle vicende di Filippo Scavo, suo suocero. Classe 1921, arruolato nell'Esercito Italiano come infermiere, visse la seconda Guerra mondiale attraverso le ferite degli altri. Poi arrivò l'8 settembre 1943 e la vita da giovane gaudente che fino ad allora aveva vissuto cambiò radicalmente.
Filippo - nel romanzo Franco - fu internato prima in sette campi di concentramento, poi in campo russo in Ungheria. Se la cavò perché sapeva cantare e così allietava le serate alcoliche dei suoi carcerari in divisa. Ma quando gli italiani furono destinati alla Siberia e i suoi pochi privilegi vennero meno, dovette usare, oltre all'arte anche l'ingegno. La sua passione lo salvò e, complice un concerto, riuscì a fuggire e rientrare a Bari. È qui che per quarant'anni ha svolto la professione di infermiere nell'ospedale civile, continuando a coltivare l'amore per il canto.
Nelle pagine del racconto, la storia di Stefano, correttore di bozze che nel manoscritto di un giovane esordiente trova l'occasione per recuperare quella parte della sua storia di vita mancante.
"L'ultima bozza", il libro presentato il 26 gennaio in omaggio alla Giornata della Memoria al piano nobile di Palazzo Tupputi, ne è la dimostrazione.
Il romanzo trae spunto dalle vicende di Filippo Scavo, suo suocero. Classe 1921, arruolato nell'Esercito Italiano come infermiere, visse la seconda Guerra mondiale attraverso le ferite degli altri. Poi arrivò l'8 settembre 1943 e la vita da giovane gaudente che fino ad allora aveva vissuto cambiò radicalmente.
Filippo - nel romanzo Franco - fu internato prima in sette campi di concentramento, poi in campo russo in Ungheria. Se la cavò perché sapeva cantare e così allietava le serate alcoliche dei suoi carcerari in divisa. Ma quando gli italiani furono destinati alla Siberia e i suoi pochi privilegi vennero meno, dovette usare, oltre all'arte anche l'ingegno. La sua passione lo salvò e, complice un concerto, riuscì a fuggire e rientrare a Bari. È qui che per quarant'anni ha svolto la professione di infermiere nell'ospedale civile, continuando a coltivare l'amore per il canto.
Nelle pagine del racconto, la storia di Stefano, correttore di bozze che nel manoscritto di un giovane esordiente trova l'occasione per recuperare quella parte della sua storia di vita mancante.
La serata, a cura dell'Associazione Santa Margherita, in collaborazione con Rotary club Bisceglie, Commissione diocesana Feste patronali, Centro Studi Biscegliese, Sinestesie Mediterranee, Confcommercio e Consorzio Mercati in città, è stata moderata da Sara Minervini, editor e correttrice di bozze e Daniela Di Pierro, blogger di Leggendo a Bari e accompagnata dalle streuggenti note jazz dei bravi maestri Antonio Furio al piano e Mimmo Gassi al sax.