L'omelia dell'Arcivescovo D'Ascenzo in occasione della Messa Crismale di Giovedì Santo
«Non ci piace una Chiesa invecchiata, fissata sul passato, frenata, immobile. E nemmeno una Chiesa che cede a tutto ciò che il mondo le offre, che nasconde il suo messaggio e si mimetizza»
Gesù si recò a Nazareth, nella sinagoga, di sabato, e lesse un passo dal rotolo del profeta Isaia dove era scritto lo Spirito del Signore è sopra di me.
Permettetemi di applicare queste parole di Gesù a noi sacerdoti: lo Spirito del Signore è sopra di noi, ci ha consacrati e ci ha inviati a portare ai poveri il lieto annuncio. Gesù omette il versetto del profeta Isaia, che abbiamo ascoltato nella prima lettura di oggi, in cui è detto del giorno di vendetta di Dio. Vogliamo anche noi omettere dalle pagine della nostra vita i versetti che ci fanno essere, o apparire, aspri, impazienti, poco sensibili, preoccupati più di noi stessi che delle persone che il Signore ci ha affidato. La nostra sia sempre una presenza di consolazione. Presenza dalla quale traspaia, in modo gioioso e gratuito, la nostra risposta alla chiamata a farci servi, ad amare in modo appassionato con un cuore di uomini segnato e caratterizzato da un dono particolare, il celibato…
Gesù non è colui che commenta soltanto la Scrittura, la compie, la rende concreta, porta a compimento le attese delle persone. Il nostro ministero sia annuncio lieto per i poveri, liberazione per i prigionieri, vista per i ciechi, libertà per gli oppressi. Auguro a tutti che ogni sera, andando a dormire, al termine di una giornata di servizio, di fatica, di incontri, di celebrazioni… possiamo sentirci stanchi e dire anche noi, come Gesù, oggi si è compiuta questa Scrittura…
Sperando possa essere utile alla nostra preghiera, vorrei consegnarvi due riflessioni che mi hanno colpito, proposte da una coppia di sposi di Milano a un incontro con i sacerdoti nel seminario di Venegono. Questa coppia, con cinque figli naturali più un ragazzo di quattordici anni accolto nella loro famiglia, ha sempre frequentato parrocchia e oratorio; abita in un condominio adiacente alla parrocchia con un'altra famiglia e due comunità di accoglienza per una esperienza di annuncio del Vangelo e di corresponsabilità pastorale.
Facendo riferimento al bisogno naturale di amare ed essere amati, l'originario fenomeno umano, come lo definisce Benedetto XVI nell'Enciclica "Caritas in Veritate", bisogno che appartiene anche a noi preti, esprime il desiderio di incontrare preti che hanno cura dei rapporti interpersonali, dell'amicizia, che hanno attitudine ad una relazione onesta e amicale, che sanno lavorare con altri e dare valore a questa relazione di scambio…
Senza porci sulla difensiva o a distanza, la nostra gente ci desidera appassionati della vita, della novità, delle vicende degli uomini, ascoltarli… facendoci carico delle sofferenze, delle gioie, dei bisogni dell'altro. Un altro concetto che questa coppia esprime è quello di desiderare un prete normale: pulito (naturalmente pulito nella mente, negli affetti, nel comportamento), semplice e con un gran sorriso che rispecchi la gioia della sua vocazione. La parte troppo eccentrica, ad esempio nel vestire, nell'essere troppo trasandato, in un sacerdote di norma mette in difficoltà, non consente un approccio facile e dà adito a gossip banali; così come il vestirsi in modo troppo elegante, troppo ricercato…
Credo sia importante per noi accogliere quello che ci viene rimandato dalle persone che ci osservano e ci vogliono bene. Soprattutto il loro giusto desiderio di vedere e trovare in noi delle persone semplicemente normali!
Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all'inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.
Qualche commentatore propone questo quadretto come immagine della Chiesa: popolo radunato dal Signore, popolo con lo sguardo concentrato su di Lui che, come abbiamo ascoltato dal Libro dell'Apocalisse, dice di se stesso: io sono l'Alfa e l'Omèga, Colui che è, che era e che viene, l'Onnipotente!
Avere lo sguardo su Gesù per non perderci su strade che non portano a Lui, l'Onnipotente; per essere Chiesa che raccoglie e non disperde; per essere impegnati in un cammino di comunione che è convergenza di tutti su Gesù.
Essere giovani, più che un'età, è uno stato del cuore. Quindi, un'istituzione antica come la Chiesa può rinnovarsi e tornare ad essere giovane in diverse fasi della sua lunghissima storia… Chiediamo al Signore che liberi la Chiesa da coloro che vogliono invecchiarla, fissarla sul passato, frenarla, renderla immobile. Chiediamo anche che la liberi da un'altra tentazione: credere che è giovane perché cede a tutto ciò che il mondo le offre, credere che si rinnova perché nasconde il suo messaggio e si mimetizza con gli altri. No. È giovane quando è se stessa, quando riceve la forza sempre nuova della Parola di Dio, dell'Eucaristia, della presenza di Cristo e della forza del suo Spirito ogni giorno. È giovane quando è capace di ritornare continuamente alla sua fonte (Cristus Vivit, 34-35).
Queste parole di Papa Francesco ci aiutano a comprendere la necessità per la Chiesa, per la nostra Chiesa diocesana, di essere giovane. Giovane perché capace di ritornare continuamente alla sua fonte, Gesù, con lo sguardo puntato su di Lui.
Non ci piace una Chiesa invecchiata, fissata sul passato, frenata, immobile. E nemmeno una Chiesa che cede a tutto ciò che il mondo le offre, che nasconde il suo messaggio e si mimetizza.
Abbiamo bisogno di una Chiesa, la nostra famiglia diocesana, che visibilmente punti ad una maggiore convergenza su Gesù e comunione tra di noi. Ad esempio, abbiamo bisogno di comunità parrocchiali che realizzino più sintonie nelle varie proposte pastorali (cammini di iniziazione cristiana, preparazione al sacramento del matrimonio…), e ancora più partecipi alle varie iniziative a livello diocesano.
C'è bisogno della nostra testimonianza, della nostra disponibilità a fare semplicemente i preti, e non importa in quale incarico, in quale parrocchia, in quale città. Nel rinnovare, tra poco, le nostre promesse sacerdotali, chiediamo al Signore il dono dell'indifferenza ignaziana per essere interiormente liberi, senza alcuna preferenza se non quella del servizio alle persone e della corrispondenza alla volontà di Dio. C'è bisogno, ancora, di gruppi, movimenti, associazioni, cammini che, dopo la loro nascita o sviluppo nel dopo Concilio Vaticano II, vivano questo tempo con il desiderio di incontrarsi, comunicare, condividere per conoscersi maggiormente, scrollarsi da luoghi comuni o pregiudizi reciproci, convergere sulle priorità pastorali della comunità diocesana o su quei momenti in cui la diocesi si da appuntamento per incontri, veglie di preghiera…
Da qualche mese, un gruppo di lavoro formato da persone rappresentative dei vari soggetti ecclesiali, ha iniziato un discernimento per individuare e rilanciare quelli che sono gli obiettivi pastorali, più urgenti per noi oggi, presenti nel Libro Sinodale. A breve verranno coinvolti tutti gli Uffici pastorali della Diocesi, i Consigli pastorali, parrocchiali, zonali e diocesano, per tradurre questi obiettivi in indicazioni pastorali per poi arrivare, con l'aiuto del Consiglio Presbiterale e del Consiglio Pastorale Diocesano ad un progetto pastorale. Sarà questo progetto ad indicare il percorso per la nostra chiesa diocesana.
Chiediamo al Signore di aiutarci a sentire forte il desiderio di camminare insieme, mettendo ciascuno i propri carismi a servizio di tutti in un progetto comune perché, come ci ha con chiarezza ricordato papa Francesco, il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio. La sinodalità infatti è dimensione costitutiva della Chiesa… quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola "sinodo" (Francesco, Discorso in occasione della commemorazione del 50 anniversario dell'istituzione del Sinodo dei vescovi, 17-10-2015).
Ricordiamo sempre, allora, che camminare insieme, prima di ogni proposta, strategia, attività, è già un obiettivo raggiunto. Anzi, camminare insieme con lo sguardo puntato su Gesù è l'obiettivo. È tutto qui!
Auguro a tutti noi, carissimi sacerdoti, diaconi, consacrati, sorelle e fratelli, che la celebrazione del Triduo pasquale e l'incontro con il Signore risorto siano vera opportunità di crescita insieme per diventare, come abbiamo più volte ricordato, Chiesa giovane!