L'ultima estate di Diana nel racconto di Antonio Caprarica a Libri nel Borgo Antico
Ritratto dell'amata a principessa a vent'anni dalla tragica scomparsa
domenica 27 agosto 2017
17.36
Sono trascorsi ormai 20 anni dalla tragica scomparsa di Diana Spencer, conosciuta in tutto il mondo come "Lady D", ma la sua morte è tuttora uno dei tanti misteri irrisolti del secolo scorso.
Sono stati versati fiumi di inchiostro per provare a descrivere con esattezza ciò che accadde quella drammatica sera del 31 agosto 1997, quando la principessa si spense all'interno della galleria del Pont de l'Almà a Parigi.
Sul banco degli imputati, inizialmente finirono i paparazzi cui fu addossata la colpa di aver seguito Diana.
È proprio questo il motivo che ha spinto Antonio Caprarica, giornalista e saggista, volto noto del Tg1 e attento conoscitore della realtà d'oltremanica, dall'alto della sua decennale esperienza di corrispondente da Londra a scrivere il suo ultimo lavoro editoriale dal titolo "L'ultima estate di Diana" edito da Sperling & Kupfer.
Alla domanda del moderatore Sergio De Nicola, giornalista del Tgr, «Perché tornare a scrivere un libro su Lady Diana?» l'autore ha risposto: «È una riparazione personale che sento di dover dare a Diana vent'anni dopo la sua morte».
Caprarica, nel ribadire la totale esclusione di ogni tipo responsabilità diretta e indiretta dei fotografi nella morte della principessa, ripercorre in maniera scrupolosa e dettagliata e con uno stile semplice e asciutto, i più importanti avvenimenti che hanno scandito le ultime otto settimane che precedono la sua scomparsa, soffermandosi, con ironia, stile e garbo che lo contraddistinguono da sempre, sul cambiamento che essa ha provocato nell'attuale Inghilterra.
Interessante ascoltare l'autore mentre descriveva il ruolo dei media nella storia di Diana: «Un rapporto strettissimo di sfruttamento reciproco».
La "principessa triste" manipolava i media per danneggiare l'immagine della Corona Inglese e al tempo stesso è stata vittima degli stessi.
Toccante il momento in cui lo scrittore, da giornalista, ricorda le ultime ore di vita di Lady D: «Quando leggerete queste pagine, sarete colti da un senso di repulsione e di vergogna, perché l'idea di correre davanti a una persona che sta morendo, una decina di fotografi che si spintonano, si accapigliano, fanno a pugni per guadagnarsi la posizione migliore da cui scattare la foto a due corpi già senza vita e altri due che stanno rantolando e stanno lì lì per morire, scattando qualcosa come 118 foto di quella scena in due minuti, finché finalmente è arrivato il pronto soccorso che gli ha allontanati, è stato uno dei momenti di massima vergogna della nostra professione».
Evidenzia inoltre come la principessa è stata una figura cruciale nella storia inglese di fine Novecento.
L'Inghilterra prima e dopo la morte della principessa non è più uguale, è enormemente diversa.
«Questo paese dove le emozioni non erano consentite, dove vigeva la formula "non arricciare il labbro né per ridere, né per piangere", che è esattamente quello che fa la regina Elisabetta anche definita "la sovrana che abrogò le emozioni", si ribella il giorno che muore Diana e pretende che venga riconosciuta la libertà di esprimere le emozioni, senza l'ipocrisia degli atteggiamenti costruiti. Quella esplosione di dolore che noi abbiamo visto per le strade di Londra nella settimana dopo la sua scomparsa era il segno d'una Inghilterra che si era stancata di non manifestare mai i propri sentimenti».
«È' una reazione molto profonda perché rovescia l'idea di dover accettare l'ipoteca culturale delle vecchie classi dominanti, legate all'idea dell'impero, legate all'idea dell'inglese tutto d'un pezzo che non mostra mai nessuna debolezza, nasce così, grazie a Lady Diana, la "Cool Britannia" una nuova generazione, anche al potere, aperta, accogliente e disponibile».
La morte di Diana, dunque, ha cambiato in profondità la monarchia, spingendo la Regina Elisabetta ha riconquistare i suoi sudditi, ad avvicinarsi ad essi, e ad adoperare a tal fine un canale mai utilizzato prima: la televisione. La Regina ha così dimenticando il motto della famiglia Windsor "never explain, never complain" (mai spiegarsi, mai lamentarsi) e ai propri sudditi ha pronunciato queste parole "mi rivolgo a voi come vostra Regina e soprattutto come Nonna".
Caprarica quindi descrive la Regina come «una donna che ha capito la lezione, cioè ha capito che non si può più tenere la monarchia ancorata agli stilemi del primo Novecento, quando la regola era nascondere le emozioni, mai manifestare quello che si sente in termini di sofferenza e di gioia, e stare alle regole. Con la morte di Diana la monarchia è cambiata, si è avvicinata ai sudditi, così come desiderava Lady D sognando una corona che fosse più "alla mano"».
L'incontro con l'autore ci ha consentito di fare maggiore chiarezza sul mistero della "principessa triste" difatti è stato seguito con grande partecipazione e interesse dal pubblico presente in piazza Castello, a testimonianza di un ricordo che non si è mai affievolito e che – a giusta ragione – consegna Diana Spencer fra le figure sicuramente più carismatiche degli ultimi anni del Novecento.
Sono stati versati fiumi di inchiostro per provare a descrivere con esattezza ciò che accadde quella drammatica sera del 31 agosto 1997, quando la principessa si spense all'interno della galleria del Pont de l'Almà a Parigi.
Sul banco degli imputati, inizialmente finirono i paparazzi cui fu addossata la colpa di aver seguito Diana.
È proprio questo il motivo che ha spinto Antonio Caprarica, giornalista e saggista, volto noto del Tg1 e attento conoscitore della realtà d'oltremanica, dall'alto della sua decennale esperienza di corrispondente da Londra a scrivere il suo ultimo lavoro editoriale dal titolo "L'ultima estate di Diana" edito da Sperling & Kupfer.
Alla domanda del moderatore Sergio De Nicola, giornalista del Tgr, «Perché tornare a scrivere un libro su Lady Diana?» l'autore ha risposto: «È una riparazione personale che sento di dover dare a Diana vent'anni dopo la sua morte».
Caprarica, nel ribadire la totale esclusione di ogni tipo responsabilità diretta e indiretta dei fotografi nella morte della principessa, ripercorre in maniera scrupolosa e dettagliata e con uno stile semplice e asciutto, i più importanti avvenimenti che hanno scandito le ultime otto settimane che precedono la sua scomparsa, soffermandosi, con ironia, stile e garbo che lo contraddistinguono da sempre, sul cambiamento che essa ha provocato nell'attuale Inghilterra.
Interessante ascoltare l'autore mentre descriveva il ruolo dei media nella storia di Diana: «Un rapporto strettissimo di sfruttamento reciproco».
La "principessa triste" manipolava i media per danneggiare l'immagine della Corona Inglese e al tempo stesso è stata vittima degli stessi.
Toccante il momento in cui lo scrittore, da giornalista, ricorda le ultime ore di vita di Lady D: «Quando leggerete queste pagine, sarete colti da un senso di repulsione e di vergogna, perché l'idea di correre davanti a una persona che sta morendo, una decina di fotografi che si spintonano, si accapigliano, fanno a pugni per guadagnarsi la posizione migliore da cui scattare la foto a due corpi già senza vita e altri due che stanno rantolando e stanno lì lì per morire, scattando qualcosa come 118 foto di quella scena in due minuti, finché finalmente è arrivato il pronto soccorso che gli ha allontanati, è stato uno dei momenti di massima vergogna della nostra professione».
Evidenzia inoltre come la principessa è stata una figura cruciale nella storia inglese di fine Novecento.
L'Inghilterra prima e dopo la morte della principessa non è più uguale, è enormemente diversa.
«Questo paese dove le emozioni non erano consentite, dove vigeva la formula "non arricciare il labbro né per ridere, né per piangere", che è esattamente quello che fa la regina Elisabetta anche definita "la sovrana che abrogò le emozioni", si ribella il giorno che muore Diana e pretende che venga riconosciuta la libertà di esprimere le emozioni, senza l'ipocrisia degli atteggiamenti costruiti. Quella esplosione di dolore che noi abbiamo visto per le strade di Londra nella settimana dopo la sua scomparsa era il segno d'una Inghilterra che si era stancata di non manifestare mai i propri sentimenti».
«È' una reazione molto profonda perché rovescia l'idea di dover accettare l'ipoteca culturale delle vecchie classi dominanti, legate all'idea dell'impero, legate all'idea dell'inglese tutto d'un pezzo che non mostra mai nessuna debolezza, nasce così, grazie a Lady Diana, la "Cool Britannia" una nuova generazione, anche al potere, aperta, accogliente e disponibile».
La morte di Diana, dunque, ha cambiato in profondità la monarchia, spingendo la Regina Elisabetta ha riconquistare i suoi sudditi, ad avvicinarsi ad essi, e ad adoperare a tal fine un canale mai utilizzato prima: la televisione. La Regina ha così dimenticando il motto della famiglia Windsor "never explain, never complain" (mai spiegarsi, mai lamentarsi) e ai propri sudditi ha pronunciato queste parole "mi rivolgo a voi come vostra Regina e soprattutto come Nonna".
Caprarica quindi descrive la Regina come «una donna che ha capito la lezione, cioè ha capito che non si può più tenere la monarchia ancorata agli stilemi del primo Novecento, quando la regola era nascondere le emozioni, mai manifestare quello che si sente in termini di sofferenza e di gioia, e stare alle regole. Con la morte di Diana la monarchia è cambiata, si è avvicinata ai sudditi, così come desiderava Lady D sognando una corona che fosse più "alla mano"».
L'incontro con l'autore ci ha consentito di fare maggiore chiarezza sul mistero della "principessa triste" difatti è stato seguito con grande partecipazione e interesse dal pubblico presente in piazza Castello, a testimonianza di un ricordo che non si è mai affievolito e che – a giusta ragione – consegna Diana Spencer fra le figure sicuramente più carismatiche degli ultimi anni del Novecento.