La bella storia di integrazione di Camarà
Giovane migrante senegalese trova lavoro in una Rsa piemontese
giovedì 16 luglio 2020
Nel giro di poco meno di sei anni è riuscito a realizzare, con tenacia e abnegazione, il sogno di stabilirsi in Europa e trovare lavoro. Camarà Bakary Cantè, giovane senegalese per lungo tempo - oltre tre anni - ospite della Comunità Oasi2 San Francesco onlus di Bisceglie, ha portato a compimento un bel percorso di integrazione.
«Era il 20 novembre del 2014. È stato un viaggio lungo e difficile, durante il quale ho attraversato il Mali, il Burkina Faso, il Niger e infine la Libia, dove sono rimasto 8 mesi prima di arrivare in Italia» ha raccontato.
«Sono sbarcato a Taranto e da lì la Polizia mi ha portato prima a Bari, poi a Bisceglie. La prima cosa che mi sono preoccupato di fare è stato il corso di italiano, perché imparare la lingua è importante» ha spiegato Camarà che, non pago, si è iscritto alla scuola serale, ha preso la licenza media, quindi ha cominciato a collaborare attivamente con la cooperativa e si è affacciato anche al mondo dell'associazionismo locale. Quindi la decisione di frequentare il corso per diventare operatore socio-sanitario e superare l'esame brillantemente. «Io volevo continuare a studiare e un amico mi ha detto che potevo partecipare a questo concorso, aperto anche agli stranieri. Ho cercato su Google chi è l'operatore sanitario e ho letto che è una persona che aiuta gli altri, allora ho pensato che poteva essere proprio il lavoro per me, che quando sono arrivato in Italia sono stato tanto aiutato. Non è stato facile, ma con coraggio e determinazione ognuno può raggiungere i propri obiettivi» ha rimarcato.
«Bisogna sempre provarci; quello che guardano alla fine è il diploma, non il colore della pelle. E questo è un lavoro rispettato di cui molti hanno bisogno». Dopo numerose offerte ricevute da tutta Italia, Camarà ha firmato un regolare contratto per lavorare in una Rsa in Piemonte. Ha trovato casa, si è sistemato ed è felice e soddisfatto di sé in questa sua seconda tappa del percorso migratorio.
Nonostante tutte le difficoltà e i timori legati a un permesso di soggiorno arrivato solo nel 2018, Camarà ricorda gli ultimi anni come un periodo «bellissimo» e ha espresso gratitudine nei confronti di «tutte le brave persone che mi hanno accompagnato nel percorso, mi hanno aiutato e mi hanno dato la possibilità di lavorare. Non dimentico e non dimenticherò mai di ringraziare di cuore la comunità Oasi2, a partire dal presidente, le mie famiglie italiane, le persone che mi vogliono bene, ma anche la città che mi ha accolto e mi ha dato molto, Bisceglie».
Quello di Camarà è un esempio positivo e incoraggiante di integrazione: «Dobbiamo dimostrare che emigrare non vuol dire essere inferiori. Non esistono persone di Serie A e di Serie B. Siamo tutti uguali, quello che fa la differenza è solo la determinazione. E noi siamo giovani e abbiamo tante qualità. Possiamo superare ogni barriera».
«Era il 20 novembre del 2014. È stato un viaggio lungo e difficile, durante il quale ho attraversato il Mali, il Burkina Faso, il Niger e infine la Libia, dove sono rimasto 8 mesi prima di arrivare in Italia» ha raccontato.
«Sono sbarcato a Taranto e da lì la Polizia mi ha portato prima a Bari, poi a Bisceglie. La prima cosa che mi sono preoccupato di fare è stato il corso di italiano, perché imparare la lingua è importante» ha spiegato Camarà che, non pago, si è iscritto alla scuola serale, ha preso la licenza media, quindi ha cominciato a collaborare attivamente con la cooperativa e si è affacciato anche al mondo dell'associazionismo locale. Quindi la decisione di frequentare il corso per diventare operatore socio-sanitario e superare l'esame brillantemente. «Io volevo continuare a studiare e un amico mi ha detto che potevo partecipare a questo concorso, aperto anche agli stranieri. Ho cercato su Google chi è l'operatore sanitario e ho letto che è una persona che aiuta gli altri, allora ho pensato che poteva essere proprio il lavoro per me, che quando sono arrivato in Italia sono stato tanto aiutato. Non è stato facile, ma con coraggio e determinazione ognuno può raggiungere i propri obiettivi» ha rimarcato.
«Bisogna sempre provarci; quello che guardano alla fine è il diploma, non il colore della pelle. E questo è un lavoro rispettato di cui molti hanno bisogno». Dopo numerose offerte ricevute da tutta Italia, Camarà ha firmato un regolare contratto per lavorare in una Rsa in Piemonte. Ha trovato casa, si è sistemato ed è felice e soddisfatto di sé in questa sua seconda tappa del percorso migratorio.
Nonostante tutte le difficoltà e i timori legati a un permesso di soggiorno arrivato solo nel 2018, Camarà ricorda gli ultimi anni come un periodo «bellissimo» e ha espresso gratitudine nei confronti di «tutte le brave persone che mi hanno accompagnato nel percorso, mi hanno aiutato e mi hanno dato la possibilità di lavorare. Non dimentico e non dimenticherò mai di ringraziare di cuore la comunità Oasi2, a partire dal presidente, le mie famiglie italiane, le persone che mi vogliono bene, ma anche la città che mi ha accolto e mi ha dato molto, Bisceglie».
Quello di Camarà è un esempio positivo e incoraggiante di integrazione: «Dobbiamo dimostrare che emigrare non vuol dire essere inferiori. Non esistono persone di Serie A e di Serie B. Siamo tutti uguali, quello che fa la differenza è solo la determinazione. E noi siamo giovani e abbiamo tante qualità. Possiamo superare ogni barriera».