Lunedì l'interrogatorio di garanzia per il carabiniere biscegliese arrestato
Il militare è rinchiuso nel carcere militare di Santa Maria Capua a Vetere
domenica 21 giugno 2020
13.06
Avranno inizio lunedì 22 giugno gli interrogatori di garanzia delle quattro persone arrestate giovedì nell'ambito di un'operazione condotta dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Bari con accuse a vario titolo riguardanti presunte collusioni col clan Di Cosola e in particolare le sue articolazioni a Giovinazzo.
Due di essi, il 41enne ritenuto affiliato all'organizzazione criminale e un commerciante di 39 anni, sono al momento detenuti nella casa circondariale del capoluogo pugliese mentre i due carabinieri, rispettivamente un molfettese di 50 anni e un biscegliese 51enne, sono stati rinchiusi nel carcere militare di Santa Maria Capua a Vetere.
Secondo quanto contenuto nelle 134 pagine della misura cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari Marco Galesi sulla base delle indagini coordinate dal pm antimafia Federico Perrone Capano e condotte dai militari dell'Arma guidate dal maggiore Stefano Invernizzi, i due appuntati sarebbero stati, di fatto, a libro paga del clan Di Cosola, ricevendo un fisso mensile «ammontante, fino al 2015, a 1000 euro, successivamente ridotto a 500 euro» per un periodo compreso tra il 2012 e il 2018. Un esborso presunto, per la cosca, di circa 400 mila euro.
I carabinieri arrestati avrebbero ricevuto «cesti di prodotti alimentari provento di delitti contro il patrimonio, un televisore, un robot per cucina Bimby». Nel fascicolo d'inchiesta è riportato anche l'episodio di un presunto finto «incidente stradale per dare la possibilità a uno dei due militari di ricevere l'indebito risarcimento del danno nonché l'indennità di servizio connessa alla conseguente malattia».
In cambio di questi benefit i due avrebbero «ritardato indagini o rivelato particolari di inchieste sul clan, fornendo in alcune occasioni copie di verbali di collaboratori di giustizia». In particolare «con azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso» avrebbero ottenuto dai componenti dei Di Cosola «denaro e altre utilità per omettere o ritardare atti del proprio ufficio e per compiere atti contrari ai doveri d'ufficio, al fine di favorire gli stessi e i loro sodali nei procedimenti penali che li vedevano coinvolti».
Avrebbero inoltre rivelato, «in maniera continuativa, informazioni relative alle operazioni di polizia giudiziaria da compiersi e, comunque, in merito alle indagini in corso (anche fornendo i verbali, ancora coperti da segreto) di dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia in merito al sodalizio criminale o i provvedimenti restrittivi da eseguire, garantendo, altresì, copertura agli appartenenti all'articolazione di Giovinazzo del clan Di Cosola».
Inoltre i due avrebbero fornito vari dettagli «sui turni dei militari in servizio presso la Stazione Carabinieri di Giovinazzo, degli orari in cui sarebbero avvenuti i controlli nei confronti degli affiliati sottoposti a misure coercitive» nonché - con l'aggravante di aver favorito i Di Cosola - avrebbero «consegnato, in tre distinte occasioni, documenti informatici e cartacei con registrazioni e verbali di dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia ancora coperti da segreto».
Gli interrogatori di garanzia nel carcere militare campano saranno l'opportunità per ascoltare la versione dei due carabinieri coinvolti nell'inchiesta.
Due di essi, il 41enne ritenuto affiliato all'organizzazione criminale e un commerciante di 39 anni, sono al momento detenuti nella casa circondariale del capoluogo pugliese mentre i due carabinieri, rispettivamente un molfettese di 50 anni e un biscegliese 51enne, sono stati rinchiusi nel carcere militare di Santa Maria Capua a Vetere.
Secondo quanto contenuto nelle 134 pagine della misura cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari Marco Galesi sulla base delle indagini coordinate dal pm antimafia Federico Perrone Capano e condotte dai militari dell'Arma guidate dal maggiore Stefano Invernizzi, i due appuntati sarebbero stati, di fatto, a libro paga del clan Di Cosola, ricevendo un fisso mensile «ammontante, fino al 2015, a 1000 euro, successivamente ridotto a 500 euro» per un periodo compreso tra il 2012 e il 2018. Un esborso presunto, per la cosca, di circa 400 mila euro.
I carabinieri arrestati avrebbero ricevuto «cesti di prodotti alimentari provento di delitti contro il patrimonio, un televisore, un robot per cucina Bimby». Nel fascicolo d'inchiesta è riportato anche l'episodio di un presunto finto «incidente stradale per dare la possibilità a uno dei due militari di ricevere l'indebito risarcimento del danno nonché l'indennità di servizio connessa alla conseguente malattia».
In cambio di questi benefit i due avrebbero «ritardato indagini o rivelato particolari di inchieste sul clan, fornendo in alcune occasioni copie di verbali di collaboratori di giustizia». In particolare «con azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso» avrebbero ottenuto dai componenti dei Di Cosola «denaro e altre utilità per omettere o ritardare atti del proprio ufficio e per compiere atti contrari ai doveri d'ufficio, al fine di favorire gli stessi e i loro sodali nei procedimenti penali che li vedevano coinvolti».
Avrebbero inoltre rivelato, «in maniera continuativa, informazioni relative alle operazioni di polizia giudiziaria da compiersi e, comunque, in merito alle indagini in corso (anche fornendo i verbali, ancora coperti da segreto) di dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia in merito al sodalizio criminale o i provvedimenti restrittivi da eseguire, garantendo, altresì, copertura agli appartenenti all'articolazione di Giovinazzo del clan Di Cosola».
Inoltre i due avrebbero fornito vari dettagli «sui turni dei militari in servizio presso la Stazione Carabinieri di Giovinazzo, degli orari in cui sarebbero avvenuti i controlli nei confronti degli affiliati sottoposti a misure coercitive» nonché - con l'aggravante di aver favorito i Di Cosola - avrebbero «consegnato, in tre distinte occasioni, documenti informatici e cartacei con registrazioni e verbali di dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia ancora coperti da segreto».
Gli interrogatori di garanzia nel carcere militare campano saranno l'opportunità per ascoltare la versione dei due carabinieri coinvolti nell'inchiesta.