Macbettu: per il teatro Garibaldi lo spettacolo più plaudito di sempre
In scena la bellezza pura di un capolavoro reso contemporaneo da una lingua antichissima che sa come non morire
sabato 24 febbraio 2018
07.30
La durata degli applausi non lascia dubbi: se non il più apprezzato, il Macbettu è stato per il Garibaldi senz'altro lo spettacolo più plaudito di sempre.
Uno, due, tre, dieci minuti ininterrotti di battimani, hanno concluso l'atto unico col fiato sospeso che la compagnia Teatropersona di Alessandro Serra – soli uomini come nella più pura tradizione elisabettiana - ha portato in scena omaggiando Shakespeare e la Sardegna insieme.
Lirica e ironica, fedelissima eppure estremamente traditrice, la riscrittura in sardo, ha il merito di rendere avanguardia quanto di più antico la tradizione ci tramanda: da un lato una lingua millenaria che è puro canto e in questo trova il segreto per non morire, dall'altro una letteratura che ha già superato tutte le mode.
Al centro una lezione che vale sempre: se l'ambizione umana può essere illimitata, le possibilità reali hanno un limite per tutti. E chi lo oltrepassa, per presunzione e volontà di potere, inevitabilmente cade.
Ma il Macbettu, nella suo aver perso ogni definizione temporale, ha reso Shakespeare il pretesto per fare anche altro. Sulla scena attori e regia hanno portato una sorta di sacro rituale, eco dei riti primordiali delle antiche civiltà nuragiche. Un inno di amore alla Sardegna vera, quella dell'anima. Scampanate e bastoni, uomini e anime al pascolo, presenze misteriose e suoni cupi, che vengono dal ventre del mondo, percorrono tutto lo spettacolo a ricordare la durezza di una terra magica senza paragoni. Tutto avviene in sottofondo, senza distogliere l'attenzione dello spettatore dalla trama.
C'è così tanta Sardegna che pullula tra le righe, da poterla amare senza averla mai vista né sperimentata.
Tutto è scritto col cuore, recitato con arte, condotto con un ritmo che non lascia mai spazio alla noia, messo in scena con una maestria assoluta. Poco si può aggiungere a commento, se non un sincero grazie, anche al direttore Carlo Bruni che questo spettacolo (unica data in Puglia) lo ha scelto e lo ha inserito in cartellone.
La bellezza pura del Macbettu è arrivata dritto al cuore di un teatro gremito. Anche di giovanissimi, per lo più felici di esserci e consapevoli di partecipare a qualcosa di raro, prezioso, senza tempo.
Uno, due, tre, dieci minuti ininterrotti di battimani, hanno concluso l'atto unico col fiato sospeso che la compagnia Teatropersona di Alessandro Serra – soli uomini come nella più pura tradizione elisabettiana - ha portato in scena omaggiando Shakespeare e la Sardegna insieme.
Lirica e ironica, fedelissima eppure estremamente traditrice, la riscrittura in sardo, ha il merito di rendere avanguardia quanto di più antico la tradizione ci tramanda: da un lato una lingua millenaria che è puro canto e in questo trova il segreto per non morire, dall'altro una letteratura che ha già superato tutte le mode.
Al centro una lezione che vale sempre: se l'ambizione umana può essere illimitata, le possibilità reali hanno un limite per tutti. E chi lo oltrepassa, per presunzione e volontà di potere, inevitabilmente cade.
Ma il Macbettu, nella suo aver perso ogni definizione temporale, ha reso Shakespeare il pretesto per fare anche altro. Sulla scena attori e regia hanno portato una sorta di sacro rituale, eco dei riti primordiali delle antiche civiltà nuragiche. Un inno di amore alla Sardegna vera, quella dell'anima. Scampanate e bastoni, uomini e anime al pascolo, presenze misteriose e suoni cupi, che vengono dal ventre del mondo, percorrono tutto lo spettacolo a ricordare la durezza di una terra magica senza paragoni. Tutto avviene in sottofondo, senza distogliere l'attenzione dello spettatore dalla trama.
C'è così tanta Sardegna che pullula tra le righe, da poterla amare senza averla mai vista né sperimentata.
Tutto è scritto col cuore, recitato con arte, condotto con un ritmo che non lascia mai spazio alla noia, messo in scena con una maestria assoluta. Poco si può aggiungere a commento, se non un sincero grazie, anche al direttore Carlo Bruni che questo spettacolo (unica data in Puglia) lo ha scelto e lo ha inserito in cartellone.
La bellezza pura del Macbettu è arrivata dritto al cuore di un teatro gremito. Anche di giovanissimi, per lo più felici di esserci e consapevoli di partecipare a qualcosa di raro, prezioso, senza tempo.