«Oltraggio alla memoria di Sergio Cosmai». In manette due agenti del carcere di Cosenza per concorso esterno in associazione mafiosa
La vedova del biscegliese, assassinato nel 1985: «Un'offesa gravissima e prevedibile»
giovedì 20 giugno 2019
10.44
L'accaduto ha assunto una rilevanza notevole anche a Bisceglie. La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e i Carabinieri hanno provveduto all'arresto di due agenti di polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Cosenza, un 53enne e 56enne, con la pesantissima accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
Secondo quanto spiegato dal procuratore del capoluogo calabrese, Nicola Gratteri, i due, in cambio di denaro, si sarebbero messi a disposizione delle consorterie mafiose, garantendo ai detenuti di poter continuare a intrattenere contatti con l'esterno, e in particolare, con i sodali liberi. Gli esponenti di rilievo di alcune cosche cosentine ("Lanzino-Rua'-Patitucci", "Rango-Zingari", "Bruni-Zingari") sarebbe stati collocati di proposito in celle con affaccio sulla strada di modo da permettere loro di impartire ordini all'esterno attraverso persone appostate sotto il carcere.
La ricostruzione degli inquirenti riguarda anche l'arrivo sottobanco di stupefacenti, alcolici, generi alimentari e tutto ciò che potesse servire a rendere più confortevole la detenzione, oltre che episodi abietti di rappresaglie (come l'incendio dell'auto) a danno degli agenti ligi al dovere o sgraditi.
L'impressione che il sacrificio di Cosmai, ucciso dalla 'ndrangheta in un vile agguato il 12 marzo di 34 anni fa, sia stato vano, è purtroppo radicata. Questa vicenda è un oltraggio alla sua memoria.
«Un'offesa gravissima e prevedibile» l'ha definita Tiziana Palazzo. «L'assassinio di mio marito fu una vendetta e un'intimidazione allo stesso tempo che, evidentemente, ha avuto i suoi effetti: lasciare lo stato nelle mani della 'ndrangheta, così com'era da sempre, forse. Un motivo in più per affermare con orgoglio il suo grande valore di Uomo. Ai pavidi e corrotti resti l'onta del disonore. Sergio Cosmai vive».
© riproduzione riservata
Secondo quanto spiegato dal procuratore del capoluogo calabrese, Nicola Gratteri, i due, in cambio di denaro, si sarebbero messi a disposizione delle consorterie mafiose, garantendo ai detenuti di poter continuare a intrattenere contatti con l'esterno, e in particolare, con i sodali liberi. Gli esponenti di rilievo di alcune cosche cosentine ("Lanzino-Rua'-Patitucci", "Rango-Zingari", "Bruni-Zingari") sarebbe stati collocati di proposito in celle con affaccio sulla strada di modo da permettere loro di impartire ordini all'esterno attraverso persone appostate sotto il carcere.
La ricostruzione degli inquirenti riguarda anche l'arrivo sottobanco di stupefacenti, alcolici, generi alimentari e tutto ciò che potesse servire a rendere più confortevole la detenzione, oltre che episodi abietti di rappresaglie (come l'incendio dell'auto) a danno degli agenti ligi al dovere o sgraditi.
L'impressione che il sacrificio di Cosmai, ucciso dalla 'ndrangheta in un vile agguato il 12 marzo di 34 anni fa, sia stato vano, è purtroppo radicata. Questa vicenda è un oltraggio alla sua memoria.
«Un'offesa gravissima e prevedibile» l'ha definita Tiziana Palazzo. «L'assassinio di mio marito fu una vendetta e un'intimidazione allo stesso tempo che, evidentemente, ha avuto i suoi effetti: lasciare lo stato nelle mani della 'ndrangheta, così com'era da sempre, forse. Un motivo in più per affermare con orgoglio il suo grande valore di Uomo. Ai pavidi e corrotti resti l'onta del disonore. Sergio Cosmai vive».
© riproduzione riservata