Non c'è pace per la famiglia della giovane salernitana morta a Bisceglie nel 2014
La madre di Maria Dorotea Di Sia: «Rubate uova pasquali sulla tomba di mia figlia»
mercoledì 4 aprile 2018
12.06
L'incidente stradale che le costò la vita il 13 maggio 2014 sconvolse i biscegliesi. L'Audi A6 con quattro persone a bordo si schiantò, probabilmente a causa dell'eccessiva velocità, contro il pilastro in muratura dell'ingresso di una villa in costruzione al civico 39 di via Tommaso Todisco, traversa di via Luigi Di Molfetta, sul lungomare. Per Maria Dorotea Di Sia, 26enne originaria di Sala Consilina, non ci fu nulla da fare mentre gli altri tre occupanti del mezzo rimasero seriamente feriti.
Il 30 giugno successivo i familiari della ragazza si videro recapitare, da parte del comune di Bisceglie, una raccomandata nella quale fu loro chiesto un rimborso di 650 euro per i servizi funerari, riguardanti il recupero della salma e il trasporto presso l'obitorio. L'indelicata missiva, resa pubblica dal fratello della ragazza, scatenò l'indignazione generale, al punto che l'allora sindaco Francesco Spina, ignaro della pretesa formulata dall'ufficio comunale, provvide a bloccare la richiesta comunicandolo ufficialmente il 4 settembre. Cinque giorni più tardi spuntò una seconda lettera da parte dell'ente e a quel punto lo stesso Spina intervenne assicurandosi di assumere gli oneri in prima persona, scusandosi ancora una volta con i congiunti della giovane.
La vicenda processuale è ancora in corso. Il conducente del mezzo incidentato è stato condannato a tre anni in primo grado ma i familiari di Maria Dorotea Di Sia considerano la pena troppo bassa sostenendo la circostanza aggravante rappresentata dall'assunzione di alcool e stupefacenti da parte dell'imputato prima di mettersi alla guida. Il padre della ragazza si è rivolto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella chiedendo che fosse fissata in tempi stretti la data del processo d'appello.
Durante le ultime festività pasquali una serie di episodi ha nuovamente turbato la memoria della giovane, cui sono stati dedicati eventi, concorsi fotografici e persino una società di pallacanestro: alcuni ovetti, posti sulla tomba del cimitero di Santa Marina da sua madre, sono stati rubati. «È una vergogna tutto questo. Volevo festeggiare la Pasqua vicino a mia figlia e dunque ho voluto portarle delle uova come segno per tre giorni consecutivi, visto che ogni volta venivano rubate» ha spiegato la donna.
Il 30 giugno successivo i familiari della ragazza si videro recapitare, da parte del comune di Bisceglie, una raccomandata nella quale fu loro chiesto un rimborso di 650 euro per i servizi funerari, riguardanti il recupero della salma e il trasporto presso l'obitorio. L'indelicata missiva, resa pubblica dal fratello della ragazza, scatenò l'indignazione generale, al punto che l'allora sindaco Francesco Spina, ignaro della pretesa formulata dall'ufficio comunale, provvide a bloccare la richiesta comunicandolo ufficialmente il 4 settembre. Cinque giorni più tardi spuntò una seconda lettera da parte dell'ente e a quel punto lo stesso Spina intervenne assicurandosi di assumere gli oneri in prima persona, scusandosi ancora una volta con i congiunti della giovane.
La vicenda processuale è ancora in corso. Il conducente del mezzo incidentato è stato condannato a tre anni in primo grado ma i familiari di Maria Dorotea Di Sia considerano la pena troppo bassa sostenendo la circostanza aggravante rappresentata dall'assunzione di alcool e stupefacenti da parte dell'imputato prima di mettersi alla guida. Il padre della ragazza si è rivolto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella chiedendo che fosse fissata in tempi stretti la data del processo d'appello.
Durante le ultime festività pasquali una serie di episodi ha nuovamente turbato la memoria della giovane, cui sono stati dedicati eventi, concorsi fotografici e persino una società di pallacanestro: alcuni ovetti, posti sulla tomba del cimitero di Santa Marina da sua madre, sono stati rubati. «È una vergogna tutto questo. Volevo festeggiare la Pasqua vicino a mia figlia e dunque ho voluto portarle delle uova come segno per tre giorni consecutivi, visto che ogni volta venivano rubate» ha spiegato la donna.