Segregazione patrimoniale, sentenza epocale in favore delle imprese
Nota di Riada Partners
domenica 25 marzo 2018
0.01
La recente pubblicazione della sentenza n° 626 del 26 febbraio 2018 da parte della Commissione Tributaria di Bari, chiamata per la prima volta ad esprimersi in tema di Trust, segue le ultime tendenze giurisprudenziali, andando dichiaratamente a smentire gli orientamenti interpretativi in precedenza manifestati in materia di imposizione indiretta degli atti di dotazione patrimoniale dei trust.
La sentenza offre l'occasione di approfondimento su un tema di estrema attualità quale quello della segregazione patrimoniale. La Commissione Tributaria Provinciale di Bari ha dovuto, nello specifico, dar ragione al ricorrente dottor Alessandro Ricchiuti, legale rappresentante della società tra professionisti Riada Partners stp srl, nonché trustee del trust Oniram, difeso dal team legale della Riada Partners rappresentato dagli avvocati Andrea Ricchiuti e Donato Ricchiuti, coadiuvati dal team fiscale rappresentato dalla dottoressa Marilia Dell'Olio, giudicando il comportamento dallo stesso posto in essere in tema di imposizione indiretta legalmente corretto.
Si tratta di una sentenza epocale che fa scuola sul territorio pugliese, che segna il passo verso una maggiore competenza dei professionisti locali, poiché ha introdotto il primo approfondimento tecnico professionale in tema di trust qui in Puglia dove si sta verificando un maggiore fermento alla logica del concetto di segregazione patrimoniale, secondo quel principio di miglioramento gestionale degli asset aziendali e personali.
La Riada Partners ha vinto sul campo la partita, a seguito di approfondimenti pluriennali in ambito di trust e di ricerca di soluzioni innovative per le esigenze sempre più complesse dell'attuale sistema economico–aziendale, al fine di creare valore e di dare agli imprenditori degli strumenti nuovi, in linea con i desiderata del nuovo modo di fare impresa.
Una battaglia culturale se vogliamo, caratterizzata da un circuito complessivo, sempre restio al cambiamento e all'accettazione di nuove sfide professionali.
Il trust è un istituto che, sviluppatosi nei sistemi giuridici di common law lontani della nostra tradizione giuridica, è imperniato sul concetto di proprietà «destinata» (incline a descrivere compiutamente il fenomeno di sdoppiamento della proprietà, in cui da un lato il trustee/custode è il proprietario formale dei beni o diritti, dall'altro la proprietà sostanziale spetta al beneficiario, cioè al soggetto nel cui interesse il bene deve essere utilizzato e a cui favore il bene deve essere funzionalizzato).
Il sistema impositivo italico, in cui i tributi (in primis, l'imposta sulle donazioni e l'imposta di registro, ovverosia le due imposte per eccellenza sui trasferimenti onerosi di ricchezza) sono invece strutturati secondo logiche applicative imperniate su mere modificazioni patrimoniali qualitative o quantitative connesse al «trasferimento in senso tecnico» e senza effetti ulteriori, ha opposto parecchie (anacronistiche ed inadeguate) resistenze prima di cogliere le peculiarità di un istituto così innovativo e così poliedrico.
In particolare, la sentenza della Commissione Tributaria in commento ha dichiarato perentoriamente:
- la estraneità del Trust di scopo alla sfera dell'imposta sulle successioni e donazioni, confutando senza rimedio la teoria Agenzia delle Entrate che si basa su una sorta di "arricchimento giuridico" dei beneficiari finali del TrustFund, tale da giustificare sin dal momento della costituzione l'applicazione dell'imposta;
- l'incapacità della «costituzione dei vincoli di destinazione» da sola a far scattare l'obbligazione tributaria, posto che essa deve necessariamente proiettarsi su un soggetto passivo che rientri nel novero descritto dall'art.5 del d.lgs. n.346/1990, nonché in considerazione di quanto statuito dall'art.2 co.49-50 del D.L. n.262/2006, e di una interpretazione dell'art.2 co.47 del D.L. n.262/2006 costituzionalmente orientata e conforme al principio di capacità contributiva di cui all'art.53 Cost. Per insegnamento della nota sentenza n.21614 del 26.10.2016 della Suprema Corte di Cassazione, con la con la novella del 2006 il legislatore ha voluto evitare che i trasferimenti di ricchezza realizzati mediante dei vincoli di destinazione potessero sfuggire al prelievo fiscale, non volendo, tuttavia, creare un tributo nuovo e diverso, slegato da ogni relazione con la "idonea capacità contributiva".
È bene ribadirlo, l'atto di istituzione di un Trust non genera alcun incremento patrimoniale e, non essendo indice di alcuna capacità contributiva, deve essere assoggettato ad imposta di registro in misura fissa: solo successivamente, quando i beni costituiti in Trust saranno effettivamente attribuiti ai beneficiari, sarà possibile applicare l'imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale.
La costituzione del Trust va considerata estranea al presupposto dell'imposta indiretta sui trasferimenti in misura proporzionale, sia essa l'imposta di registro sia essa l'imposta ipotecaria o l'imposta catastale, mancando l'elemento fondamentale dell'attribuzione definitiva dei beni al soggetto beneficiario. E, quanto alle imposte ipotecaria e catastale, l'atto soggetto a trascrizione, ma non produttivo di effetto traslativo in senso proprio (i.e., definitivo), postula l'applicazione di dette imposte in misura fissa.
È necessario anche avere quella determinazione nell'usare tali strumenti solo a beneficio della collettività e non quali stupide scappatoie all'inefficienza delle impresa o alla incapacità degli imprenditori di superare una crisi aziendale, poiché in questo modo si rischia unicamente l'indebolimento di tali strumenti.
A fronte di questo successo è necessario porre le basi affinché in misura sempre maggiore, sia la classe professionale che quella imprenditoriale, amplino le loro competenze in maniera costante e continua e proseguano quel cammino di "fiducia reciproca" (trust significa "fiducia"), affinché ognuno faccia la sua parte nell'ambito della risoluzioni di problematiche cogenti (passaggio generazionale, migliore gestione dei patrimoni, tutela dei soggetti familiari deboli).
La sentenza offre l'occasione di approfondimento su un tema di estrema attualità quale quello della segregazione patrimoniale. La Commissione Tributaria Provinciale di Bari ha dovuto, nello specifico, dar ragione al ricorrente dottor Alessandro Ricchiuti, legale rappresentante della società tra professionisti Riada Partners stp srl, nonché trustee del trust Oniram, difeso dal team legale della Riada Partners rappresentato dagli avvocati Andrea Ricchiuti e Donato Ricchiuti, coadiuvati dal team fiscale rappresentato dalla dottoressa Marilia Dell'Olio, giudicando il comportamento dallo stesso posto in essere in tema di imposizione indiretta legalmente corretto.
Si tratta di una sentenza epocale che fa scuola sul territorio pugliese, che segna il passo verso una maggiore competenza dei professionisti locali, poiché ha introdotto il primo approfondimento tecnico professionale in tema di trust qui in Puglia dove si sta verificando un maggiore fermento alla logica del concetto di segregazione patrimoniale, secondo quel principio di miglioramento gestionale degli asset aziendali e personali.
La Riada Partners ha vinto sul campo la partita, a seguito di approfondimenti pluriennali in ambito di trust e di ricerca di soluzioni innovative per le esigenze sempre più complesse dell'attuale sistema economico–aziendale, al fine di creare valore e di dare agli imprenditori degli strumenti nuovi, in linea con i desiderata del nuovo modo di fare impresa.
Una battaglia culturale se vogliamo, caratterizzata da un circuito complessivo, sempre restio al cambiamento e all'accettazione di nuove sfide professionali.
Il trust è un istituto che, sviluppatosi nei sistemi giuridici di common law lontani della nostra tradizione giuridica, è imperniato sul concetto di proprietà «destinata» (incline a descrivere compiutamente il fenomeno di sdoppiamento della proprietà, in cui da un lato il trustee/custode è il proprietario formale dei beni o diritti, dall'altro la proprietà sostanziale spetta al beneficiario, cioè al soggetto nel cui interesse il bene deve essere utilizzato e a cui favore il bene deve essere funzionalizzato).
Il sistema impositivo italico, in cui i tributi (in primis, l'imposta sulle donazioni e l'imposta di registro, ovverosia le due imposte per eccellenza sui trasferimenti onerosi di ricchezza) sono invece strutturati secondo logiche applicative imperniate su mere modificazioni patrimoniali qualitative o quantitative connesse al «trasferimento in senso tecnico» e senza effetti ulteriori, ha opposto parecchie (anacronistiche ed inadeguate) resistenze prima di cogliere le peculiarità di un istituto così innovativo e così poliedrico.
In particolare, la sentenza della Commissione Tributaria in commento ha dichiarato perentoriamente:
- la estraneità del Trust di scopo alla sfera dell'imposta sulle successioni e donazioni, confutando senza rimedio la teoria Agenzia delle Entrate che si basa su una sorta di "arricchimento giuridico" dei beneficiari finali del TrustFund, tale da giustificare sin dal momento della costituzione l'applicazione dell'imposta;
- l'incapacità della «costituzione dei vincoli di destinazione» da sola a far scattare l'obbligazione tributaria, posto che essa deve necessariamente proiettarsi su un soggetto passivo che rientri nel novero descritto dall'art.5 del d.lgs. n.346/1990, nonché in considerazione di quanto statuito dall'art.2 co.49-50 del D.L. n.262/2006, e di una interpretazione dell'art.2 co.47 del D.L. n.262/2006 costituzionalmente orientata e conforme al principio di capacità contributiva di cui all'art.53 Cost. Per insegnamento della nota sentenza n.21614 del 26.10.2016 della Suprema Corte di Cassazione, con la con la novella del 2006 il legislatore ha voluto evitare che i trasferimenti di ricchezza realizzati mediante dei vincoli di destinazione potessero sfuggire al prelievo fiscale, non volendo, tuttavia, creare un tributo nuovo e diverso, slegato da ogni relazione con la "idonea capacità contributiva".
È bene ribadirlo, l'atto di istituzione di un Trust non genera alcun incremento patrimoniale e, non essendo indice di alcuna capacità contributiva, deve essere assoggettato ad imposta di registro in misura fissa: solo successivamente, quando i beni costituiti in Trust saranno effettivamente attribuiti ai beneficiari, sarà possibile applicare l'imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale.
La costituzione del Trust va considerata estranea al presupposto dell'imposta indiretta sui trasferimenti in misura proporzionale, sia essa l'imposta di registro sia essa l'imposta ipotecaria o l'imposta catastale, mancando l'elemento fondamentale dell'attribuzione definitiva dei beni al soggetto beneficiario. E, quanto alle imposte ipotecaria e catastale, l'atto soggetto a trascrizione, ma non produttivo di effetto traslativo in senso proprio (i.e., definitivo), postula l'applicazione di dette imposte in misura fissa.
È necessario anche avere quella determinazione nell'usare tali strumenti solo a beneficio della collettività e non quali stupide scappatoie all'inefficienza delle impresa o alla incapacità degli imprenditori di superare una crisi aziendale, poiché in questo modo si rischia unicamente l'indebolimento di tali strumenti.
A fronte di questo successo è necessario porre le basi affinché in misura sempre maggiore, sia la classe professionale che quella imprenditoriale, amplino le loro competenze in maniera costante e continua e proseguano quel cammino di "fiducia reciproca" (trust significa "fiducia"), affinché ognuno faccia la sua parte nell'ambito della risoluzioni di problematiche cogenti (passaggio generazionale, migliore gestione dei patrimoni, tutela dei soggetti familiari deboli).