Spina decaduto ma non troppo

La maggioranza vota per la sussistenza della causa di incompatibilità del sindaco, che ha ancora tempo per rimuoverla. Dibattito aspro in consiglio comunale

mercoledì 26 luglio 2017 22.00
A cura di Vito Troilo
Il dato politico più rilevante della scontata pronuncia, da parte dei consiglieri comunali di maggioranza, in favore della causa di incompatibilità di Francesco Spina, è l'astensione di Luigi Di Tullio. L'esponente del gruppo "Il Pd che vogliamo" ha preso la parola per una dichiarazione di voto sull'ottavo punto all'ordine del giorno, annunciando l'intenzione di non esprimersi senza però lasciare l'aula.

Il lungo dibattito sulla questione è stato aperto dal primo cittadino, che ha riassunto la situazione inerente la procedura di contestazione secondo l'ex articolo 69 del Testo unico degli enti locali. In soldoni, Spina ha fatto causa al comune per riscuotere alcuni crediti relativi a cause legali con l'ente autodenunciando una sopraggiunta incompatibilità (il sindaco è anche un componente del consiglio comunale con tanto di diritto di voto). Le missive rivolte dall'avvocato Francesco Spina al comune, giunte al protocollo lo scorso 26 aprile, riguardano onorari per incarichi risalenti agli anni '90, per un importo complessivo stimato in circa 15 mila euro. L'atto di citazione in giudizio è pervenuto il 13 giugno, l'iscrizione in ruolo della procedura è avvenuta nove giorni più tardi.

Il presidente del consiglio Franco Napoletano ha illustrato l'iter, definendolo «un atto dovuto. Non è possibile non far emergere una incompatibilità verificata. È evidente che questo tipo di procedura porterà, qualora non si sanasse la causa, alla decadenza del solo sindaco mentre il consiglio comunale e la giunta, sebbene nominalmente sciolti, rimarrebbero in carica e l'amministrazione sarebbe guidata dal vicesindaco Vittorio Fata».

Spina si è preso tutti i dieci giorni previsti dalle normative per presentare una memoria. «Abbiamo pagato tante volte anche parcelle risalenti addirittura agli anni '80 ma questa volta si è deciso di non sospendere la prescrizione. Oggi ho un conflitto vero, perché voglio tornare, dopo questa sindacatura, a fare l'avvocato» ha dichiarato, non senza suscitare una certa sorpresa fra i presenti. «Dovendo ricominciare da zero, queste somme, che a molti possono sembrare nulla, mi sarebbero indispensabili. Mi auguro che tutte le valutazioni politiche, nel rispetto della mia privacy del sottoscritto, si facciano dopo la decisione del consiglio comunale».

Roberta Rigante, segretario cittadino di quel Partito Democratico di cui lo stesso sindaco è peraltro un componente dell'assemblea nazionale, ha desiderato separare l'aspetto puramente tecnico della vicenda dalle considerazioni politiche: «La pretesa di una parcella dovuta è assolutamente legittima» ha affermato il consigliere di minoranza, avvocato di professione. «Il comune non può sostituirsi ad un giudice nel valutare la prescrizione. Ci chiediamo però se questa pretesa creditoria possa avere a che fare con altre ambizioni. Lo dico perché mi rendo conto che i cittadini hanno capito poco dell'aspetto tecnico di questa vicenda, ma molto hanno intuito di quello che potesse esserci dietro la questione». Da un lato il riconoscimento di una «grande abilità politica», dall'altro il rischio, secondo Rigante, «di sacrificare la dignità del lavoro svolto in dodici anni di amministrazione» a una futura prospettiva personale del primo cittadino, che le ha replicato fuori microfono: «In tutto questo periodo non avete convocato una sola riunione del direttivo Pd».

Toni sempre più accesi, attenuati solo dal maestrale che ha fatto capolino nell'androne della sala di via Giulio Frisari. Duro Gianni Casella: «Sono cresciuto nel rispetto delle istituzioni. Rispetto per i cittadini, da parte di Francesco Spina, significherebbe ora mantenere l'impegno preso con tutti gli elettori a governare questa città fino a scadenza di mandato, fino a maggio 2018. Il sindaco ha ancora in tempo a rimuovere una causa di incompatibilità che ha creato e poi denunciato, se è vero che a questa città vuol continuare a dare tutto se stesso. Tra l'altro, fatti due conti in tasca, intentando la causa ricaverebbe meno che nel mantenere il suo posto fino a maggio, per il quale riceve un emolumento di circa 2700 euro netti al mese. È evidente: si tratta di una questione politica».

Apriti cielo. Enzo Di Pierro ha rotto l'abitudinario silenzio degli esponenti di maggioranza per definire quello di Spina «un atto di responsabilità, perché non dimettersi significa lasciare la città nelle mani di una giunta che ha saputo lavorare bene e con coscienza» evitando il commissariamento. Un intervento di chiara natura politica, chiuso con parole forti nei confronti di Casella e l'ennesima rievocazione dell'atto notarile del febbraio 2013. Napoletano non si è sottratto alla discussione, elevandone i contenuti politici: «Sebbene non ritenga l'atto elegante, questa decisione ha il pregio di accelerare processi politici in fase di stallo da troppo tempo». Chiaro il riferimento alle agognate primarie interne del centrosinistra, rilanciate e cavalcate dal sindaco in un successivo intervento rivolto a nuora Angarano perchè suocera Boccia intenda.

Senza esito la richiesta tattica, formulata proprio da Angelantonio Angarano, di un rinvio del punto all'ordine del giorno: «È un caso senza precedenti, siamo tutti impreparati. Perché non avviamo invece la procedura di negoziazione obbligatoria, prima di ricorrere ad un tribunale? Che fretta c'è?» si è chiesto retoricamente il capogruppo del Partito Democratico. Pierpaolo Pedone, seccamente, ha augurato buon lavoro a Vittorio Fata «perchè Spina ha già deciso di decadere per candidarsi in parlamento» ed è uscito dall'aula. Lo hanno seguito tutti gli altri esponenti delle opposizioni (Tonia Spina aveva già lasciato il suo posto), scegliendo di non partecipare al voto.

Il primo step verso la decadenza di Francesco Spina è passato col voto di 13 consiglieri di maggioranza (tutti tranne lo stesso sindaco, che si è allontanato e Di Tullio), le astensioni del presidente del consiglio Franco Napoletano e del rappresentante del gruppo "Il Pd che vogliamo" e il voto contrario di Luigi Cosmai.