Supplemento di inchiesta per la morte di un parà barese, coinvolto un 45enne di Bisceglie
L'uomo era indagato per omicidio colposo in concorso
venerdì 26 febbraio 2021
12.10
L'inchiesta sul tragico decesso del paracadutista barese Francesco Carone, avvenuto il 4 agosto 2019 nell'avio-superficie "Falcone" in località Gaudiano di Lavello, proseguirà. Il gip del Tribunale di Potenza, Antonello Amodeo, ha respinto la richiesta di archiviazione presentata dal pm e pertanto si procederà con un supplemento di indagini. La circostanza è stata accolta con soddisfazione dai congiunti di Carone - assistiti dall'avvocato Aldo Fornari e dallo studio Studio3A-Valore - che si erano opposti all'archiviazione.
Nel fascicolo aperto dalla Procura lucana risultavano coinvolti un 49enne di Filottrano (Ancona), fondatore e direttore della scuola di paracadutismo dell'associazione Fly Zone frequentata dalla vittima e che aveva organizzato l'attività a Lavello, istruttore e pilota del Cessna da cui si effettuavano i lanci; un 43enne di Grottazzolina (Fermo), istruttore di un corso che si era tenuto dal 13 al 16 giugno 2019 e al termine del quale fu rilasciato un brevetto a Carone; un 45enne biscegliese, direttore di lancio. L'ipotesi di reato contestata ai tre era di omicidio colposo in concorso.
L'obiettivo degli approfondimenti dell'inchiesta è accertare l'adeguatezza nella preparazione mpartita al paracadutista e l'idoneità della scuola frequentata.
Pareri differenti sono emersi nelle consulenze tecniche portate all'attenzione del Gip: secondo l'esperto della Procura (Gianluca Gaini, istruttore di paracadutismo e lancio) l'incidente sarebbe stato causato da una tragica serie di errori umani commessi da Carone, già parà della Folgore ma meno esperto della specialità dell'ala vincolata, che consiste in lanci da 1500 metri d'altezza con apertura automatica del paracadute tramite una fune di vincolo collegata all'aereo: aveva seguito il corso di giugno e il lancio del 4 agosto faceva parte dell'addestramento. In base a questa ricostruzione, la vela principale del paracadute non si sarebbe aperta a causa del passaggio nella gamba sinistra della funicella del comando di direzione posizionato sulla bretella destra, il che avrebbe comportato un'apertura asimmetrica della velatura principale che peraltro, essendo rimasta legata alla fune impigliata, avrebbe impedito l'azionamento del dispositivo di emergenza. Il perito ha quindi concluso che scuola, istruttore del corso e direttore di lancio (il biscegliese) avrebbero rispettato gli standard richiesti.
Di altro avviso le deduzioni affidate all'ingegner Pietro Pallotti: le sue valutazioni sulle responsabilità sono risultate ben diverse, in primis sulla presunta inadeguatezza della formazione impartita alla vittima dalla scuola Fly Zone durante il corso di preparazione all'attività lancistica, «sulla cui idoneità a preparare gli allievi, così come sulla condotta dei soggetti coinvolti che avrebbero potuto e dovuto impedite l'evento, non era stato compiuto alcun accertamento dalle indagini» hanno evidenziato dallo studio legale dei familiari di Carone.
Il Gip ha perciò sciolto la riserva assunta nell'udienza del 14 gennaio scorso, ritenendo doverosa la prosecuzione dell'inchiesta. Il pm avrà quindi altri sei mesi di tempo per condurre il supplemento d'indagine.
Nel fascicolo aperto dalla Procura lucana risultavano coinvolti un 49enne di Filottrano (Ancona), fondatore e direttore della scuola di paracadutismo dell'associazione Fly Zone frequentata dalla vittima e che aveva organizzato l'attività a Lavello, istruttore e pilota del Cessna da cui si effettuavano i lanci; un 43enne di Grottazzolina (Fermo), istruttore di un corso che si era tenuto dal 13 al 16 giugno 2019 e al termine del quale fu rilasciato un brevetto a Carone; un 45enne biscegliese, direttore di lancio. L'ipotesi di reato contestata ai tre era di omicidio colposo in concorso.
L'obiettivo degli approfondimenti dell'inchiesta è accertare l'adeguatezza nella preparazione mpartita al paracadutista e l'idoneità della scuola frequentata.
Pareri differenti sono emersi nelle consulenze tecniche portate all'attenzione del Gip: secondo l'esperto della Procura (Gianluca Gaini, istruttore di paracadutismo e lancio) l'incidente sarebbe stato causato da una tragica serie di errori umani commessi da Carone, già parà della Folgore ma meno esperto della specialità dell'ala vincolata, che consiste in lanci da 1500 metri d'altezza con apertura automatica del paracadute tramite una fune di vincolo collegata all'aereo: aveva seguito il corso di giugno e il lancio del 4 agosto faceva parte dell'addestramento. In base a questa ricostruzione, la vela principale del paracadute non si sarebbe aperta a causa del passaggio nella gamba sinistra della funicella del comando di direzione posizionato sulla bretella destra, il che avrebbe comportato un'apertura asimmetrica della velatura principale che peraltro, essendo rimasta legata alla fune impigliata, avrebbe impedito l'azionamento del dispositivo di emergenza. Il perito ha quindi concluso che scuola, istruttore del corso e direttore di lancio (il biscegliese) avrebbero rispettato gli standard richiesti.
Di altro avviso le deduzioni affidate all'ingegner Pietro Pallotti: le sue valutazioni sulle responsabilità sono risultate ben diverse, in primis sulla presunta inadeguatezza della formazione impartita alla vittima dalla scuola Fly Zone durante il corso di preparazione all'attività lancistica, «sulla cui idoneità a preparare gli allievi, così come sulla condotta dei soggetti coinvolti che avrebbero potuto e dovuto impedite l'evento, non era stato compiuto alcun accertamento dalle indagini» hanno evidenziato dallo studio legale dei familiari di Carone.
Il Gip ha perciò sciolto la riserva assunta nell'udienza del 14 gennaio scorso, ritenendo doverosa la prosecuzione dell'inchiesta. Il pm avrà quindi altri sei mesi di tempo per condurre il supplemento d'indagine.