“Un uomo di poche parole”: racconto dell’amicizia tra Lorenzo e Primo
Successo per la presentazione del nuovo libro di Carlo Greppi tenutasi martedì 7 maggio alle Vecchie Segherie Mastrototaro
mercoledì 8 maggio 2024
10.45
Due uomini vicini geograficamente ma profondamente distanti, Lorenzo Perrone e Primo Levi. Questa la storia che lo storico Carlo Greppi ha raccontato alle Vecchie Segherie Mastrototaro in occasione della presentazione biscegliese del suo nuovo libro "L'uomo di poche parole" tenutasi martedì 7 maggio e patrocinata da Anpi Bisceglie.
«Il primo sostantivo di Se questo è un uomo è proprio "fortuna". Lorenzo è stato la fortuna di Levi durante gli anni più difficili della sua vita - ha spiegato lo scrittore. - Sappiamo ad esempio che quando Levi andava a Fossano per incontrare Lorenzo chiamava la madre di Perrone "Mamma". Ciò ci restituisce un'immagine profondamente intima di questa amicizia. Nonostante il legame strettissimo tra i due, le lettere inviate da Lorenzo a Levi si aprono con saluti decisamente formali. Ciò che li legava e che ho cercato di restituire nel mio libro è anche questa profonda stima intellettuale».
Primo Levi sembra infatti intravedere in Lorenzo una figura salvifica e questo determina una sorta di epifania in un intellettuale apertamente ateo: «Lorenzo tiene vivi Primo e Umberto per tutto il tempo della loro permanenza nel campo di Auschwitz, dal febbraio 1944 fino al gennaio 1945. L'affetto che questa esperienza sortisce nei protagonisti del mio racconto li legherà anche dopo la liberazione. Si tratta di un'esperienza tutta umana che ha un carattere universale e che per questa ragione deve essere raccontata».
La presentazione moderata dalla prof.ssa Maria Bisceglie, è stata arricchita anche dalle letture a cura di Tania Mastrapasqua, classe 5'A del liceo scientifico "L. da Vinci" di Bisceglie.
Le battute finali della presentazione dedicate al valore del 25 aprile: «Ritengo, a discapito della mummificazione del fascismo che molti storici cercano di delimitare all'interno di una parentesi storica ben definita, che il discorso sia molto più complesso. È ovvio che le ideologie politiche mutano forme ma confido nella consapevolezza storica. Abbiamo bisogno di confrontarci con i giovani: l'oggi che ci troviamo a vivere è il risultato di un percorso che avremmo dovuto saper prevedere meglio».
«Il primo sostantivo di Se questo è un uomo è proprio "fortuna". Lorenzo è stato la fortuna di Levi durante gli anni più difficili della sua vita - ha spiegato lo scrittore. - Sappiamo ad esempio che quando Levi andava a Fossano per incontrare Lorenzo chiamava la madre di Perrone "Mamma". Ciò ci restituisce un'immagine profondamente intima di questa amicizia. Nonostante il legame strettissimo tra i due, le lettere inviate da Lorenzo a Levi si aprono con saluti decisamente formali. Ciò che li legava e che ho cercato di restituire nel mio libro è anche questa profonda stima intellettuale».
Primo Levi sembra infatti intravedere in Lorenzo una figura salvifica e questo determina una sorta di epifania in un intellettuale apertamente ateo: «Lorenzo tiene vivi Primo e Umberto per tutto il tempo della loro permanenza nel campo di Auschwitz, dal febbraio 1944 fino al gennaio 1945. L'affetto che questa esperienza sortisce nei protagonisti del mio racconto li legherà anche dopo la liberazione. Si tratta di un'esperienza tutta umana che ha un carattere universale e che per questa ragione deve essere raccontata».
La presentazione moderata dalla prof.ssa Maria Bisceglie, è stata arricchita anche dalle letture a cura di Tania Mastrapasqua, classe 5'A del liceo scientifico "L. da Vinci" di Bisceglie.
Le battute finali della presentazione dedicate al valore del 25 aprile: «Ritengo, a discapito della mummificazione del fascismo che molti storici cercano di delimitare all'interno di una parentesi storica ben definita, che il discorso sia molto più complesso. È ovvio che le ideologie politiche mutano forme ma confido nella consapevolezza storica. Abbiamo bisogno di confrontarci con i giovani: l'oggi che ci troviamo a vivere è il risultato di un percorso che avremmo dovuto saper prevedere meglio».