Vince un concorso letterario grazie al supporto di un'insegnante biscegliese

Il riscatto morale di Eniola Odutuga, premiata a Torino

martedì 4 giugno 2019
Eniola Odutuga, nigeriana, residente da qualche anno a Barletta, ha vinto il primo premio del concorso letterario nazionale Lingua Madre, giunto alla 14° edizione. Il riconoscimento le è stato consegnato il 13 maggio scorso nel corso del Salone Internazionale del Libro di Torino.

Fulcro del concorso testimoniare la ricchezza, la tensione conoscitiva ed espressiva delle donne straniere, utilizzando la nuova lingua d'arrivo (cioè l'italiano), abbinando una sezione speciale, dedicata alle donne italiane che vogliono farsi tramite di queste culture diverse. Eniola è stata affiancata da due insegnanti, la biscegliese Grazia Maria Porcelli e la molfettese Maddalena Gadaleta, che hanno fornito il loro supporto nella stesura dell'opera, intitolata "Tempesta dentro di me".

La vincitrice sarà inclusa di diritto in giuria nella prossima edizione e parteciperà alla pubblicazione del volume "Lingua Madre 2019" insieme ad altre storie selezionate.

«Colpiscono la crudezza nel linguaggio, il coraggio nell'azione, la forza nel vivere e la speranza nel credere, riportate sulla pagina in modo soave e naturale, con fanciullesca semplicità» hanno scritto gli organizzatori della rassegna nelle motivazioni del premio. «Un racconto di formazione in stile picaresco: le fughe, gli spostamenti, i rapporti con il mondo femminile, che non sempre appare migliore di quello maschile; la durezza della vita, il non arrendersi mai, l'incalzare di un nomadismo di esistenza che pare non trovare requie, se non nell'espressione del desiderio di una vita dignitosa, che alla fine si ricomponga con i propri figli in un paese che non si è scelto ma che è diventato in qualche modo casa. La scrittura incalzante, la tenuta stilistica, la dinamica delle azioni ben congegnata ne fanno una lettura appassionante».

Eniola Odutuga ha raccontato la sua brutta storia nella sua lingua d'adozione. Fuggì dalla Nigeria nel 2013: «L'uomo prodigo, buono e generoso si trasformò nell'esatto contrario, violenze e offese iniziarono ad abbattersi ogni giorno sulla mia già magmatica esistenza.

Resistetti due anni. Poi decisi di infliggere a mio figlio la stessa triste sorte che era toccata a me all'età di due anni. Un giorno lo portai da mia madre, finsi di dover uscire d'urgenza per una commissione e non tornai più».

La donna continua a sognare il ricongiungimento con quel figlio che porta nel cuore, a causa della sua fuga che dalla Nigeria alla Libia e poi nel 2016, in Italia dove nasce il suo secondogenito. La sua toccante testimonianza ritrae in pellicole indelebili di quella tempesta dentro, fatta di continue violenze psicologiche, che innescano in lei la forza di reagire e liberarsi da quelle catene per il suo diritto alla rinascita di una nuova vita, vissuta con rispetto e dignità.

L'incipit del suo racconto recita: «La mia è una brutta storia. Mi chiamo Eniola. Sono nata il tredici settembre millenovecentonovantadue a Ijebu Ode in Nigeria. Non avevo ancora due anni quel maledetto giorno in cui invano ho cercato la mia mamma, i contorni del suo volto, il suo profumo, il calore della sua voce. Non c'era più. Dissolta come bolla di sapone. Non avevo potuto seguirne la danza e intuirne la direzione. Non so perché mamma avesse deciso di allontanarsi dalla famiglia. Certamente non era felice con mio padre, che beveva come una spugna. Sono rimasta con mio padre, insieme a mia sorella e a mio fratello.
Volevo bene a mio padre».