Pantano - Ripalta: segnalate oltre trenta discariche
Giro nell'agro degli ambientalisti
lunedì 10 aprile 2017
11.31
iReport
Non hanno potuto che chiamarlo "disastro ambientale". Il biologo Mauro Sasso e i gestori della pagina facebook Pantano Ripalta non usano mezzi termini dopo quello che hanno visto e fotografato nella mattinata del 30 marzo: trenta discariche abusive concentrate in una piccola porzione del territorio biscegliese.
Nell'inventario dei rifiuti trovati nei pressi del Pantano ci finiscono buste dal contenuto non meglio identificato per un totale stimabile in 1000 sacchetti, amianto, elettrodomestici, mobili, vecchi giocattoli, residui di potature, pneumatici, laterizi, fusti di materiale chimico, indumenti, polvere di materiale di incerta natura.
Il reportage fotografico è stato realizzato dai volontari ambientalisti in un'ora appena, il che significa che una ispezione più accurata avrebbe amplificato i risultati. Le strade a bordo delle quali la spazzatura sembra autoriprodursi e proliferare sono tante. Tra quelle prese in considerazione dai volontari, ci sono tutte le complanari della SS16, nei tunnel, via lama di Macina, via Salandra, via Pantano e Via Terlizzi.
Moltiplicando il dato all'intera la zona ispezionabile sul litorale di Levante, la stima è di cento microdiscariche e cinquemila sacchetti. Ovvero tonnellate di spazzatura.
Il dato è ancora più preoccupante se lo si paragona a quelli raccolti dieci anni fa dal Wwf con le stesse modalità di intervento: le occasioni e i luoghi di abbandono, in due lustri, sono più che raddoppiati.
La situazione è sfuggita del tutto di mano anche lungo la pista ciclopedonale che costeggia la falesia: distruttura e ridotta ad accumulo di legna, come del resto già previsto dagli ambientalisti, è oggi fruibile solo dalle automobili che non dovrebbero mai metterci piede. E che, come in foto, si ripresentano puntuali a godere comodamente del paesaggio
Nell'inventario dei rifiuti trovati nei pressi del Pantano ci finiscono buste dal contenuto non meglio identificato per un totale stimabile in 1000 sacchetti, amianto, elettrodomestici, mobili, vecchi giocattoli, residui di potature, pneumatici, laterizi, fusti di materiale chimico, indumenti, polvere di materiale di incerta natura.
Il reportage fotografico è stato realizzato dai volontari ambientalisti in un'ora appena, il che significa che una ispezione più accurata avrebbe amplificato i risultati. Le strade a bordo delle quali la spazzatura sembra autoriprodursi e proliferare sono tante. Tra quelle prese in considerazione dai volontari, ci sono tutte le complanari della SS16, nei tunnel, via lama di Macina, via Salandra, via Pantano e Via Terlizzi.
Moltiplicando il dato all'intera la zona ispezionabile sul litorale di Levante, la stima è di cento microdiscariche e cinquemila sacchetti. Ovvero tonnellate di spazzatura.
Il dato è ancora più preoccupante se lo si paragona a quelli raccolti dieci anni fa dal Wwf con le stesse modalità di intervento: le occasioni e i luoghi di abbandono, in due lustri, sono più che raddoppiati.
La situazione è sfuggita del tutto di mano anche lungo la pista ciclopedonale che costeggia la falesia: distruttura e ridotta ad accumulo di legna, come del resto già previsto dagli ambientalisti, è oggi fruibile solo dalle automobili che non dovrebbero mai metterci piede. E che, come in foto, si ripresentano puntuali a godere comodamente del paesaggio