Politica
Accoltellamento a Bisceglie, le reazioni della politica
Le parole degli esponenti locali dei vari partiti e movimenti
Bisceglie - lunedì 8 novembre 2021
16.30
Il ferimento del 26enne barese A. F. al culmine di una discussione all'interno della discoteca DF ha suscitato profondo sgomento nel tessuto sociale biscegliese e del territorio. Diversi esponenti politici locali sono intervenuti per esprimere i loro stati d'animo e i punti di vista riguardo alla vicenda, alle sue cause, alle ripercussioni e alle azioni che potrebbero e dovrebbero essere intraprese al fine di scongiurare il rischio di episodi simili o, peggio, preoccupanti tentativi di emulazione.
«I tremendi fatti di domenica, a pochissime ore dall'analogo avvenimento di Barletta nel quale il giovane accoltellato purtroppo è morto, mi spingono da padre di famiglia a non rimanere fermo ed immobile» ha commentato Vittorio Fata. «Abbiamo il dovere, come istituzioni di adoperarci tutti per aumentare il controllo e diffondere la cultura della legalità e della civile convivenza. Offro la mia disponibilità fin da subito a trovare soluzioni e rivolgo un appello ai giovani: mai più gesti simili! Portano dolore e sofferenza inutile ed immane: così vi rovinate la vita!».
Per Tonia Spina «Siamo di fronte ad un problema sociale molto serio che va affrontato da parte di tutte le istituzioni coinvolte e non strumentalizzato per futili motivi. Scuola, famiglia, forze dell'ordine ed istituzioni dovrebbero fare il punto della situazione e porre in atto misure contenitive del disagio sociale.
Mi hanno sconcertata le immagini del ragazzo ferito e dell'uomo riverso sui binari che circolano sul web e rappresentano la prova lampante dello scarso senso civico e del costume di rendere brutalmente pubblici questi avvenimenti».
Enrico Capurso: «É chiaro che dopo l'ennesimo episodio di violenza che tocca la nostra città, i proclami non bastano più.
È tempo di una ribellione collettiva contro i soprusi e l'illegalità.
È tempo del decisionismo, di controlli serrati, di un aumento del numero di forze dell'ordine, di battere i pugni in prefettura e regione.
Di avere più gente per strada e meno negli uffici. Di verificare in modo capillare se vengono rispettate le norme anticontagio e quelle relative alle capienze delle discoteche.
Non si può più essere permissivi.
Nel frattempo ai giovani va data una alternativa e va ricostruito un intero tessuto sociale con una operazione (non solo cittadina ovviamente) che forse durerà decenni, ma che deve puntare ad una modifica degli usi e del linguaggio e del nostro modo di approcciarsi al prossimo.
Le scazzottate tra ragazzi esistevano ed esisteranno. Ma qui stiamo andando molto oltre. Figli come siamo ormai dell'individualismo e del menefreghismo ai danni del prossimo».
Giorgia Preziosa: «Ancora una volta, a distanza di pochi giorni, un atto di violenza. Ma che comunità siamo diventati? È necessario che avvenga altro prima di prendere coscienza che la nostra città è sede di atti criminosi continui? Non è concepibile che si possa andare in giro armati e scatenare atti di violenza.
La presenza e l'azione sul territorio sono importanti. Forse una collaborazione tra politica, associazioni e singoli cittadini porterebbe ad ottimi risultati.
Un tavolo tecnico di concertazione realmente operativo porterebbe ad ottimi risultati.
Da consigliere comunale di questa città chiederò insieme al mio gruppo Nelmodogiusto che questo tavolo tecnico finalmente si riunisca ma con assunzione di vere iniziative atte a produrre risultati».
Roberta Rigante: «Possiamo discutere quanto vogliamo, cercando il colpevole sempre negli altri: la scuola, le istituzioni, i controlli... Invece, la colpa è nostra, di tutti, e della nostra incapacità di essere innanzitutto esempio.
Perché pure quando sproloquiamo sui social, quando non diciamo grazie al cameriere che ci toglie il piatto, quando non ci fermiamo alle strisce pedonali, quando urliamo "statevene a casa vostra" ai ragazzi che arrivano dal mare, quando non aspettiamo il nostro turno in posta, pure quando facciamo tutto questo e molto di più, non stiamo insegnando ai nostri figli il rispetto, delle regole e delle persone. Poi non cadiamo dal pero quando accadono queste cose».
Gianni Naglieri: «Da genitore mi sento molto preoccupato. Cosa sta accadendo ai nostri ragazzi? Cosa li porta a manifestare queste forme di estrema aggressività e violenza? Qualche giorno fa è accaduto a Barletta nei pressi di un locale, domenica a Bisceglie in un locale da divertimento. Già, divertimento e non locale da odio. Siamo di fronte ad un fenomeno antropologico che va affrontato con un approccio di sistema. Le mezze misure, i deterrenti, l'inasprimento dei controlli ed altro ancora, non saranno mai efficaci quanto l'assunzione di una nuova consapevolezza legata alla protezione e alla valorizzazione del bene comune. Abbiamo bisogno di esempi e modelli positivi, di realtà e certezze negli ambienti famigliari e sociali, di parole buone. Bisogna mettere al bando l'odio. Mi auguro che la vittima della feroce aggressione si riprenda quanto prima e che l'autore del folle gesto si costituisca alle autorità di polizia».
«I tremendi fatti di domenica, a pochissime ore dall'analogo avvenimento di Barletta nel quale il giovane accoltellato purtroppo è morto, mi spingono da padre di famiglia a non rimanere fermo ed immobile» ha commentato Vittorio Fata. «Abbiamo il dovere, come istituzioni di adoperarci tutti per aumentare il controllo e diffondere la cultura della legalità e della civile convivenza. Offro la mia disponibilità fin da subito a trovare soluzioni e rivolgo un appello ai giovani: mai più gesti simili! Portano dolore e sofferenza inutile ed immane: così vi rovinate la vita!».
Per Tonia Spina «Siamo di fronte ad un problema sociale molto serio che va affrontato da parte di tutte le istituzioni coinvolte e non strumentalizzato per futili motivi. Scuola, famiglia, forze dell'ordine ed istituzioni dovrebbero fare il punto della situazione e porre in atto misure contenitive del disagio sociale.
Mi hanno sconcertata le immagini del ragazzo ferito e dell'uomo riverso sui binari che circolano sul web e rappresentano la prova lampante dello scarso senso civico e del costume di rendere brutalmente pubblici questi avvenimenti».
Enrico Capurso: «É chiaro che dopo l'ennesimo episodio di violenza che tocca la nostra città, i proclami non bastano più.
È tempo di una ribellione collettiva contro i soprusi e l'illegalità.
È tempo del decisionismo, di controlli serrati, di un aumento del numero di forze dell'ordine, di battere i pugni in prefettura e regione.
Di avere più gente per strada e meno negli uffici. Di verificare in modo capillare se vengono rispettate le norme anticontagio e quelle relative alle capienze delle discoteche.
Non si può più essere permissivi.
Nel frattempo ai giovani va data una alternativa e va ricostruito un intero tessuto sociale con una operazione (non solo cittadina ovviamente) che forse durerà decenni, ma che deve puntare ad una modifica degli usi e del linguaggio e del nostro modo di approcciarsi al prossimo.
Le scazzottate tra ragazzi esistevano ed esisteranno. Ma qui stiamo andando molto oltre. Figli come siamo ormai dell'individualismo e del menefreghismo ai danni del prossimo».
Giorgia Preziosa: «Ancora una volta, a distanza di pochi giorni, un atto di violenza. Ma che comunità siamo diventati? È necessario che avvenga altro prima di prendere coscienza che la nostra città è sede di atti criminosi continui? Non è concepibile che si possa andare in giro armati e scatenare atti di violenza.
La presenza e l'azione sul territorio sono importanti. Forse una collaborazione tra politica, associazioni e singoli cittadini porterebbe ad ottimi risultati.
Un tavolo tecnico di concertazione realmente operativo porterebbe ad ottimi risultati.
Da consigliere comunale di questa città chiederò insieme al mio gruppo Nelmodogiusto che questo tavolo tecnico finalmente si riunisca ma con assunzione di vere iniziative atte a produrre risultati».
Roberta Rigante: «Possiamo discutere quanto vogliamo, cercando il colpevole sempre negli altri: la scuola, le istituzioni, i controlli... Invece, la colpa è nostra, di tutti, e della nostra incapacità di essere innanzitutto esempio.
Perché pure quando sproloquiamo sui social, quando non diciamo grazie al cameriere che ci toglie il piatto, quando non ci fermiamo alle strisce pedonali, quando urliamo "statevene a casa vostra" ai ragazzi che arrivano dal mare, quando non aspettiamo il nostro turno in posta, pure quando facciamo tutto questo e molto di più, non stiamo insegnando ai nostri figli il rispetto, delle regole e delle persone. Poi non cadiamo dal pero quando accadono queste cose».
Gianni Naglieri: «Da genitore mi sento molto preoccupato. Cosa sta accadendo ai nostri ragazzi? Cosa li porta a manifestare queste forme di estrema aggressività e violenza? Qualche giorno fa è accaduto a Barletta nei pressi di un locale, domenica a Bisceglie in un locale da divertimento. Già, divertimento e non locale da odio. Siamo di fronte ad un fenomeno antropologico che va affrontato con un approccio di sistema. Le mezze misure, i deterrenti, l'inasprimento dei controlli ed altro ancora, non saranno mai efficaci quanto l'assunzione di una nuova consapevolezza legata alla protezione e alla valorizzazione del bene comune. Abbiamo bisogno di esempi e modelli positivi, di realtà e certezze negli ambienti famigliari e sociali, di parole buone. Bisogna mettere al bando l'odio. Mi auguro che la vittima della feroce aggressione si riprenda quanto prima e che l'autore del folle gesto si costituisca alle autorità di polizia».