Politica
Backstage di una sconfitta
L'analisi autocritica di Angelica Curci, cofondatrice del Pd
Bisceglie - lunedì 2 luglio 2018
16.38
A poche ore dalla chiusure delle liste elettorali eravamo solo in tre ad aver manifestato la volontà di candidarci nella lista del Partito Democratico. Un fallimento profondo. Si concretizzava sempre più in me la consapevolezza che tutti coloro che in quel momento ci circondavano, non condividevano la nostra stessa storia ma soprattutto il nostro stesso progetto politico ed amministrativo.
Alla mia dichiarazione «Senza una lista del Partito Democratico la mia candidatura non ha senso di esistere», la risposta è stata una: «Il PD di Bisceglie oggi non ha i numeri per poter correre dignitosamente questa campagna elettorale. Su chi ricadrà la responsabilità del fallimento del PD il giorno dopo la conta elettorale? Non possiamo fare questa figura». Una scelta che condanna il Pd biscegliese ad essere forza extraconsiliare.
Avremmo potuto scegliere di esserci raggiungendo un risultato, magari non entusiasmante, ma sarebbe stato il nostro, solo nostro e di nessun signorotto della politica, abituato ad utilizzare uomini e partiti come un taxi qualunque, con un'unica destinazione: il consiglio comunale per amministrare (i ruoli, i mezzi, gli uomini e le vittime non hanno importanza).
Quindi sì, loro avevano una tessera del Pd in tasca ma non sentivano di appartenere a quello che per me dal 2007 in poi ha rappresentato il sogno riformista del centro-sinistra italiano. In quelle ore valevano solo i numeri ed ognuno era già pronto con una lista ed un biglietto in mano a partire verso nuove mete.
Si può avere la maggioranza nel direttivo, in assemblea ma l'appartenenza è un'altra cosa.
In quel momento non avevamo un segretario pronto a metterci la faccia, pronto a rischiare tutto pur di ottenere il simbolo del Partito Democratico e costruire orgogliosamente una lista. Avremmo dovuto insistere opponendoci all'idea che non rischiare era la scelta migliore per la reputazione del PD.
Oggi siamo il partito dello 0%, non avendo preso neanche un voto e non avendo raccontato nulla del nostro progetto per la città di Bisceglie.
La sfida è aperta: chi sarà disposto a ricostruire le sorti del Partito Democratico che oggi è costretto a ripartire da 0? Il partito che per me è oggi l'unica alternativa possibile al civismo esasperato, che ha contraddistinto questa campagna elettorale, e al razzismo xenofobo leghista.
Io ci sto. Non vado via. Non giro i tacchi sbattendo la porta perché non ho ottenuto ciò che volevo.
Io resto e come sempre combatterò i processi dall'interno. Si sbaglia, ma umilmente si possono riconoscere gli errori e trasformarli in strumenti utili per ripartire. Ripartire dalla bella immagine dell'Italia che vince nella staffetta 4x400 e che rappresenta tutti i colori della bellezza della diversità del Bel Paese. Ripartire dal Pride di Pompei perché la conquista dei diritti umani non può concedere passi indietro, c'è spazio solo per migliorare. Ripartire dai produttori e dalle loro organizzazioni che sono il motore dell'economia del nostro Paese.
Io ci sono e non smetterò mai di credere nel progetto del 2007 e nel sogno concreto che un Partito Democratico, europeista è possibile!
Alla mia dichiarazione «Senza una lista del Partito Democratico la mia candidatura non ha senso di esistere», la risposta è stata una: «Il PD di Bisceglie oggi non ha i numeri per poter correre dignitosamente questa campagna elettorale. Su chi ricadrà la responsabilità del fallimento del PD il giorno dopo la conta elettorale? Non possiamo fare questa figura». Una scelta che condanna il Pd biscegliese ad essere forza extraconsiliare.
Avremmo potuto scegliere di esserci raggiungendo un risultato, magari non entusiasmante, ma sarebbe stato il nostro, solo nostro e di nessun signorotto della politica, abituato ad utilizzare uomini e partiti come un taxi qualunque, con un'unica destinazione: il consiglio comunale per amministrare (i ruoli, i mezzi, gli uomini e le vittime non hanno importanza).
Quindi sì, loro avevano una tessera del Pd in tasca ma non sentivano di appartenere a quello che per me dal 2007 in poi ha rappresentato il sogno riformista del centro-sinistra italiano. In quelle ore valevano solo i numeri ed ognuno era già pronto con una lista ed un biglietto in mano a partire verso nuove mete.
Si può avere la maggioranza nel direttivo, in assemblea ma l'appartenenza è un'altra cosa.
In quel momento non avevamo un segretario pronto a metterci la faccia, pronto a rischiare tutto pur di ottenere il simbolo del Partito Democratico e costruire orgogliosamente una lista. Avremmo dovuto insistere opponendoci all'idea che non rischiare era la scelta migliore per la reputazione del PD.
Oggi siamo il partito dello 0%, non avendo preso neanche un voto e non avendo raccontato nulla del nostro progetto per la città di Bisceglie.
La sfida è aperta: chi sarà disposto a ricostruire le sorti del Partito Democratico che oggi è costretto a ripartire da 0? Il partito che per me è oggi l'unica alternativa possibile al civismo esasperato, che ha contraddistinto questa campagna elettorale, e al razzismo xenofobo leghista.
Io ci sto. Non vado via. Non giro i tacchi sbattendo la porta perché non ho ottenuto ciò che volevo.
Io resto e come sempre combatterò i processi dall'interno. Si sbaglia, ma umilmente si possono riconoscere gli errori e trasformarli in strumenti utili per ripartire. Ripartire dalla bella immagine dell'Italia che vince nella staffetta 4x400 e che rappresenta tutti i colori della bellezza della diversità del Bel Paese. Ripartire dal Pride di Pompei perché la conquista dei diritti umani non può concedere passi indietro, c'è spazio solo per migliorare. Ripartire dai produttori e dalle loro organizzazioni che sono il motore dell'economia del nostro Paese.
Io ci sono e non smetterò mai di credere nel progetto del 2007 e nel sogno concreto che un Partito Democratico, europeista è possibile!