Cronaca
Caso Masseria San Felice, nuova inchiesta a Lecce
L'imprenditore barlettano Dimiccoli avrebbe ricevuto la richiesta di una tangente da 350 mila euro in favore dell'ex pm di Trani Savasta
Puglia - martedì 16 febbraio 2021
19.08
La Procura di Lecce ha aperto un'inchiesta in merito alle vicissitudini societarie di Masseria San Felice, la struttura nell'agro di Bisceglie che fu trasformata in un resort di pregio e sulla quale si erano già concentrate le attenzioni della giustizia civile e penale.
Secondo quanto ipotizzato in questa nuova indagine, l'ex pubblico ministero della Procura di Trani Antonio Savasta (già condannato a 10 anni in primo grado per corruzione in atti giudiziari e di fatto ai domiciliari da quasi due anni) avrebbe chiesto - tramite terzi - una mazzetta da 350mila euro all'imprenditore barlettano Giuseppe Dimiccoli, ex socio nella gestione del resort biscegliese e suo accusatore in più circostanze. Un precedente processo si è concluso con una lieve condanna di Savasta a due mesi per falso mentre altri procedimenti sono terminati con archiviazioni e assoluzioni del magistrato.
Una vicenda intricata, originata da un'istanza di fallimento presentata dall'intermediario barlettano Raffaele Ziri nei confronti del maglificio di proprietà del Dimiccoli in ragione di un credito non pagato. La tesi della Procura salentina e del pm Roberta Licci è l'intenzione, da parte di Savasta (secondo la ricostruzione dei fatti in quel momento già denunciato per le dinamiche di Masseria San Felice), di danneggiare Dimiccoli attraverso le denunce di Ziri, che aveva venduto un appartamento al fratello del giudice, Maurizio Savasta. Coinvolto anche un avvocato, Dimitri Russo, in passato difensore dello stesso Dimiccoli, che in base a quanto sostenuto dalla Procura leccese avrebbe cercato di indurre il suo cliente a un accordo su Masseria San Felice o in alternativa al pagamento di una tangente di 350 mila euro. L'imprenditore ha quindi riferito tutto ai Carabinieri di Lecce, consegnando loro anche la registrazione di un colloquio con l'avvocato.
Secondo quanto ipotizzato in questa nuova indagine, l'ex pubblico ministero della Procura di Trani Antonio Savasta (già condannato a 10 anni in primo grado per corruzione in atti giudiziari e di fatto ai domiciliari da quasi due anni) avrebbe chiesto - tramite terzi - una mazzetta da 350mila euro all'imprenditore barlettano Giuseppe Dimiccoli, ex socio nella gestione del resort biscegliese e suo accusatore in più circostanze. Un precedente processo si è concluso con una lieve condanna di Savasta a due mesi per falso mentre altri procedimenti sono terminati con archiviazioni e assoluzioni del magistrato.
Una vicenda intricata, originata da un'istanza di fallimento presentata dall'intermediario barlettano Raffaele Ziri nei confronti del maglificio di proprietà del Dimiccoli in ragione di un credito non pagato. La tesi della Procura salentina e del pm Roberta Licci è l'intenzione, da parte di Savasta (secondo la ricostruzione dei fatti in quel momento già denunciato per le dinamiche di Masseria San Felice), di danneggiare Dimiccoli attraverso le denunce di Ziri, che aveva venduto un appartamento al fratello del giudice, Maurizio Savasta. Coinvolto anche un avvocato, Dimitri Russo, in passato difensore dello stesso Dimiccoli, che in base a quanto sostenuto dalla Procura leccese avrebbe cercato di indurre il suo cliente a un accordo su Masseria San Felice o in alternativa al pagamento di una tangente di 350 mila euro. L'imprenditore ha quindi riferito tutto ai Carabinieri di Lecce, consegnando loro anche la registrazione di un colloquio con l'avvocato.