Economia e lavoro
Cerasicoltura a Bisceglie, quale futuro?
Gianni Porcelli, vicedirettore Confagricoltura Bari, propone un "Progetto ciliegia"
Bisceglie - lunedì 20 giugno 2022
8.24
Il biscegliese Gianni Porcelli, vicedirettore dell'organizzazione Confagricoltura di Bari, ha affidato alcune considerazioni personali al dibattito pubblico riguardo la situazione del comparto cerasicolo nel territorio.
Siamo in dirittura d'arrivo per la stagione cerasicola 2022 e, forse, è il momento di tirare qualche somma, con alcune premesse.
Nessuno, men che mai il sottoscritto, ha la bacchetta magica per risolvere una situazione che, a mio modesto parere, ha assunto una piega quasi irreversibile.
Spero in queste righe di mantenere l'umiltà per rappresentare la situazione senza pretendere di dettare soluzioni ma solo con l'augurio di proporre qualche idea costruttiva.
Una certezza vorrei trasferirla nel grande rispetto che spero di trasmettere nei confronti degli operatori del settore che fanno agricoltura. Sono loro i veri eroi del momento, continuando a tenere tempi di lavoro ed orari assurdi, presidiando l'agro, conservando l'ambiente e restituendoci una speranza di sussistenza economica. A tutti loro va il mio grazie.
Qual è il contesto nel quale ci stiamo muovendo?
Questi ultimi anni ci restituiscono la fotografia di un prodotto che spunta prezzi dignitosi fino al massimo a fine maggio, poi ha inizio la parabola discendente con prezzi che non arrivano a remunerare nemmeno i costi di produzione: quest'anno si è raggiunto l'assurdo che parecchio prodotto rimarrà non raccolto. È la sconfitta anche della speranza!
È una situazione che ormai è strutturale e, quindi, bisognerebbe pensare a soluzioni altrettanto strutturali.
Tutte le soluzioni sono da prendere in considerazione, tutte le proposte hanno un senso: è logico, però, che bisogna pensare ad un percorso di ristrutturazione del settore nel medio termine, con pazienza, con risultati che la nostra generazione probabilmente non vedrà ma con la lungimiranza di chi deve guardare al futuro lontano del nostro territorio.
Oggi abbiamo fra le mani un oro rosso dal colore un attimo sbiadito, senza un intervento deciso il rischio che la cerasicoltura scompaia è dietro l'angolo.
A mio parere è il momento di pensare ad un Progetto ciliegia per il nostro territorio che tocchi tutti i segmenti della filiera: dalle politiche di valorizzazione, a quelle di tutela, alla lavorazione e commercializzazione, al mercato pubblico ed alla produzione.
Sembra un percorso inverso, ma ho iniziato proprio dalla parte di valorizzazione e tutela che rappresenta, a mio parere, il grande punto di debolezza.
Il mercato restituisce una fotografia perfetta di questa debolezza. Oggi, a parità di calibro e di qualità, il prodotto marchiato Vignola sconta un prezzo di vendita mediamente superiore di 1 - 1.50 euro rispetto a quello delle nostre ciliegie. Del resto se così non fosse, il marketing non avrebbe un senso ed un capo di marca affermata avrebbe stesso valore di uno senza marchio o di marchio sconosciuto.
Ci avevamo anche provato: forse è giusto fare un po' di storia. Nel 2003 venne costituito il Consorzio della ciliegia e della frutta tipica di Bisceglie, con uno statuto speculare a quello del Consorzio di Vignola (che esiste dal 1965) e con l'obiettivo di ripercorrere quanto realizzato negli anni in Emilia-Romagna. Con grandi difficoltà, con scontri fra le parti, con incomprensioni giornaliere, si riuscì a partire, si realizzò l'imballaggio a marchio, si attivarono i controlli, si iniziò a viaggiare su un marchio unico, fornendo anche alcune piccole regole al mercato pubblico e lanciando una forma di asta trasparente ed innovativa. Poi le dinamiche culturali (naturalmente sempre a mio parere) bloccarono il percorso: probabilmente non eravamo ancora pronti.
In questi anni i risultati non sono stati molto confortanti. Nel 2003, oltre ai produttori, furono 13 aziende di commercializzazione a sottoscrivere l'atto di costituzione del consorzio: di quelle aziende commercializzazione, oggi ne sopravvivono pochissime; gli attuali acquirenti di ciliegie a Bisceglie sono in maggioranza "magazzini" che comprano per commercianti che non operano nella nostra zona. Questa, purtroppo, è stata l'evoluzione del comparto negli ultimi 20 anni.
Qual è stata la mia colpa da soggetto trainante dell'idea? Non aver insistito fino allo sfinimento. Se si è convinti di un percorso bisogna insistere fino in fondo e ad ogni costo.
Forse, però, 20 anni non sono passati invano e bisognerebbe ripartire con un Progetto ciliegia per Bisceglie e per la zona nord barese (forse anche pugliese). Un progetto nel quale siano coinvolti tutti coloro che possono dare un apporto costruttivo alla vicenda, con edificante umiltà. Io stesso posso non essere attore e coinvolto in queste politiche di rilancio: se ho concorso al fallimento di un progetto, pur avendoci provato, è giusto che stia fuori.
Mi permetto di indicare quelle cose alcune mie idee sui capitoli essenziali del Progetto ciliegia
Preventivamente andrebbe fatta una seria indagine di mercato per conoscere quali sono le reali esigenze del consumatore medio nel mondo. Siamo proprio convinti che il consumatore gradisca un prodotto chiaro (come quello che normalmente raccogliamo e non uno scuro e ben maturo)? Conosciamo quali sono le caratteristiche organolettiche che il consumatore gradisce? Sappiamo quale è l'orientamento del consumatore rispetto ai metodi di coltivazione (agricoltura biologica, agricoltura integrata ecc)? Conosciamo le scelte di acquisto del consumatore rispetto alle varietà?
Nel segmento della lavorazione e commercializzazione vi è anche quello della trasformazione. Importantissimo promuovere, come giustamente qualcuno anche di parte pubblica sta indicando, aziende agroalimentari che introducano il business della trasformazione delle ciliegie: sgombriamo, però, il campo da eventuali equivoci; alla trasformazione non può andare il prodotto scartato dalla lavorazione del fresco.
Più in generale andrebbe affrontata seriamente, non solo per il ciliegio, la dinamica dei rapporti con la GDO in modo da renderla decisamente più trasparente a vantaggio della produzione che costituisce l'anello debole e meno remunerato della filiera. Il sistema delle OP probabilmente andrebbe rafforzato con livelli superiori che possano creare massa critica importante nei confronti della GDO.
Queste alcune personalissime e, probabilmente sbagliatissime idee senza alcuna pretesa e senza nessuna presunzione. La certezza, come già detto, è quella che per salvare il settore cerasicolo bisognerebbe mettere mano ad un progetto trasversale che tocchi tutti i componenti e che sia strutturato da un equipe di "attori del settore": con umiltà e concentrati ad un obiettivo a medio-lungo termine.
Siamo in dirittura d'arrivo per la stagione cerasicola 2022 e, forse, è il momento di tirare qualche somma, con alcune premesse.
Nessuno, men che mai il sottoscritto, ha la bacchetta magica per risolvere una situazione che, a mio modesto parere, ha assunto una piega quasi irreversibile.
Spero in queste righe di mantenere l'umiltà per rappresentare la situazione senza pretendere di dettare soluzioni ma solo con l'augurio di proporre qualche idea costruttiva.
Una certezza vorrei trasferirla nel grande rispetto che spero di trasmettere nei confronti degli operatori del settore che fanno agricoltura. Sono loro i veri eroi del momento, continuando a tenere tempi di lavoro ed orari assurdi, presidiando l'agro, conservando l'ambiente e restituendoci una speranza di sussistenza economica. A tutti loro va il mio grazie.
Qual è il contesto nel quale ci stiamo muovendo?
Questi ultimi anni ci restituiscono la fotografia di un prodotto che spunta prezzi dignitosi fino al massimo a fine maggio, poi ha inizio la parabola discendente con prezzi che non arrivano a remunerare nemmeno i costi di produzione: quest'anno si è raggiunto l'assurdo che parecchio prodotto rimarrà non raccolto. È la sconfitta anche della speranza!
È una situazione che ormai è strutturale e, quindi, bisognerebbe pensare a soluzioni altrettanto strutturali.
Tutte le soluzioni sono da prendere in considerazione, tutte le proposte hanno un senso: è logico, però, che bisogna pensare ad un percorso di ristrutturazione del settore nel medio termine, con pazienza, con risultati che la nostra generazione probabilmente non vedrà ma con la lungimiranza di chi deve guardare al futuro lontano del nostro territorio.
Oggi abbiamo fra le mani un oro rosso dal colore un attimo sbiadito, senza un intervento deciso il rischio che la cerasicoltura scompaia è dietro l'angolo.
A mio parere è il momento di pensare ad un Progetto ciliegia per il nostro territorio che tocchi tutti i segmenti della filiera: dalle politiche di valorizzazione, a quelle di tutela, alla lavorazione e commercializzazione, al mercato pubblico ed alla produzione.
Sembra un percorso inverso, ma ho iniziato proprio dalla parte di valorizzazione e tutela che rappresenta, a mio parere, il grande punto di debolezza.
Il mercato restituisce una fotografia perfetta di questa debolezza. Oggi, a parità di calibro e di qualità, il prodotto marchiato Vignola sconta un prezzo di vendita mediamente superiore di 1 - 1.50 euro rispetto a quello delle nostre ciliegie. Del resto se così non fosse, il marketing non avrebbe un senso ed un capo di marca affermata avrebbe stesso valore di uno senza marchio o di marchio sconosciuto.
Ci avevamo anche provato: forse è giusto fare un po' di storia. Nel 2003 venne costituito il Consorzio della ciliegia e della frutta tipica di Bisceglie, con uno statuto speculare a quello del Consorzio di Vignola (che esiste dal 1965) e con l'obiettivo di ripercorrere quanto realizzato negli anni in Emilia-Romagna. Con grandi difficoltà, con scontri fra le parti, con incomprensioni giornaliere, si riuscì a partire, si realizzò l'imballaggio a marchio, si attivarono i controlli, si iniziò a viaggiare su un marchio unico, fornendo anche alcune piccole regole al mercato pubblico e lanciando una forma di asta trasparente ed innovativa. Poi le dinamiche culturali (naturalmente sempre a mio parere) bloccarono il percorso: probabilmente non eravamo ancora pronti.
In questi anni i risultati non sono stati molto confortanti. Nel 2003, oltre ai produttori, furono 13 aziende di commercializzazione a sottoscrivere l'atto di costituzione del consorzio: di quelle aziende commercializzazione, oggi ne sopravvivono pochissime; gli attuali acquirenti di ciliegie a Bisceglie sono in maggioranza "magazzini" che comprano per commercianti che non operano nella nostra zona. Questa, purtroppo, è stata l'evoluzione del comparto negli ultimi 20 anni.
Qual è stata la mia colpa da soggetto trainante dell'idea? Non aver insistito fino allo sfinimento. Se si è convinti di un percorso bisogna insistere fino in fondo e ad ogni costo.
Forse, però, 20 anni non sono passati invano e bisognerebbe ripartire con un Progetto ciliegia per Bisceglie e per la zona nord barese (forse anche pugliese). Un progetto nel quale siano coinvolti tutti coloro che possono dare un apporto costruttivo alla vicenda, con edificante umiltà. Io stesso posso non essere attore e coinvolto in queste politiche di rilancio: se ho concorso al fallimento di un progetto, pur avendoci provato, è giusto che stia fuori.
Mi permetto di indicare quelle cose alcune mie idee sui capitoli essenziali del Progetto ciliegia
Valorizzazione e tutela del prodotto
Dovrebbe essere un percorso obbligato quello di un marchio di tutela – CILIEGIE DI PUGLIA – con un consorzio che si occupi di controlli, di garanzia della certificazione e di tutela del marchio. Andrebbe realizzata un altrettanto seria analisi dei punti di forza e debolezza del settore ed in particolare del settore nel nostro arealePreventivamente andrebbe fatta una seria indagine di mercato per conoscere quali sono le reali esigenze del consumatore medio nel mondo. Siamo proprio convinti che il consumatore gradisca un prodotto chiaro (come quello che normalmente raccogliamo e non uno scuro e ben maturo)? Conosciamo quali sono le caratteristiche organolettiche che il consumatore gradisce? Sappiamo quale è l'orientamento del consumatore rispetto ai metodi di coltivazione (agricoltura biologica, agricoltura integrata ecc)? Conosciamo le scelte di acquisto del consumatore rispetto alle varietà?
Lavorazione e commercializzazione
Le aziende di lavorazione e commercializzazione vanno ristrutturate, dotate di macchinari moderni e accompagnate ad un percorso commerciale innovativo.Nel segmento della lavorazione e commercializzazione vi è anche quello della trasformazione. Importantissimo promuovere, come giustamente qualcuno anche di parte pubblica sta indicando, aziende agroalimentari che introducano il business della trasformazione delle ciliegie: sgombriamo, però, il campo da eventuali equivoci; alla trasformazione non può andare il prodotto scartato dalla lavorazione del fresco.
Più in generale andrebbe affrontata seriamente, non solo per il ciliegio, la dinamica dei rapporti con la GDO in modo da renderla decisamente più trasparente a vantaggio della produzione che costituisce l'anello debole e meno remunerato della filiera. Il sistema delle OP probabilmente andrebbe rafforzato con livelli superiori che possano creare massa critica importante nei confronti della GDO.
Il mercato pubblico
Anche per il mercato pubblico sono stati fatti dei tentativi di modernizzazione, con alcuni passi indietro he non in linea con un commercio globalizzato. Bisognerebbe riprovare a modernizzare anche questo segmento.I produttori
Appare non più derogabile una ristrutturazione e modernizzazione degli impianti di ciliegio. Ci sono troppi impianti con varietà superate e con forme di allevamento non adatte. Negli ultimi 2-3 anni abbiamo avuto una climatologia favorevole, ma non andrebbero dimenticati gli anni in cui la pioggia ha completamente distrutto il raccolto: i nuovi impianti dovrebbero essere progettati con coperture antipioggia. Ovviamente bisognerebbe preferire l'impianto di varietà moderne, a calibro grande e, soprattutto, precoci. E' lapalissiano che bisogna sfruttare la nostra precocità di maturazione, come è altrettanto interessante puntare su impianti con coperture per l'anticipo della maturazione avendone già ottimi esempi di produttori e tecnici locali. La precocità di maturazione potrebbe non essere sufficiente se non accompagnata da una politica di valorizzazione e tutela adeguata: si può copiare e migliorare tutto, dalle tecniche colturali, alla varietà, alle forme di allevamento, quello che non si può copiare è la storia e la tradizione di un territorio. Da questo punto di vista Bisceglie ha una storia che può essere positivamente trasferita a tutti i consumatori del mondo: è l'unica cosa che può distinguerci dalle altre zone mondiali di produzione.Queste alcune personalissime e, probabilmente sbagliatissime idee senza alcuna pretesa e senza nessuna presunzione. La certezza, come già detto, è quella che per salvare il settore cerasicolo bisognerebbe mettere mano ad un progetto trasversale che tocchi tutti i componenti e che sia strutturato da un equipe di "attori del settore": con umiltà e concentrati ad un obiettivo a medio-lungo termine.