Cultura
"Chiamati ad essere. Manuale della coniugalità", un viaggio letterario all'interno delle relazioni interpersonali
Nella sala delle Vecchie Segherie, la psicoterapeuta Maria Pia Colella ha presentato la sua ultima fatica letteraria con la collaborazione della Fondazione Dcl Onlus
Bisceglie - sabato 20 ottobre 2018
11.30
Il libro di Maria Pia Colella, presentato presso le Vecchie Segherie Mastrototaro di Bisceglie venerdì 19 ottobre, è un manuale che parte da lontano, dall'esperienza cristiana al servizio della coppia e della famiglia che anima il progetto Nazareth promosso dai Frati Minori di San Francesco d'Assisi in tutta Italia. L'autrice ha così sviluppato il tema della relazione coniugale e non solo, condividendo il suo percorso professionale da terapeuta in sinergia al suo essere donna e mamma, partorendo un manuale che mira al viaggio introspettivo per concludersi virtuosamente nell'incontro con l'alterità con cui ci relazioniamo.
«In un viaggio relazionale è importante avere cognizione della propria posizione, del proprio io, prima di intraprenderlo con il proprio partner. La passione coniugale deve condurre ad una meta pianificata come fosse un vero percorso partendo dalla propria posizione di individualità nella coppia» ha raccontato al folto pubblico presente.
Iniziare da se stessi per finire nella sfera interiore del nostro partner. La coscienza della propria identità non fine a se stessa ma altruistica, estrospettiva, avente la capacità di comprendere gli altri, le loro esigenze, le paure, di creare situazioni sociali favorevoli. Maria Pia Colella ha messo in guardia l'uditorio dal pericolo di idealizzare l'amore avendo come paradigma le favole hollywoodiane intrise di retorica e luoghi comuni che terminano con la famosa frase "…e vissero felici e contenti". «Quando racconto una favola a mia figlia concludo il racconto aggiungendo al vissero felici e contenti queste parole: per un po'. Lo faccio perché l'amore è un viaggio che trova il suo compimento alla fine di un lungo itinerario di coppia, non nel suo principio» ha sottolineato.
Quel percorso relazionale che ci sbatte in faccia la realtà più preponderante tra gli esseri umani: la diversità. Come interfacciarsi con la diversità del partner, accettarla, elaborarla, ponendola dinanzi ai pregi che spesso sono posti in secondo piano.
«Noi siamo diversi, non solo con il coniuge ma con le amicizie, fratelli e sorelle. Alla base della mancanza di accettazione c'è la pretesa che quello che è in me è giusto. Accettare la diversità non è negare i problemi ma riconoscere che chi è dinanzi a noi può essere prigioniero della propria attitudine e bisognoso di aiuto dall'esterno» ha concluso Colella.
«In un viaggio relazionale è importante avere cognizione della propria posizione, del proprio io, prima di intraprenderlo con il proprio partner. La passione coniugale deve condurre ad una meta pianificata come fosse un vero percorso partendo dalla propria posizione di individualità nella coppia» ha raccontato al folto pubblico presente.
Iniziare da se stessi per finire nella sfera interiore del nostro partner. La coscienza della propria identità non fine a se stessa ma altruistica, estrospettiva, avente la capacità di comprendere gli altri, le loro esigenze, le paure, di creare situazioni sociali favorevoli. Maria Pia Colella ha messo in guardia l'uditorio dal pericolo di idealizzare l'amore avendo come paradigma le favole hollywoodiane intrise di retorica e luoghi comuni che terminano con la famosa frase "…e vissero felici e contenti". «Quando racconto una favola a mia figlia concludo il racconto aggiungendo al vissero felici e contenti queste parole: per un po'. Lo faccio perché l'amore è un viaggio che trova il suo compimento alla fine di un lungo itinerario di coppia, non nel suo principio» ha sottolineato.
Quel percorso relazionale che ci sbatte in faccia la realtà più preponderante tra gli esseri umani: la diversità. Come interfacciarsi con la diversità del partner, accettarla, elaborarla, ponendola dinanzi ai pregi che spesso sono posti in secondo piano.
«Noi siamo diversi, non solo con il coniuge ma con le amicizie, fratelli e sorelle. Alla base della mancanza di accettazione c'è la pretesa che quello che è in me è giusto. Accettare la diversità non è negare i problemi ma riconoscere che chi è dinanzi a noi può essere prigioniero della propria attitudine e bisognoso di aiuto dall'esterno» ha concluso Colella.