Spettacoli
Don Ferdinando: «Importante ricordare nel contesto cittadino il messaggio di fraternità universale»
In vista della Passio Christi, abbiamo intervistato Don Ferdinando, vicepresidente di Schara Onlus
Bisceglie - sabato 23 marzo 2024
11.07
In vista della decima edizione della Passio Christi, don Ferdinando ha riflettuto assieme a BisceglieViva sull'importanza di proporre iniziative del genere nel contesto cittadino. «Questa decima edizione è per noi molto importante: è colorata di inclusione grazie agli ospiti della realtà di Universo Salute. In particolare ci interessava riportare al centro dell'attenzione un luogo che ha significato molto per Bisceglie e che appartiene inevitabilmente alla sua realtà cittadina e culturale qual è la realtà del Don Uva».
Il percorso di collaborazione con Universo Salute è iniziato 10 anni fa ed ha portato molti adulti ad approcciarsi alla realtà di Schara Onlus. In particolare con la rappresentazione della Passione di Cristo, si vuole fare un omaggio all'importanza del cammino che questa rete associativa ha percorso nel tempo: «Vogliamo lanciare un segno forte: sappiamo benissimo che cosa è il Don Uva di Bisceglie. Cominciare da lì significa rimettere un po' alla memoria collettiva il ricordo di un luogo che ha fatto parte della nostra realtà storica cittadina».
Sulla risposta della cittadinanza all'iniziativa Don Ferdinando si dimostra entusiasta: «Non solo la cittadinanza ha risposto ma ha atteso in vista dell'evento. Certamente il carattere della teatralità è accolto con piacere, del resto si tratta dell'unico strumenti che riesce ad andare oltre l'aspetto strettamente rappresentativo, rompendo la quarta parete. Si entra così nel vivo del vissuto cristiano della città».
«Anche con gli attori abbiamo svolto un cammino spirituale importante. Del resto il nostro lavoro richiede una certa portata empatica: non raccontiamo una storia a lieta fine e fare arrivare un messaggio di pace e speranza nonostante la tragica fine della storia narrata richiede una grande profondità» ha aggiunto.
Visto il difficile contesto geo-politico e i repentini ed imprevedibili cambiamenti degli equilibri internazionali, che si esplicano in guerre e dinamiche di violenza, cui assistiamo spesso inermi, è importante riflettere sull'importanza che ha farsi moltiplicatori del messaggio di pace anche nelle piccole città. «Non ci dobbiamo scandalizzare per i focolai di guerra drammatici: sono semplicemente la parte visibile di orgoglio e di prevaricazione. Le stesse dinamiche - afferma il Don - accadono nel piccolo nelle nostre famiglie, nei nostri microcosmi. Tutto quello che ci porta a scandalizzarci nel momento in cui denunciamo una guerra a livello sociale e internazionale, di fatto è già presente nelle nostre vite e sta già accadendo nelle nostre piccole realtà».
«Dovremmo dunque chiederci che cosa significhi per noi richiamare la volontà di speranza, anche quella cristiana - prosegue-. Per noi significa rimettere dio al centro, rimettere questa dimensione della fraternità universale al centro. Non significa espressamente andare tutti in chiesa: significa riconoscere un'unica radice. Un'unica pianta da cui proveniamo che è quella della fraternità universale, nella quale evidentemente può avere fissa dimora la speranza del messaggio di pace».
Isaia scrive "opus iustitiae pax" (Is, 32,17): la pace non può nascere sulla base di accorgimenti personali, di affettività selettive, la pace nasce dall'esercizio della giustizia. «La giustizia dunque è il riconoscimento autentico e solenne della dignità dell'altro» ha concluso don Ferdinando.
Il percorso di collaborazione con Universo Salute è iniziato 10 anni fa ed ha portato molti adulti ad approcciarsi alla realtà di Schara Onlus. In particolare con la rappresentazione della Passione di Cristo, si vuole fare un omaggio all'importanza del cammino che questa rete associativa ha percorso nel tempo: «Vogliamo lanciare un segno forte: sappiamo benissimo che cosa è il Don Uva di Bisceglie. Cominciare da lì significa rimettere un po' alla memoria collettiva il ricordo di un luogo che ha fatto parte della nostra realtà storica cittadina».
Sulla risposta della cittadinanza all'iniziativa Don Ferdinando si dimostra entusiasta: «Non solo la cittadinanza ha risposto ma ha atteso in vista dell'evento. Certamente il carattere della teatralità è accolto con piacere, del resto si tratta dell'unico strumenti che riesce ad andare oltre l'aspetto strettamente rappresentativo, rompendo la quarta parete. Si entra così nel vivo del vissuto cristiano della città».
«Anche con gli attori abbiamo svolto un cammino spirituale importante. Del resto il nostro lavoro richiede una certa portata empatica: non raccontiamo una storia a lieta fine e fare arrivare un messaggio di pace e speranza nonostante la tragica fine della storia narrata richiede una grande profondità» ha aggiunto.
Visto il difficile contesto geo-politico e i repentini ed imprevedibili cambiamenti degli equilibri internazionali, che si esplicano in guerre e dinamiche di violenza, cui assistiamo spesso inermi, è importante riflettere sull'importanza che ha farsi moltiplicatori del messaggio di pace anche nelle piccole città. «Non ci dobbiamo scandalizzare per i focolai di guerra drammatici: sono semplicemente la parte visibile di orgoglio e di prevaricazione. Le stesse dinamiche - afferma il Don - accadono nel piccolo nelle nostre famiglie, nei nostri microcosmi. Tutto quello che ci porta a scandalizzarci nel momento in cui denunciamo una guerra a livello sociale e internazionale, di fatto è già presente nelle nostre vite e sta già accadendo nelle nostre piccole realtà».
«Dovremmo dunque chiederci che cosa significhi per noi richiamare la volontà di speranza, anche quella cristiana - prosegue-. Per noi significa rimettere dio al centro, rimettere questa dimensione della fraternità universale al centro. Non significa espressamente andare tutti in chiesa: significa riconoscere un'unica radice. Un'unica pianta da cui proveniamo che è quella della fraternità universale, nella quale evidentemente può avere fissa dimora la speranza del messaggio di pace».
Isaia scrive "opus iustitiae pax" (Is, 32,17): la pace non può nascere sulla base di accorgimenti personali, di affettività selettive, la pace nasce dall'esercizio della giustizia. «La giustizia dunque è il riconoscimento autentico e solenne della dignità dell'altro» ha concluso don Ferdinando.