Giovanni Impastato a Libri nel Borgo Antico. <span>Foto Alberto Dell'Olio</span>
Giovanni Impastato a Libri nel Borgo Antico. Foto Alberto Dell'Olio
Cultura

Giovanni Impastato a Libri nel Borgo Antico per raccontare cosa c'è "Oltre i cento passi"

Il fratello minore di Peppino racconta: «L'odio e il rancore non ci portano da nessuna parte»

La citazione del film del 2000 di Marco Tullio Giordana, "I cento passi" che dividono casa Impastato da casa di don Gaetano Badalamenti, le lotte di un giovane che si ribella alla mafia. Ma cosa c'è oltre? Giovanni Impastato, fratello minore di Peppino Impastato, ha provato a spiegarlo dal palco di piazza castello a Libri nel Borgo Antico. Moderato dal giornalista Leonardo Zellino, l'autore ha raccontato tutto quello che nel film non viene mostrato, le dinamiche di una famiglia spaccata in due: da una parte la mafia e dall'altra la lotta alla criminalità organizzata.

È un percorso tortuoso durato oltre quarant'anni quello raccontato nelle pagine di "Oltre i cento passi" che l'autore ha compiuto insieme alla madre, Felicia Bartolotta, una donna a cui la mafia ha ucciso marito e figlio in pochi mesi e che proprio per questo ha deciso di combatterla al fianco di tutti quelli che hanno conosciuto Peppino. «Il titolo del libro viene dal fatto che io credo che bisogna superare la fase descritta dal film - ha spiegato Impastato - I cento passi, oggi rappresentati dalle pietre d'inciampo, sono una realtà viva che noi abbiamo riempito di contenuti. Un bagno di memoria e di cultura. Il mio non è un libro di analisi o denuncia: racconta degli episodi importanti vissuti in giro per l'Italia insieme a persone che si sono avvicinate a noi dopo aver conosciuto la storia di Peppino».

Mezzi innovativi come il giornale, la radio e le mostre itineranti sono ciò che ha permesso a Peppino Impastato di compiere quella piccola rivoluzione nell'animo dei giovani di Cinisi perché si ribellassero alle angherie di Badalamenti e dei suoi uomini d'onore, nonostante la mafia venisse presentata in quegli anni come qualcosa di positivo, un'organizzazione con regole precise che si sostituiva allo Stato completamente assente. «Peppino è stato rivoluzionario, ha colpito la mafia con l'arma della risata, ha fatto tanto per i giovani ed è per questo che Cosa Nostra ha deciso di ucciderlo. È morto nel momento in cui la mafia ha capito che sarebbe stata sconfitta».

Figura centrale nel racconto di Impastato è certamente la madre Felici, donna e madre divisa tra l'amore per il marito e quello per il figlio: «Mia madre aveva capito che Peppino aveva ragione - ha spiegato l'autore - e per questo ha sempre aiutato mio fratello, è stata il motore di tutte le attività che sono nate dopo l'attentato a Peppino perché lei si poneva il problema del passaggio del testimone alle nuove generazioni». Felicia Impastato è sta una donna, nata e cresciuta in una cultura mafiosa, che ha saputo dire no ai cugini americani, arrivati in Sicilia per vendicare la morte del giovane. «Ciò che io e mia madre non abbiamo mai provato in tutti questi anni è il rancore. Perché l'odio, la vendetta e il rancore non portano da nessuna parte. Noi siamo andati avanti per la nostra strada, come Peppino ci aveva insegnato» ha spiegato Impastato.

Dal palco di piazza castello l'autore ha lanciato un invito a riscrivere la storia di Peppino e ad andare avanti: «I frutti del lavoro fatto negli ultimi vent'anni (dopo l'uscita del film, ndr) sta finalmente dando i suoi frutti e noi dobbiamo andare avanti perché se ci impegniamo possiamo cambiare questo Paese». Un invito a non rassegnarsi per difendere quel poco di democrazia che ancora esiste in Italia di fronte ad una piazza castello gremita, per applaudire un uomo che continua a lottare.
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