Cultura
Il fil rouge dell'amore materno visto da Elvira Serra
La giornalista sarda presenta alle Vecchie Segherie il romanzo "Le stelle di Capo Gelsomino"
Bisceglie - sabato 25 maggio 2019
11.46
È stata la prima, l'apripista di tanti incontri con l'autore in quella serata di novembre del 2016 quando fu accolta con grande entusiasmo in occasione dell'uscita del suo libro "Il vento non lo puoi fermare". Alle Vecchie Segherie Mastrototaro Elvira Serra, redattrice di cronaca, attualità, lifestyle e spettacolo per "Il Corriere della sera", ha concesso il bis con la consapevolezza di conoscere meglio quel posto respirato due anni e mezzo addietro e che ormai l'ha accolta più come un'amica di tutti i giorni che come una madrina speciale.
Protagonista della serata datata ventiquattro maggio è il nuovo romanzo edito dalla Solferino "Le stelle di Capo Gelsomino", terza fatica della giornalista di Nuoro incentrato sul difficile rapporto a tre nonna-figlia-nipote, in cui una cerca di superare l'altra nella vita rispettando però gli insegnamenti ricevuti e conservando le virtù di famiglia.
Eppure l'inizio è raggelante ma significativo per il prosieguo della storia, così come affermato dalla stessa autrice, moderata nell'occasione da Sonia Storelli: il lancio di un coltello scagliato da Lulù, la matrona, la nonna che tiene in mano le redini della famiglia, verso la figlia Marianna, affermata ginecologa di fama internazionale nativa sarda ma di base a Milano, stanca delle reprimende di quest'ultima. Il tutto avviene sotto lo sguardo innocente e divertito di Chiara, figlia di Marianna e nipote di Lulù, sulla quale la Serra ha fatto ben indossare i panni di narratrice: «La nonna Lulù ha visto in Chiara una potenzialità di scrittrice che lei non credeva effettivamente di avere, quindi l'assegnazione del ruolo è stata naturale» afferma Elvira Serra «Le nonne vedono in noi delle cose di cui non possiamo accorgerci, di scoprire delle attitudini e delle doti che noi non vediamo incoraggiandoci. Questo è il primo punto che lega le relazioni a tre fra nonna, madre e figlia. Alla nascita dei nipoti le nonne, come tutti notiamo, cambiano il proprio modo di comportarsi, diventando più buone e più indulgenti, cautelando quelle figlie su cui spesso si è state intransigenti nella vita. Chiara, grazie ad un quaderno dalla copertina rossa regalatole proprio da Lulù, raccoglie quindi le esperienze, le impressioni e le sensazioni della madre e della nonna cercando e raccontando la verità delle loro vite nel corso del tempo, dalla sua infanzia fino alla crescita».
L'evoluzione delle peculiarità di Marianna e Chiara sono tratti fondamentali che segnano ogni passaggio del romanzo, con Lulù sullo sfondo sempre pronta ad aspettare il momento in cui può ritornare a legare la propria vita a loro, lontana cinquecento chilometri: «Lulù è lì che aspetta e aspetterà l'addolcirsi della figlia e la crescita della nipote Chiara che si troverà a raggiungerla quando avrà bisogno del suo conforto o allontanarsi da lei per diventare più autonoma. In questo ci vedo un grande atto d'amore di Lulù nei loro confronti. L'amore di una persona che sa che non può cambiare le cose, accettandole come vengono con immensa pazienza, la stessa che scorre come l'acqua del ruscello che menziono all'inizio del libro. Un'attesa che può essere più o meno lunga».
Un racconto che, come espresso dalla Serra, ha qualcosa di autobiografico, con i contorni di Lulù che assumono quelli di sua madre e con lo sfondo suggestivo della Sardegna, con il sapore dei fichi d'india che inebriano le afose giornate d'estate, luogo natìo dell'autrice: «Mia madre è ostetrica come Lulù e quando si è trattato di raccontare nel romanzo le cose che l'anziana donna faceva in passato nel suo lavoro è stato sufficiente chiedere a lei considerata la lunga esperienza. Mi ha aiutato molto così come mi sono fatta supportare dai miei trascorsi per narrare episodi citati nel testo visti con gli occhi di Chiara. Oggi con mia madre ho lo stesso approccio che Chiara ha con la sua Marianna, una donna fredda, solitaria per scelta ma con un lato comprensivo da scoprire».
Un romanzo appassionato ed intenso che parla del vero amore inteso con filo rosso che collega i membri di una famiglia: quello disinteressato di una madre a quello esigente e meticoloso della figlia, fino a quello compiacente a connettivo di una nipote che da grande cercherà sempre di essere una donna migliore facendo tesoro del proprio vissuto.
Protagonista della serata datata ventiquattro maggio è il nuovo romanzo edito dalla Solferino "Le stelle di Capo Gelsomino", terza fatica della giornalista di Nuoro incentrato sul difficile rapporto a tre nonna-figlia-nipote, in cui una cerca di superare l'altra nella vita rispettando però gli insegnamenti ricevuti e conservando le virtù di famiglia.
Eppure l'inizio è raggelante ma significativo per il prosieguo della storia, così come affermato dalla stessa autrice, moderata nell'occasione da Sonia Storelli: il lancio di un coltello scagliato da Lulù, la matrona, la nonna che tiene in mano le redini della famiglia, verso la figlia Marianna, affermata ginecologa di fama internazionale nativa sarda ma di base a Milano, stanca delle reprimende di quest'ultima. Il tutto avviene sotto lo sguardo innocente e divertito di Chiara, figlia di Marianna e nipote di Lulù, sulla quale la Serra ha fatto ben indossare i panni di narratrice: «La nonna Lulù ha visto in Chiara una potenzialità di scrittrice che lei non credeva effettivamente di avere, quindi l'assegnazione del ruolo è stata naturale» afferma Elvira Serra «Le nonne vedono in noi delle cose di cui non possiamo accorgerci, di scoprire delle attitudini e delle doti che noi non vediamo incoraggiandoci. Questo è il primo punto che lega le relazioni a tre fra nonna, madre e figlia. Alla nascita dei nipoti le nonne, come tutti notiamo, cambiano il proprio modo di comportarsi, diventando più buone e più indulgenti, cautelando quelle figlie su cui spesso si è state intransigenti nella vita. Chiara, grazie ad un quaderno dalla copertina rossa regalatole proprio da Lulù, raccoglie quindi le esperienze, le impressioni e le sensazioni della madre e della nonna cercando e raccontando la verità delle loro vite nel corso del tempo, dalla sua infanzia fino alla crescita».
L'evoluzione delle peculiarità di Marianna e Chiara sono tratti fondamentali che segnano ogni passaggio del romanzo, con Lulù sullo sfondo sempre pronta ad aspettare il momento in cui può ritornare a legare la propria vita a loro, lontana cinquecento chilometri: «Lulù è lì che aspetta e aspetterà l'addolcirsi della figlia e la crescita della nipote Chiara che si troverà a raggiungerla quando avrà bisogno del suo conforto o allontanarsi da lei per diventare più autonoma. In questo ci vedo un grande atto d'amore di Lulù nei loro confronti. L'amore di una persona che sa che non può cambiare le cose, accettandole come vengono con immensa pazienza, la stessa che scorre come l'acqua del ruscello che menziono all'inizio del libro. Un'attesa che può essere più o meno lunga».
Un racconto che, come espresso dalla Serra, ha qualcosa di autobiografico, con i contorni di Lulù che assumono quelli di sua madre e con lo sfondo suggestivo della Sardegna, con il sapore dei fichi d'india che inebriano le afose giornate d'estate, luogo natìo dell'autrice: «Mia madre è ostetrica come Lulù e quando si è trattato di raccontare nel romanzo le cose che l'anziana donna faceva in passato nel suo lavoro è stato sufficiente chiedere a lei considerata la lunga esperienza. Mi ha aiutato molto così come mi sono fatta supportare dai miei trascorsi per narrare episodi citati nel testo visti con gli occhi di Chiara. Oggi con mia madre ho lo stesso approccio che Chiara ha con la sua Marianna, una donna fredda, solitaria per scelta ma con un lato comprensivo da scoprire».
Un romanzo appassionato ed intenso che parla del vero amore inteso con filo rosso che collega i membri di una famiglia: quello disinteressato di una madre a quello esigente e meticoloso della figlia, fino a quello compiacente a connettivo di una nipote che da grande cercherà sempre di essere una donna migliore facendo tesoro del proprio vissuto.