Cultura
Il pluriambasciatore Antonio Armellini e l'Europa plurale che ci aspetta
A Bisceglie si discute della linea morbida che include tutti: chi vuole un'Europa evoluta, chi sceglie il libero mercato e chi vuole solo dialogare con la Russia
Bisceglie - sabato 3 febbraio 2018
07.05
Perché l'Europa? Ed esattamente cosa è questo è questo mitologico mostro a tante teste che ambisce a battere con un unico cuore?
Detto dal braccio destro del padre fondatore italiano Altiero Spinelli alla CEE e collaboratore di Aldo Moro alla Farnesina e a Palazzo Chigi, non è come ascoltato a scuola, costretti da libri a cui non si possono fare domande.
Il pubblico di giovanissimi invitato alle Vecchie Segherie Mastrototaro ha assistito con religioso silenzio alla lezione del pluriambasciatore Antonio Armellini, a Bisceglie per presentare "Né Centauro né Chimera".
A moderare l'incontro, cui hanno preso parte anche il sindaco di Barletta Pasquale Cascella e il presidente del Movimento europeo Pier Virgilio Dastoli, il giornalista Antonio Procacci.
Scritto a quattro mani con lo scomparso Gerardo Mombelli ed edito da Marsilio con la prefazione di Giuliano Amato, l'agile volume propone una soluzione all'atavico dibattito sull'Europa sovranazionale.
La Brexit, l'immigrazione, la finta fuga dall'Euro – tema sparito dai dibattiti di tutti i partiti – il terrorismo e la paura, i vecchi e i nuovi pregiudizi su stati servi e sovrani, vanno tutti nella stessa direzione: quella di un'Europa confinata a mercato comune, senza potere di ingerenza nelle politiche di alcuno stato. Chi l'UE invece la osanna, crede che ogni forma di accomodamento tolga potere ad una entità che sa tenere testa ai grandi della terra e tradisca gli ideali di chi le diede il nome di "Unione" con una prospettiva di totalità.
Come far coincidere gli opposti e continuare a crescere?
Armellini vede per il futuro un'unica strada percorribile. È quella morbida di una UE condivisa ma plurale, in cui ai nazionalismi si sostituisca il senso di comunità progressivamente e spontaneamente: «imporre il vincolo dell'integrazione non porterebbe bene a nessuno degli stati membri. – spiega.- Tutti ci riconosciamo nell'Europa delle civiltà, qualcuno utilizza l'Unione Europea come una scorciatoia verso la Russia e già così la divide in due, qualcun altro è pronto all'unione politica, altri di rinunciare all'autodecisione non ne vogliono sapere. Per continuare a crescere, bisogna integrare tutti questi interessi e accettare che l'Europa, in quanto entità multipla, è fatta da Paesi che puntano ad obiettivi diversi, ma compatibili» .
A spiegare il ruolo dell'UE per gli enti locali, che spesso lamentano vincoli al patto di stabilità, burocrazia e prese di posizione obbligate perché "ce le impone l'Unione Europea", è stato invece il sindaco Cascella, europeista.
«Se non potessimo usare fondi europei – ha ricordato Cascella – al Sud sconteremmo un divario ancora più profondo con le regioni del nord Italia, mentre oggi siamo a raccontare di tante azioni virtuose che hanno come protagonista il Sud. Certo progetti di respiro più ampio e meno passaggi intermedi renderebbero la vita più facile ai comuni e ai privati che intendono accedere alle risorse comunitarie, ma questo non sta a significare che l'esperienza è stata in qualche modo fallimentare».
Detto dal braccio destro del padre fondatore italiano Altiero Spinelli alla CEE e collaboratore di Aldo Moro alla Farnesina e a Palazzo Chigi, non è come ascoltato a scuola, costretti da libri a cui non si possono fare domande.
Il pubblico di giovanissimi invitato alle Vecchie Segherie Mastrototaro ha assistito con religioso silenzio alla lezione del pluriambasciatore Antonio Armellini, a Bisceglie per presentare "Né Centauro né Chimera".
A moderare l'incontro, cui hanno preso parte anche il sindaco di Barletta Pasquale Cascella e il presidente del Movimento europeo Pier Virgilio Dastoli, il giornalista Antonio Procacci.
Scritto a quattro mani con lo scomparso Gerardo Mombelli ed edito da Marsilio con la prefazione di Giuliano Amato, l'agile volume propone una soluzione all'atavico dibattito sull'Europa sovranazionale.
La Brexit, l'immigrazione, la finta fuga dall'Euro – tema sparito dai dibattiti di tutti i partiti – il terrorismo e la paura, i vecchi e i nuovi pregiudizi su stati servi e sovrani, vanno tutti nella stessa direzione: quella di un'Europa confinata a mercato comune, senza potere di ingerenza nelle politiche di alcuno stato. Chi l'UE invece la osanna, crede che ogni forma di accomodamento tolga potere ad una entità che sa tenere testa ai grandi della terra e tradisca gli ideali di chi le diede il nome di "Unione" con una prospettiva di totalità.
Come far coincidere gli opposti e continuare a crescere?
Armellini vede per il futuro un'unica strada percorribile. È quella morbida di una UE condivisa ma plurale, in cui ai nazionalismi si sostituisca il senso di comunità progressivamente e spontaneamente: «imporre il vincolo dell'integrazione non porterebbe bene a nessuno degli stati membri. – spiega.- Tutti ci riconosciamo nell'Europa delle civiltà, qualcuno utilizza l'Unione Europea come una scorciatoia verso la Russia e già così la divide in due, qualcun altro è pronto all'unione politica, altri di rinunciare all'autodecisione non ne vogliono sapere. Per continuare a crescere, bisogna integrare tutti questi interessi e accettare che l'Europa, in quanto entità multipla, è fatta da Paesi che puntano ad obiettivi diversi, ma compatibili» .
A spiegare il ruolo dell'UE per gli enti locali, che spesso lamentano vincoli al patto di stabilità, burocrazia e prese di posizione obbligate perché "ce le impone l'Unione Europea", è stato invece il sindaco Cascella, europeista.
«Se non potessimo usare fondi europei – ha ricordato Cascella – al Sud sconteremmo un divario ancora più profondo con le regioni del nord Italia, mentre oggi siamo a raccontare di tante azioni virtuose che hanno come protagonista il Sud. Certo progetti di respiro più ampio e meno passaggi intermedi renderebbero la vita più facile ai comuni e ai privati che intendono accedere alle risorse comunitarie, ma questo non sta a significare che l'esperienza è stata in qualche modo fallimentare».