don Mario Pellegrino
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Religioni

«La nascita del bambino, segno di Dio che crede ancora nell'essere umano»

Lettera di don Mario Pellegrino, sacerdote fidei donum in Brasile, in vista del Santo Natale

Don Mario Pellegrino, sacerdote biscegliese fidei donum in Brasile, ha diffuso una lettera, rivolta alla comunità dell'Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie, a meno di un mese dal Santo Natale. Riflessioni affidate al dibattito pubblico sul ruolo della Chiesa in questa fase emergenziale e soprattutto sul significato della ricorrenza natalizia intesa come atto di fede e profezia. Parole sulle quali appare doveroso indugiare, per porsi interrogativi e cercare di trovare risposte, specie dentro di sé.

Diciamolo pure: il Natale crea sempre un clima magico e riempie i nostri cuori di gioia e pace. Non può esserci tristezza quando nasce la vita, specialmente quando il bambino Gesù viene al mondo. Basta contemplare il presepe con gli angeli che cantano, la stella che risplende, i pastori che vegliano sul gregge, Maria con Giuseppe e il Bambino in una mangiatoia…
Ma la storia ci insegna che c'era anche un re crudele, Erode, che avendo saputo della nascita di un Bambino, re-salvatore, fece uccidere tutti i bambini dai due anni in giù pur di non perdere il suo trono, il suo potere.

Questo Natale richiama alla nostra mente l'Erode di oggi, chiamato Covid-19, che sta decimando non solo bambini, ma anche giovani, adulti e anziani. Come, allora, possiamo vivere quest'anno il clima gioioso del Natale, se siamo circondati dalla freddezza dell'isolamento sociale che ci impedisce di abbracciarci, toccarci, baciarci; dall'anonimato delle maschere che copre perfino i nostri sentimenti e soprattutto dal buio della morte e sofferenza che quotidianamente ci minaccia? Ma soprattutto come lenire le paure dei nostri cuori?
E allora, nel tentativo di rispondere a questi interrogativi, ricordiamoci che fra le iniziative più sconvolgenti che Dio ha intrapreso in nostro favore, vi è senza dubbio quella di farsi uomo.

Il nome Gesù significa proprio "Dio salva"; da una parte dunque c'è qualcuno che ha un bisogno di venir salvato, e questi siamo noi, dall'altra qualcuno che ha un desiderio enorme di salvarci, e questo è Dio. E tutto questo si manifesta proprio a Natale, perché Gesù nasce di notte, in inverno, in una stalla abbandonata, cioè Gesù viene e trova il buio nei nostri cuori, Gesù viene e trova in essi il gelo, Gesù viene e li trova vuoti, abbandonati e desolati. La situazione non troppo piacevole nella quale ci troviamo anche a causa di questa pandemia, diventa così l'occasione che permette a Dio di manifestarci quanto è disposto a fare per noi.

La misericordia di Dio sa quante e quali tenebre oscurano le nostre menti, e proprio per questo viene, per portarci la sua luce. Il Natale ci manifesta l'amore di un Dio che sa quanto i nostri cuori sono freddi e induriti dal gelo, ed allora viene a scaldarli con il fuoco del suo amore. Dio sa quanta solitudine, quanto abbandono, quanta tristezza e desolazione pesano sui nostri cuori, e Lui viene ad offrirci la sua amicizia, il suo amore, la sua gioia. Il Natale ci manifesta la pazienza di un Dio che sa la nostra difficoltà a comprendere il suo amore, la nostra difficoltà a rispondergli di sì senza tentennamenti e senza riserve, ed allora viene, bambino, per crescere a poco a poco insieme a noi.

Personalmente, allora, credo che a Natale non celebriamo un semplice ricordo, un compleanno, ma soprattutto una profezia. Natale non è una semplice festa sentimentale, ma la nascita della nuova direzione che la storia ha imboccato: non più la direzione dal piccolo verso il grande, chi ha meno rimane sottomesso a chi ha più, il debole schiacciato dal forte, ma a partire da quella notte è Dio verso l'uomo, il grande verso il piccolo, dal cielo verso il basso, da una città verso una grotta, dal tempio a un campo di pastori.
Il Natale, allora, vuole insegnarci che la storia ricomincia dagli ultimi: mentre a Roma si decidono le sorti del mondo, mentre le legioni mantengono la pace con la spada, nasce un bambino, sufficiente a mutare la direzione della storia. La nuova capitale del mondo diventa così Betlemme. Lì Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia.
La stalla e la mangiatoia diventano così il segno del nostro "no" ai modelli del mondo che privilegia il denaro a scapito dell´essere umano, un "no" alla fame del potere e dell'apparire, un no al nostro "le cose vanno sempre così, non c'è niente da fare": Dio entra nel mondo dal punto più basso perché nessuna creatura sia più in basso, e perché tutti possano essere raggiunti dal suo abbraccio che salva.

Il Natale diviene così il più grande atto di fede di Dio nell'umanità, affida il figlio alle mani di una ragazza inesperta e generosa, si fida e si affida a lei. E Maria si prende cura del neonato, lo nutre di latte, di carezze e soprattutto di sogni. Lo fa vivere con il suo abbraccio e ci insegna che nell'incarnazione mai conclusa del Verbo, Dio vivrà sulla nostra terra solo se noi ci prendiamo cura di lui, ogni giorno, come una madre. Ecco perché la nascita del Bambino Gesù diventa segno di Dio che crede ancora in noi, in ogni essere umano!
Il Vangelo continua raccontando che c'erano in quella regione alcuni pastori, simbolo di tutti i poveri, gli ultimi, gli anonimi, i dimenticati di ogni epoca, per dirci che Dio riparte da loro. Una nuvola di ali e di canto li avvolge, vanno e trovano un bambino. Lo guardano: i suoi occhi sono gli occhi di Dio, la sua fame è la fame di Dio, quelle manine che si tendono verso la madre, sono le mani di Dio tese verso ciascuno di noi. Perché a Natale, Dio si è fatto uomo perché l'uomo si faccia Dio.
Cristo nasce perché ciascuno di noi ri-nasca. La nascita di Gesù vuole la mia nascita: che io nasca diverso e nuovo, che nasca con lo Spirito di Dio in me. Natale è la riconsacrazione del corpo, la certezza che la nostra carne che Dio ha preso, amato, fatto sua, è santa, e che la nostra storia è sacra. E nessuno può dire: qui finisce l'uomo e qui comincia Dio, perché Creatore e creatura ormai si abbracciano per sempre, come segno di tenerezza e amore.
Infatti, un biblista, di cui ora non ricordo il nome, tradusse la frase: "In principio era il Verbo e il Verbo era Dio. E il Verbo si fece carne", in quest'altra maniera: "In principio era la tenerezza e la tenerezza era Dio. E la tenerezza di Dio si fece carne". Dio si fa carne in Gesù e in noi. Si, perché Dio è un bacio, caduto sulla terra a Natale, ci ricorda un monaco.

Come scrive Leonardo Boff, Dio è nella piccolezza: è questa la forza dirompente del Natale: "tutti vogliono crescere nel mondo, ogni bambino vuole essere uomo. Ogni uomo vuole essere re. Ogni re vuole essere 'dio'. Solo Dio vuole essere bambino".
"E venne ad abitare in mezzo a noi" vuol dire che Dio sceglie di abitare nel centro di me e di te, in mezzo al nostro cuore. Dio ha un cuore di carne e in noi scorre un cromosoma divino.
Come diceva don Tonino Bello, non possiamo più scambiarci in questi giorni auguri innocui, formali, di routine, ma auguri impegnativi e scomodi.
Dio che si incarna per amore dei piccoli, ci faccia star male quando ci limitiamo a una vita egoista, che gira le spalle a chi chiede aiuto, che sta semplicemente alla finestra del mondo senza muovere un dito per renderlo più bello e giusto.
Dio che si fa bambino, ci faccia sentire dei vermi quando cerchiamo di farci grandi sopra le spalle degli altri.
Un Dio deposto sulla paglia ci tolga il sonno, finché non procuriamo di che dormire a uno sfrattato, a un povero, a un migrante, o non aiutiamo a procurare una tenda a chi non ha più casa.
Maria che trova una culla solo nella mangiatoia, ci costringa con i suoi occhi feriti a non aver pace per tutti i bambini non voluti, rifiutati, gettati via, violentati.
Giuseppe che trova solo porte chiuse, ci metta in crisi davanti al dolore di tanti genitori per i figli senza lavoro, senza salute, senza tutto… e solo con le porte chiuse in faccia.
Gli angeli che annunciano pace sveglino le nostre coscienze assopite, quando fingiamo di non vedere che da ogni parte si consumano ingiustizie, si fabbricano armi, si avvelena la terra, l'acqua e l'aria.
Si, perché nella tenerezza non c'è dimora né spazio per la paura. E Dio è la dolce rivoluzione della tenerezza.
Signore Gesù, anche in questo Natale, siamo qui perché vogliamo restare umani, inquieti, sensibili e visionari, per questo ti preghiamo: nasci in noi, Signore, e non lasciare deserti i nostri giardini di solidarietà e amore, di giustizia e pace, di libertà e dignità. Amen.

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