Cultura
Marco Damilano a Bisceglie: Storia d’Italia tra dinamismo e immobilità in “La mia piccola patria” - IL VIDEO
Politica e ricordi alle Vecchie Segherie Mastrototaro per la presentazione del nuovo libro del giornalista e conduttore italiano. ANPI Sezione di Bisceglie patrocina l'evento.
Bisceglie - lunedì 22 gennaio 2024
10.25
Un album di famiglia, una famiglia spesso litigiosa ma che sa dimostrare di essere unita nei momenti più difficili. Con queste parole nella serata di domenica 21 gennaio Marco Damilano, giornalista, scrittore e conduttore italiano ha aperto la presentazione del suo nuovo libro "La mia piccola Patria: storia corale di un paese che esiste" con Paolo Ponzio, moderatore, nonché docente di Storia della Filosofia presso l'università degli studi Aldo Moro di Bari.
Nella meravigliosa cornice delle vecchie Segherie Mastrototaro, che hanno ospitato l'evento patrocinato da ANPI Bisceglie, Damilano ha toccato diversi temi: dalla scelta del titolo, che riprende una canzone partigiana, sino alla storia d'Italia, da Moro a Berlusconi con il loro immobilismo dinamico (nel caso di Moro) e dinamismo apparentemente immobile (nel caso del Cavaliere), passando dal concetto attuale e profondamente rivisitato di antifascismo come assetto valoriale di cui, ancora oggi, è fondamentale parlare.
All'interno della raccolta di fatti storici selezionata dal giornalista sono presenti non solo avvenimenti politici, ma tutto ciò che può portare alla lettura socio-culturale, prima ancora che unicamente storica, della Storia d'Italia. Presente però anche un filo nero costante: i nemici, quei politici e soggetti emblematici che non hanno mai accettato la casa comune, la costituzione, la liberazione.
«Questo è qualcosa che lega tutti questi decenni, che possono essere anche letti con questa contrapposizione, questa conflittualità, tra chi ha lottato fino in fondo e chi non lo ha fatto» commenta lo scrittore.
Breve passaggio anche per celebrare l'enorme valore di Paola Cortellesi: «A lei il merito di essere riuscita con "C'è ancora domani" a portare nelle sale cinematografiche un fatto storico emblematico, narrato magistralmente, come quello del 9 giugno 1946, il primo voto delle donne che ha poi inaugurato un cambiamento assoluto sul piano dei diritti civili e per la sorte del nostro Paese».
Durante la presentazione ampio spazio per la trattazione del profilo storico-politico di personaggi come Aldo Moro e Berlusconi, contrapposti in un chiaroscuro tra immobilismo apparente degli anni di Moro, laddove pur non muovendosi nulla, tutto sembrava ambire al progresso, e gli anni di Silvio Berlusconi, anni in cui il progresso viene sempre più manifestandosi come consumismo immobile. Usi e costumi sempre uguali, sempre gli stessi: a cambiare e progredire non è l'essere umano di quell'epoca e la sua capacità storica di consapevolezza ed azione, bensì gli avvenimenti esterni che lo costringono in qualche modo a stare al passo con gli altri, con le abitudini di una società che andava via via identificandosi con quella consumistica.
«Il nuovo per Silvio Berlusconi è un contenitore spesso senza contenuto. Ecco l'immobilismo. Lui invece è un qualcosa di molto più profondo e solido. La sua idea di partito azienda sembra affondare le sue radici negli anni 60 e 80 dove a un certo punto c'è un pezzo di società che si vuole sbarazzare dei vecchi partiti, un pezzo di società che considera il pubblico un ostacolo, che considera lo Stato stesso un ostacolo. La necessità di un cambiamento che in realtà possa lasciare tutto invariato deriva da questo. Un nuovo senza contenuto». "La mia piccola patria" affronta non solo fatti politici, tuttavia tutti gli elementi dal primo all'ultimo risultano essere fortemente politici. Come se la storia d'Italia potesse racchiudersi e allo stesso tempo esplicarsi in due bagni notturni: il bagno di Anita Ekberg in fontana di Trevi e l'ultimo bagno d'addio di Wilma Montesi in quell'oscuro 9 aprile 1953.
Come spiegato da Damilano, la morte della giovane, forse presente ad un festino assieme al figlio di un ministro democristiano che avrebbe dovuto ricevere l'eredità politica di De Gasperi, costituì un enorme scandalo, la prima vera frattura con la "dolce vita" , una rottura che dimostrava il rovescio della medaglia di usi e costumi tinti di rosso sangue. Risulta interessante a questo proposito l'opposizione tra lo sfarzo della Dolce Vita, della Roma dei festini dove «tutti quei trenini non portano da nessuna parte» citando Sorrentino (La Grande Bellezza) e il cadavere putrefatto della giovane ventenne, su cui grava ancora oggi un enorme mistero. Di fatto Sorrentino osserva da lontano, con sguardo disilluso e malinconico ne "La Grande Bellezza" quell'Italia che in Fellini viene raccontata come stupenda ed irraggiungibile, sfarzosa e lussuosa.
Parole di rammarico per la grave crisi di rappresentanza in una Sinistra che sembra esserci solo a tratti e che spesso ritrova le sue radici nell'associazionismo non partitico, laboratorio politico e fucina di idee. Affrontata dal giornalista anche la spigolosa questione della crisi dell'informazione italiana in particolare il caso dell'Agenzia Dire, con i suoi molteplici licenziamenti in tronco e la questione Gazzetta del Mezzogiorno.
In chiusura parole di affetto e grande rispetto per le nuove generazioni capaci di convivere con una nuova fine aperta, che semplicemente stando al mondo dimostrano continuamente quanto la fluidità tra le identità e le idee sia l'unica chiave del vivere. Una generazione, quella degli anni duemila, alla quale secondo lo scrittore, va attribuito il merito di aver insegnato che si può essere sempre gli stessi ma in tanti modi diversi e ogni giorno cambiati ma allo stesso tempo simili rispetto al giorno appena passato. Forse questa la vera novità che l'Italia stava aspettando: cambiare senza mai perdersi.
Nella meravigliosa cornice delle vecchie Segherie Mastrototaro, che hanno ospitato l'evento patrocinato da ANPI Bisceglie, Damilano ha toccato diversi temi: dalla scelta del titolo, che riprende una canzone partigiana, sino alla storia d'Italia, da Moro a Berlusconi con il loro immobilismo dinamico (nel caso di Moro) e dinamismo apparentemente immobile (nel caso del Cavaliere), passando dal concetto attuale e profondamente rivisitato di antifascismo come assetto valoriale di cui, ancora oggi, è fondamentale parlare.
All'interno della raccolta di fatti storici selezionata dal giornalista sono presenti non solo avvenimenti politici, ma tutto ciò che può portare alla lettura socio-culturale, prima ancora che unicamente storica, della Storia d'Italia. Presente però anche un filo nero costante: i nemici, quei politici e soggetti emblematici che non hanno mai accettato la casa comune, la costituzione, la liberazione.
«Questo è qualcosa che lega tutti questi decenni, che possono essere anche letti con questa contrapposizione, questa conflittualità, tra chi ha lottato fino in fondo e chi non lo ha fatto» commenta lo scrittore.
Breve passaggio anche per celebrare l'enorme valore di Paola Cortellesi: «A lei il merito di essere riuscita con "C'è ancora domani" a portare nelle sale cinematografiche un fatto storico emblematico, narrato magistralmente, come quello del 9 giugno 1946, il primo voto delle donne che ha poi inaugurato un cambiamento assoluto sul piano dei diritti civili e per la sorte del nostro Paese».
Durante la presentazione ampio spazio per la trattazione del profilo storico-politico di personaggi come Aldo Moro e Berlusconi, contrapposti in un chiaroscuro tra immobilismo apparente degli anni di Moro, laddove pur non muovendosi nulla, tutto sembrava ambire al progresso, e gli anni di Silvio Berlusconi, anni in cui il progresso viene sempre più manifestandosi come consumismo immobile. Usi e costumi sempre uguali, sempre gli stessi: a cambiare e progredire non è l'essere umano di quell'epoca e la sua capacità storica di consapevolezza ed azione, bensì gli avvenimenti esterni che lo costringono in qualche modo a stare al passo con gli altri, con le abitudini di una società che andava via via identificandosi con quella consumistica.
«Il nuovo per Silvio Berlusconi è un contenitore spesso senza contenuto. Ecco l'immobilismo. Lui invece è un qualcosa di molto più profondo e solido. La sua idea di partito azienda sembra affondare le sue radici negli anni 60 e 80 dove a un certo punto c'è un pezzo di società che si vuole sbarazzare dei vecchi partiti, un pezzo di società che considera il pubblico un ostacolo, che considera lo Stato stesso un ostacolo. La necessità di un cambiamento che in realtà possa lasciare tutto invariato deriva da questo. Un nuovo senza contenuto». "La mia piccola patria" affronta non solo fatti politici, tuttavia tutti gli elementi dal primo all'ultimo risultano essere fortemente politici. Come se la storia d'Italia potesse racchiudersi e allo stesso tempo esplicarsi in due bagni notturni: il bagno di Anita Ekberg in fontana di Trevi e l'ultimo bagno d'addio di Wilma Montesi in quell'oscuro 9 aprile 1953.
Come spiegato da Damilano, la morte della giovane, forse presente ad un festino assieme al figlio di un ministro democristiano che avrebbe dovuto ricevere l'eredità politica di De Gasperi, costituì un enorme scandalo, la prima vera frattura con la "dolce vita" , una rottura che dimostrava il rovescio della medaglia di usi e costumi tinti di rosso sangue. Risulta interessante a questo proposito l'opposizione tra lo sfarzo della Dolce Vita, della Roma dei festini dove «tutti quei trenini non portano da nessuna parte» citando Sorrentino (La Grande Bellezza) e il cadavere putrefatto della giovane ventenne, su cui grava ancora oggi un enorme mistero. Di fatto Sorrentino osserva da lontano, con sguardo disilluso e malinconico ne "La Grande Bellezza" quell'Italia che in Fellini viene raccontata come stupenda ed irraggiungibile, sfarzosa e lussuosa.
Parole di rammarico per la grave crisi di rappresentanza in una Sinistra che sembra esserci solo a tratti e che spesso ritrova le sue radici nell'associazionismo non partitico, laboratorio politico e fucina di idee. Affrontata dal giornalista anche la spigolosa questione della crisi dell'informazione italiana in particolare il caso dell'Agenzia Dire, con i suoi molteplici licenziamenti in tronco e la questione Gazzetta del Mezzogiorno.
In chiusura parole di affetto e grande rispetto per le nuove generazioni capaci di convivere con una nuova fine aperta, che semplicemente stando al mondo dimostrano continuamente quanto la fluidità tra le identità e le idee sia l'unica chiave del vivere. Una generazione, quella degli anni duemila, alla quale secondo lo scrittore, va attribuito il merito di aver insegnato che si può essere sempre gli stessi ma in tanti modi diversi e ogni giorno cambiati ma allo stesso tempo simili rispetto al giorno appena passato. Forse questa la vera novità che l'Italia stava aspettando: cambiare senza mai perdersi.