Monsignor Cozzoli replica a Mauro Papagni: «Non capisco cosa lo induca a falsificare il mio pensiero»
Il prelato biscegliese, collaboratore del Pontefice «Papagni mi pone in ingannevole contrapposizione a Papa Francesco»
Egregio Direttore,
un certo Mauro Papagni, che non ho l'onore di conoscere, si è accanito nei miei confronti con una lettera aperta che, dopo esese stata diffusa per vie private, ho visto pubblicata su BisceglieViva.
Io non capisco che cosa lo induca a falsificare il mio pensiero. Il tutto a partire da un'intervista a me fatta e pubblicata dal quotidiano "Avvenire", mercoledì 2 marzo. Attraverso un esercizio di copia e incolla di frammenti estratti dall'intervista ed estrapolati ad arte dal contesto globale, il Papagni costruisce e mi attribuisce una teoria della guerra, ponendomi in ingannevole contrapposizione a Papa Francesco.
Per amore di verità mi consenta di procedere ad alcune precisazioni:
Innanzitutto, il tema dell'intervista, nelle domande poste dal giornalista di "Avvenire", non era propriamente la guerra ma la legittima difesa nell'insegnamento odierno della Chiesa. Ciò che io ho fatto alla luce di due autorevoli documenti: la Costituzione Gaudium et spes del Concilio Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica.
In secondo luogo, la contrapposizione al pensiero di Papa Francesco è puramente ideologica, perché la deplorazione forte della guerra da parte di Francesco, come dei suoi predecessori, non contraddice affatto le rigorose condizioni di legittimità di una difesa, anche militare, insegnata dalla Chiesa oggi. Esse si pongono a due livelli distinti d'insegnamento, che il Papagni ignora. Oltretutto sono un collaboratore diretto e fidato di Papa Francesco.
Inoltre, sullo stesso tema, mercoledì 23 marzo, mi ha intervistato l'agenzia Ansa. Intervista pubblicata lo stesso giorno e correttamente ripresa il giorno dopo da più testate giornalistiche, come "Corriere della Sera", "Il Messaggero".
L'intervista riassume il mio pensiero. Per correttezza d'informazione verso i lettori di BisceglieViva la riporto qui di seguito:Domanda
Dal punto di vista della dottrina cattolica, è legittimo usare le armi in caso di un'aggressione?
E anche dal punto di vista di altri Paesi, è giusto sostenere e aiutare la 'resistenza' di una Nazione contro l'invasione armata del proprio territorio?
Risposta
La dottrina cattolica afferma e difende il bene grande della pace contro la guerra. La voce dei Papi, a partire dalle due grandi guerre, si leva forte e decisa per la pace contro la guerra. Essa però non si limita a queste affermazioni di principio. Si misura con la complessità delle situazioni concrete, che pone problemi di giustizia, di libertà e di bene comune da salvaguardare.
Significativo quanto leggiamo al n.78 della Costituzione Gaudium et spes del Concilio Ecumenico Vaticano II: "Fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa".
A partire da questa affermazione autorevole del Concilio, il "Catechismo della Chiesa Cattolica" aggiunge: "Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare". E cioè che il danno causato dall'aggressore sia "durevole, grave e certo"; che tutti gli altri mezzi per arrestarla "si siano rivelati impraticabili o inefficaci"; che "ci siano fondate condizioni di successo"; che la difesa armata "non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare". Relativamente a quest'ultima condizione, è da escludere nella difesa il ricorso ad armi nucleari, chimiche e batteriologiche.
Nel rigoroso rispetto di queste condizioni, «la legittima difesa – aggiunge il Catechismo – è un dovere grave per chi ha la responsabilità della vita altrui o del bene comune». Responsabilità che può trovare la solidarietà anche di altre nazioni nel sostenere e aiutare la resistenza del popolo aggredito.
Aggiungo che anche il Cardinale P. Parolin, Segretario di Stato Vaticano, e il Cardinale G. Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, si sono espressi negli stessi termini. "Il diritto a difendere la propria vita, il proprio popolo e il proprio Paese – ha detto il Card. Parolin – comporta talvolta anche il triste ricorso alle armi".
Con viva gratitudine».