Franco Napoletano. <span>Foto Antonio Lopopolo</span>
Franco Napoletano. Foto Antonio Lopopolo
Politica

Napoletano contesta: «Documento del commercio per niente strategico»

L'ex sindaco lancia bordate nei confronti di Angarano ed elenca i punti ritenuti più critici del testo approvato in consiglio comunale

L'ex sindaco Franco Napoletano ha manifestato, già nel corso del consiglio comunale di lunedì 30 settembre, le sue critiche al Documento strategico del commercio approvato dalla massima assise cittadina. «Uno strumento necessario di programmazione per un settore economico di rilevante importanza, che, tuttavia, attraversa da tempo un periodo di grande difficoltà» lo ha definito in una nota approfondita nella quale motiva le ragioni del suo dissenso.

«È uno strumento previsto dalla legislazione regionale pugliese e comprende una raccolta unificata delle norme che regolano il commercio, in tutte le sue articolazioni, con l'indicazione delle scelte in materia, che ogni singolo comune intende fare. Il comune di Bisceglie vi è arrivato tardi e male.

Tardi, perché la normativa regionale (il Codice del commercio) risale al 2015 (legge regionale n°24/2015) e la sua modifica al 2018 (legge regionale n°12/2018) e Bisceglie ha perduto la possibilità di accedere ai cospicui finanziamenti di un primo bando regionale, scaduto alla fine di febbraio del 2019.

Male, perché il comune di Bisceglie, non avendo ancora approvato il nuovo Pug (programma urbanistico generale), ha dovuto inserire le "strategie" del commercio nell'ambito di un Piano regolatore generale che, per quanto scandalosamente vigente, risale addirittura a 42 anni fa (1977)!

Nel 2005, prima di lasciare la carica di sindaco della città per approdare in Parlamento, avevo creato tutti i presupposti perché il nuovo Pug fosse finalmente approvato in breve tempo, ma, per una ragione o per l'altra, quell'iter non è stato mai concluso fino ad oggi» ha ricordato Napoletano.

«Il sindaco Angarano, quindi, nel colmo della sua inadeguatezza, ci consegna le scelte "strategiche" del commercio collegandole alle previsioni urbanistiche che si riferiscono agli anni '70 del secolo scorso e, dunque, a una città diversa dall'attuale.
Se questo modo di amministrare rappresenta una "svolta", siamo, ormai, a una vera e propria "caricatura"!

L'attuale sindaco, inoltre, ha perduto un'altra grande occasione: quella del massimo coinvolgimento cittadino verso le fondamentali tematiche del Commercio, come dovrebbe essere per ogni strumento di programmazione del territorio.

In realtà, le strategie del commercio biscegliese sono state appannaggio, quando non dettate, dalle rappresentanze delle associazioni del commercio che si assumono più rappresentative, ovvero della Confcommercio (soprattutto) e della Confesercenti, senza che né altre associazioni, di categoria e non, né semplici cittadini, fossero messi nelle condizioni di dare un proprio contributo di idee.
Non c'è stato neppure un convegno cittadino aperto alla partecipazione degli stessi operatori commerciali locali!» ha rimarcato l'esponente comunista.

«Perfino a livello istituzionale, il sindaco non ha sentito il dovere di confrontarsi, in prima persona, non dico con le forze politiche cittadine ancora operanti, ma almeno con tutte le componenti del consiglio comunale, come si richiede al "capo" di un'amministrazione.

Né il dibattito sul commercio poteva esaurirsi nelle segrete e striminzite stanze di una commissione consiliare, quasi si trattasse di una deliberazione qualsiasi.

Probabilmente, il sindaco non era neppure capace di farlo, vista la scarsa conoscenza della materia e delle dinamiche economiche cittadine, com'è chiaramente emerso nel corso del dibattito consiliare.

Per non dire dell'assessore alle attività produttive, incredibilmente assente anche nel consiglio comunale che ha approvato il documento.
Nel merito, il Documento strategico del commercio del comune di Bisceglie rappresenta, sostanzialmente, un copia-incolla della normativa regionale.

Il fatto più grave, sul piano politico ed amministrativo, è che il sindaco Angarano e la sua amministrazione comunale non sono stati minimamente in grado di indicare, nel concreto, sia nel Documento che nel dibattito consiliare, nessuna politica di sostegno e di incentivo per il settore del commercio. Né nelle zone centrali (dove si assiste ad una chiusura quotidiana di esercizi commerciali, anche di antica data) e del centro storico, né nelle zone più decentrate, che, pure, ne avrebbero urgentemente bisogno. Alle declamazioni di rito, non ha fatto seguito nessuna misura reale, sia per l'oggi che per il domani.

Sprovvisti di una seria e complessiva visione strategica (non solo del commercio, ma anche delle altre attività economiche e dello sviluppo complessivo della città), costoro sembrano accedere solo e unicamente a interventi che appaiono di natura prettamente clientelare e di piccolo cabotaggio.

Come giudicare, infatti, la decisione di riportare una propaggine del mercato settimanale del martedì in Piazza Vittorio Emanuele, sebbene con cadenza domenicale mensile?

Quello che era un mercato "straordinario" (illegittimo per il luogo e per le assegnazioni dei posteggi!), è diventato un mercato "ordinario".
Ciò rappresenta un salto indietro nel tempo di quasi vent'anni, un anacronismo, da parte di un comune che sceglie, in modo superficiale e inaudito, di degradare ulteriormente "il salotto buono" della città.

Nessun paese civile conserva un mercato di tal fatta nel pieno centro cittadino, a scapito del verde pubblico, della viabilità, di eventuali operazioni di soccorso e di possibili problemi di ordine pubblico. Non mi sembra che una soluzione del genere possa realmente sostenere un settore economico in crisi.

La crisi del commercio, che non è solo biscegliese, è dovuta, in primo luogo, alla diminuzione delle disponibilità finanziarie delle famiglie e alla presenza, in città e nelle immediate vicinanze, della grande distribuzione (dove i prezzi sono, spesso, più bassi). Piuttosto, il comune di Bisceglie non fa nulla per movimentare e destagionalizzare le presenze in città e sta conducendo Bisceglie, purtroppo, a un declino che è sotto gli occhi di tutti. Ben altra città ho consegnato quando ho smesso di fare il sindaco!» ha tuonato Napoletano.

«Se il problema era quello di tentare di sostenere il commercio ambulante in difficoltà, il sindaco avrebbe potuto indicare un'altra area mercatale diversa da piazza Vittorio Emanuele e ne avremmo potuto discutere. Ma così non è stato e si è preferito assecondare ed illudere gli ambulanti interessati (e tutti gli altri?).

La logica, purtroppo, non appare quella di risolvere in maniera intelligente il problema, ma quella di raggranellare un consenso spicciolo, senza tenere conto dell'interesse più generale della città. Siamo così ripiombati nel grigiore amministrativo che ha caratterizzato la città 50 anni or sono.

È la stessa logica che, nel documento "strategico", presiede a sanare e autorizzare gli abusivi dei posteggi isolati, mai realmente ostacolati, presenti in ogni angolo della città e previsti addirittura in incremento: le vendite di frutta e verdura a cielo aperto!
In questo modo, saranno ancora più penalizzati quei commercianti che devono sopportare ingenti spese di gestione per i loro locali: sapranno chi ringraziare!

Nell'interesse della città, continueremo a svolgere un'opposizione costruttiva, ma decisa; pur nell'impossibilità di avviare un confronto ed un dialogo reale con un'amministrazione comunale che non sa ascoltare.

Siamo un'opposizione che non fa finta di fare l'opposizione, che non ha finalità collaborazionistiche, che non aspira a rimpasti in giunta, che prepara un'alternativa di governo, che lavora per fermare il declino e rilanciare la crescita di Bisceglie.

I nostri interlocutori continueranno ad essere i cittadini e con essi, nella fattispecie, gli operatori commerciali tutti.
La tutela di ogni categoria è giusta e sacrosanta, ma gli amministratori capaci devono saperla coordinare con l'interesse generale della città.

Solo una crescita più complessiva della città, infatti, può garantire la crescita reale di ogni singola categoria economica» ha concluso Napoletano.
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