Cultura
Pietrangelo Buttafuoco a Bisceglie: «Il diavolo è benevolo, new age e distrugge i sogni»
Gremito il primo appuntamento di AutunnoLibri alle Vecchie Segherie Mastrototaro
Bisceglie - mercoledì 27 settembre 2017
Un libro d'amore e piccole cose, storie rubate alla metropolitana che si fanno parafrasi di vita, parabole di fede e di filosofia.
Per Pietrangelo Buttafuoco "I baci sono definitivi" (La nave di Teseo, 2017), come per quell'uomo che in metropolitana a Roma, si intrufolò nel dialogo tra due ragazze prese a discutere dell'opportunità dei tatuaggi permanenti e all': «io non voglio nulla di definitivo sul mio corpo» di una delle due rispose «tranne i baci».
Perché i baci, come la fede, fanno capire che è più importante amare che essere amati, lasciarsi andare all'altro senza trincerarsi dietro atteggiamenti di chiusura e riscoprire la bellezza.
«La mia vita di pendolare e le storie che ho raccontato in questo libro – spiega Buttafuoco all'acuta intervistatrice Ilaria Ficarella, che lo ha incontrato nelle Vecchie Segherie Mastrototaro il 26 settembre per il primo appuntamento di AutunnoLibri – sono un pretesto. Sono l'occasione per spiegare a chi legge che anche quando si aspetta un medico, un treno, una stazione, non stiamo perdendo tempo. Si tratta invece di opportunità da cogliere per mettersi in ascolto, aprirsi al tu, distruggere il gravame dell'egoismo che ci impedisce di volare. Tutti però siamo capaci di volare».
Nella Roma trasfigurata dai microracconti di Buttafuoco c'è un mondo di interconnessioni, che tornano ad essere vivere. C'è l'umanità in tutta la sua doppia natura, di alto e basso, divino e demoniaco, che si incontrano e si confondono.
C'è tanta bellezza «perché Dio è bello e ama le cose belle» e tanta indifferenza, perché «in fondo il diavolo è un benevolo, accondiscendente, new age. Nella tradizione ortodossa parla tutte le lingue, è rigorosamente vegetariano, distrugge i sogni ma non vuole la sofferenza di nessuno. Per questo ha vita facile nei mondi dell'omologazione, quelli fatti di supermarket, di genitori 1 e 2, di donne che mercificano il proprio corpo e negli atti di stupro sempre più frequenti. Tutti regali della modernità, che ha perso la grande fede. Il rispetto per la donna? C'è solo un modo per trasmetterlo ai bambini: insegnando loro l'Ave Maria».
Detto da un uomo convertito all'islamismo, ex libraio diventato giornalista e scrittore di successo, la frase pronunciata fa più effetto che in altre circostanze.
La morale della favola resta comunque una: se l'umanità frammentata di oggi vuole darsi una speranza, deve smetterla di sottrarsi ai sogni, all'arte e alla bellezza, in nome di un materialismo altro e a seguire i movimenti delle "illimitate necessità del cuore."
Per Pietrangelo Buttafuoco "I baci sono definitivi" (La nave di Teseo, 2017), come per quell'uomo che in metropolitana a Roma, si intrufolò nel dialogo tra due ragazze prese a discutere dell'opportunità dei tatuaggi permanenti e all': «io non voglio nulla di definitivo sul mio corpo» di una delle due rispose «tranne i baci».
Perché i baci, come la fede, fanno capire che è più importante amare che essere amati, lasciarsi andare all'altro senza trincerarsi dietro atteggiamenti di chiusura e riscoprire la bellezza.
«La mia vita di pendolare e le storie che ho raccontato in questo libro – spiega Buttafuoco all'acuta intervistatrice Ilaria Ficarella, che lo ha incontrato nelle Vecchie Segherie Mastrototaro il 26 settembre per il primo appuntamento di AutunnoLibri – sono un pretesto. Sono l'occasione per spiegare a chi legge che anche quando si aspetta un medico, un treno, una stazione, non stiamo perdendo tempo. Si tratta invece di opportunità da cogliere per mettersi in ascolto, aprirsi al tu, distruggere il gravame dell'egoismo che ci impedisce di volare. Tutti però siamo capaci di volare».
Nella Roma trasfigurata dai microracconti di Buttafuoco c'è un mondo di interconnessioni, che tornano ad essere vivere. C'è l'umanità in tutta la sua doppia natura, di alto e basso, divino e demoniaco, che si incontrano e si confondono.
C'è tanta bellezza «perché Dio è bello e ama le cose belle» e tanta indifferenza, perché «in fondo il diavolo è un benevolo, accondiscendente, new age. Nella tradizione ortodossa parla tutte le lingue, è rigorosamente vegetariano, distrugge i sogni ma non vuole la sofferenza di nessuno. Per questo ha vita facile nei mondi dell'omologazione, quelli fatti di supermarket, di genitori 1 e 2, di donne che mercificano il proprio corpo e negli atti di stupro sempre più frequenti. Tutti regali della modernità, che ha perso la grande fede. Il rispetto per la donna? C'è solo un modo per trasmetterlo ai bambini: insegnando loro l'Ave Maria».
Detto da un uomo convertito all'islamismo, ex libraio diventato giornalista e scrittore di successo, la frase pronunciata fa più effetto che in altre circostanze.
La morale della favola resta comunque una: se l'umanità frammentata di oggi vuole darsi una speranza, deve smetterla di sottrarsi ai sogni, all'arte e alla bellezza, in nome di un materialismo altro e a seguire i movimenti delle "illimitate necessità del cuore."