«Una festa dei sogni che non invecchiano mai»
Il messaggio di Natale di don Mario Pellegrino
Ed anche questo Natale sembra che dobbiamo viverlo in un clima diverso e strano, perché la pandemia non ha alcun interesse di lasciarci vivere una "vita normale".
La notizia dell'aumento di numero di persone infettate dal Covid-19 in Brasile e di una nuova ondata con una diversa mutazione del virus in tutto il mondo; il tasso di mortalità che aumenta ogni giorno, mentre aziende e governi internazionali litigano su chi può trarre maggiore profitto dalla vendita di vaccini e attrezzature per la protezione della vita, non ci consentono di fatto di vivere un clima natalizio.
A causa della pandemia, quasi un terzo dell'umanità sta sprofondando nella disoccupazione e nella povertà assoluta. In questo contesto di pandemia, i governi annullano le feste di capodanno e limitano il più possibile la possibilità di concentrazioni umane.
Tuttavia, in questo contesto, più che mai è necessario che noi cristiani celebriamo il Natale per restituire a questa celebrazione il suo significato originario: ricordare che Dio assume la realtà umana e viene a fare del mondo intero un nuovo "presepe", dove regna la giustizia con la pace, la solidarietá con l´amore, l´uguaglianza con la condivisione.
Lo Spirito Santo, come Madre della Tenerezza, suscita in noi l´impegno di essere nuovi testimoni, incaricati di ricordare al mondo che il Natale è esprimere l'amore per la vita, tradotto in solidarietà.
E qui, in Brasile, voglio vivere questo Natale, in solidarietà con tutte le persone contagiate, o che piangono la morte dei suoi cari, soprattutto di coloro che non sarebbero morti se il governo brasiliano non avesse insistito con una politica che sembra sfruttare il virus per decimare le comunità indigene, i quilombola e le popolazioni della periferia.
Sì, perché, a vederlo bene questo può diventare il miglior Natale della nostra vita: tolto il contorno, resta l'essenziale, l'inaudito di Dio, perché Dio c'è ed è qui in questo nostro momento così particolare.
Il Natale ci ricorda le nostre origini umili e, soprattutto, ci invita a vivere il suo autentico significato: il Figlio di Dio non volle nascere in un palazzo, in pompa e gloria; non scelse un tempio, con i suoi riti, incensi, candele accese e canti; nemmeno trovò una casa per lo meno decente. E' nato là dove gli animali mangiano, e messo a riposare in una greppia. I genitori erano una casalinga e un falegname, in viaggio a causa di un censimento voluto dall'imperatore di Roma.
Sì, il Natale è una festa contraddittoria: ci ricorda non solo la situazione vissuta dal Verbo della vita, il Figlio fatto carne, ma anche e soprattutto che noi non ci siamo ancora "umanizzati" perché continuiamo ad essere insensibili e senza pietà verso i poveri penalizzati dalla vita, che ancor oggi non trovano un posto degno nella casa della Vita.
È solo vedere la situazione presente in Brasile e nel mondo: milioni e milioni di poveri affamati che rendono presente in noi la scelta di Dio per gli ultimi e che ci incoraggiano a fare come Lui ha vissuto su questa Terra.
Maria aspetta il suo primogenito e partorisce in una mangiatoia perché non c´era posto per loro, avvolge il Bambino Gesú in fasce e lo depone nella mangiatoia: nessun prodigio, nessun effetto speciale; Dio nasce come ogni bambino, la salvezza ci giunge nel modo più semplice.
Un gruppo di pastori, che passano le giornate e le notti nei pascoli della Giudea, persone poco raccomandabili, che i rabbini del tempo paragonano ai pubblicani, considerati bugiardi (non potevano testimoniare ad un processo) e inaffidabili, ricevono da alcuni angeli la notizia della nascita del Messia.
È strano, ma vero, sono proprio gli sconfitti, i perdenti, i condannati che ricevono l'annuncio: non i sacerdoti di Gerusalemme, tutti presi dal funzionamento del ricostruito tempio; non Erode, che ha ottenuto il trono con determinazione e ferocia, e che vede nel Messia un pericoloso concorrente; e neanche la brava gente di Gerusalemme, tutta presa dalla quotidianità e superficialità della vita.
Scegliendo coloro che socialmente non esistono e che sono ritenuti invisibili, il Figlio di Dio vuole inviarci un messaggio chiaro: c'è una dignità divina in tutti gli ultimi e sofferenti; per questo, nei loro confronti, dobbiamo mostrare solidarietà e com-passione, che non é pena, ma forma di partecipare alla loro sofferenza e di amarli disinteressatamente.
Si, perché se siamo capaci di percorrere lo stesso cammino intrapreso da Gesú e spezzare il pane insieme, se sappiamo gioire nel tendere la mano e aiutare ad alzarsi chi è caduto, e, ancor di più, se diventiamo amici gli uni degli altri, la sofferenza diventa minore e la croce più leggera; perché, è sempre bene ricordarlo, chi sta lontano dai poveri, anche il cristiano più compassionevole, sta lontano da Cristo.
E come i pastori incontrano in una mangiatoia il Messia, cosí Dio si fa incontrare là dove siamo, parla ai nostri cuori con il linguaggio che conosciamo: é il nostro sguardo che deve cambiare, è la luce del nostro cuore che deve saper vedere al di là dell'apparenza.
Ecco il nostro Dio: è un neonato impotente e fragile; non chiede nulla, non ha deliri di onnipotenza, ha svestito i panni della regalità, li ha deposti ai piedi della nostra inquieta umanità.
Si, è vero: ci inquieta anche solo immaginare che Dio abbia deposto il suo abito di eternità per rivestire quello lacero e sporco dell'umanità.
Se preso sul serio, il Natale ci mette in crisi, ci interroga. Dio che si fa accessibile, incontrabile, neonato fragile e indifeso, demolisce i nostri infiniti pregiudizi su Dio: Dio diventa uomo esattamente per cambiare la nostra vita, per svelarci chi è lui, e perché, vedendo lui, capiamo chi siamo noi, chi sono io. Dio diventa uomo, perché, l'uomo, finalmente, impari a diventare uomo.
Dov'è Dio?, mi chiedono in tanti, inseguiti dalla loro paura in questo contesto di pandemia.
Eccolo, Dio: nello sguardo impaurito di chi, solo, affronta la malattia; nella mano del medico e dell'infermiere che accudiscono e incoraggiano; nella forza di chi non molla, di chi incoraggia, di chi mette da parte vittimismo e lamentazioni.
Eccolo. A te, e a ciscauno di noi, il compito di accoglierlo liberamente, qui e adesso.
Anche se, a volte, il nostro cuore è vuoto, come una grotta, come quella stalla. Ed è proprio lì che Dio chiede di nascere: nel tuo cuore, nel cuore di ciascuno di noi: se ancora osi credere, se ancora ti stupisci davanti a quel neonato che racchiude l'Infinito, se ancora ti commuovi davanti al Dio disarmato, allora, sei tu il Natale di Dio, la custodia di Dio, il suo tabernacolo.
Celebriamo, allora, la presenza di Dio a Natale, il Dio con noi. Dio che si fa presente nella vita e nella lotta dei poveri. Siamo chiamati a festeggiare questo Natale per cercare la speranza in mezzo a situazioni di caos e crisi, di pandemia, genocidi, violenze e morti come risultato della logica suicida del capitalismo e del mercato dove la vita dei giovani, degli anziani, dei bambini, la vita degli indigeni e la vita dei poveri non importa.
La nascita di Dio nei poveri é il segno della più bella profezia messianica e spiritualità della liberazione: del Dio con noi.
Si, in questo Natale, il Bambino Gesú viene a darci la sua mano: è la mano della solidarietà, per unirci e umanizzarci, camminando nella passione del regno.
Si, il Natale ci ricorda che sono stati seminati e annunziati dal Dio umano nei nostri cuori, i semi della giustizia e fratellanza, della compassione e tenerezza, della solidarietà e amore, della gioia, uguaglianza e pace.
Si, questo Natale è l´affermazione della speranza del Dio che nasce in noi e ci conduce per mano nelle periferie esistenziali; è l´invito ad impegnarci per la trasformazione della societá e per la vita.
Non possiamo accettare in nome degli interessi del potere di eliminare vite; in nome del capitalismo di privatizzare la natura e trasformala in profitto; in nome della religione di trasformare in dei il profitto e il capitale, o di legittimare il potere della morte e delle armi; in nome della fede del popolo che si pratichino rapine e violenze; in nome della giustizia, promuovere l'ingiustizia, il furto della terra e lo sfruttamento.
È ora di rinnovare l´impegno, il tempo di unire le forze e di costruire il domani. Si, perché i sogni non invecchiano mai!
E contemplando questo neonato, immagino che quest´anno sia proprio Lui, il Bambino Gesú, a scrivere una lettera con la penna del suo amore e sul foglio del nostro cuore:
"Cari fratelli e sorelle,
se guardando il presepe e vedendomi lì, con Giuseppe e Maria, vi riempite della fede in Dio che si fa tenerezza in quel Bambino, e che è "Dio fratello" sempre con noi; se riuscite a vedere negli altri bambini, e soprattutto nei più poveri, la mia presenza nascosta che nasce dentro di loro; se siete in grado di far rinascere il bambino nascosto dentro i vostri cuori e negli altri che vi circondano, perché rinasca in tutti l'amore, la tenerezza, la cura e l'amicizia; se guardando il presepe e vedendomi quasi nudo, vi ricordate di tanti bambini mal vestiti o nudi, e vi fa male nel fondo del cuore questa situazione disumana e vorreste condividere con loro quello che siete e possedete, per cambiare giá ora questa realtá non degna di essere chiamata umana; se vedendo nella natività il bue, l'asinello, le pecore, pensate che l'universo intero è anche illuminato da me, il Bambino Divino, e che tutto, stelle, sole, galassie, pietre, alberi, pesci, animali e noi esseri umani, formiamo la grande famiglia di Dio; se guardate il cielo e ricordate che c'è sempre su di voi una stella come quella di Betlemme, che vi accompagna, vi illumina, e vi propone i cammini più belli; se ascoltate con il cuore una musica soave e celestiale, come quella degli angeli nei campi di Betlemme, che annuncia il nostro impegno per la pace sulla Terra; sappiate allora che io, il Bambino Gesù, sto nascendo di nuovo e rinnovando il Natale.
Sarò sempre vicino, camminando con voi, piangendo e esultando di gioia con voi, fino al giorno in cui tutta l'umanità e l'universo, arriverà alla casa di Dio, che è Padre e Madre di bontà infinita, per stare insieme eternamente felici come una grande famiglia riunita.
Firmato: il vostro Gesù Bambino"»