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Voto fuorisede: il Governo gioca a nascondino con i diritti democratici

Per i referendum del 2025 nessuna deroga alla legge elettorale

Garantire il diritto di voto a tutti i cittadini, indipendentemente dal luogo in cui si trovano, dovrebbe essere una priorità per ogni democrazia moderna. Eppure, in Italia, milioni di elettori fuorisede sono ancora costretti a fare viaggi costosi e complicati per poter esprimere la propria preferenza alle urne. Nonostante si sia parlato a lungo di una riforma per consentire il voto a distanza, il governo ha deciso di bloccare ogni ulteriore sperimentazione, lasciando di fatto invariata una situazione che penalizza milioni di cittadini.

Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha annunciato che per i referendum di questa primavera su cittadinanza e lavoro non sarà prevista alcuna ulteriore sperimentazione sul voto fuorisede. Il motivo? «Manca la copertura legislativa» ha detto.

Peccato che un disegno di legge sul voto fuorisede esista eccome, ma da venti mesi è fermo al Senato, intrappolato nell'immobilismo di chi, evidentemente, non ha alcun interesse a sbloccare l'iter. L'Italia, così, rimane ancorata a un sistema anacronistico che nega a circa cinque milioni di cittadini (il 10% del totale degli aventi diritto) la possibilità di esercitare il proprio diritto di voto se si trovano lontani dal Comune di residenza.

Tonia Spina, coordinatrice cittadina di Bisceglie per Fratelli d'Italia, ai microfoni di BisceglieViva aveva parlato di «Svolta epocale» riguardo al voto fuorisede (QUI L'INTERVISTA). Ma di epocale, finora, c'è solo stata l'ipocrisia di un governo che non ha mosso un dito per garantire un diritto sancito dalla Costituzione.

La motivazione addotta dal ministro Piantedosi sulla scarsa partecipazione alla prima sperimentazione, con appena 17.561 votanti su una platea di 600.000 studenti fuori provincia, è un argomento tanto fragile quanto pericoloso. I diritti non possono essere vincolati al loro successo immediato. Nessuno si sognerebbe di dire che, siccome all'inizio pochi hanno usato un servizio, allora va eliminato del tutto.

E infatti, guardando all'Europa, si scopre che ovunque il voto fuorisede ha avuto una crescita graduale. In Estonia, nel 2005, solo l'1,9% degli elettori utilizzò il voto elettronico, ma nel 2023 quella percentuale ha superato il 50%. In Spagna, nel 2000, ha votato per corrispondenza l'1,5% degli elettori, nel 2023 sono stati oltre 2,5 milioni. Persino in Italia, nella provincia autonoma di Bolzano, il voto per corrispondenza è cresciuto costantemente: nel 2013 erano 7.933 votanti, nel 2023 sono stati 13.175. Dunque, il problema non è la scarsa partecipazione, ma la volontà politica di rendere strutturale una misura che avrebbe potuto garantire il diritto di voto a milioni di cittadini.

Il rischio, per la primavera 2025, è che per l'ennesima volta il governo si riempia la bocca di promesse e buone intenzioni per poi lasciare milioni di cittadini nell'impossibilità di votare. Se davvero si vuole combattere l'astensionismo e favorire la partecipazione democratica, il Parlamento deve immediatamente sbloccare la legge e il governo deve garantire il voto fuorisede per le prossime tornate elettorali. Non ci sono più scuse. Ora servono i fatti.
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