Alle porte dell'est
Negazionisti da salotto
Quella Bisceglie che continua a non voler ricordare le foibe
martedì 5 febbraio 2019
0.28
Le negano ancora. Ma mica soltanto quelli dell'Anpi di Rovigo...
Prendiamo Bisceglie, tanto per fare un esempio. Trascorse le iniziative di elevata caratura morale e per fortuna non isolate (anzi, l'augurio è che aumentino!) dedicate al Giorno della memoria, si è sempre verificato, finora e già da quand'ero alunno anch'io, un fenomeno che non esiterei a definire piuttosto bizzarro...
Decine di insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado in questa città sembrano perdere, tutto d'un tratto, il desiderio di trasmettere conoscenza alle studentesse e agli studenti, delle primarie (le elementari) come delle secondarie di primo e secondo grado (cioè le medie e le superiori) tutti nella stessa settimana: quella che precede il 10 febbraio, Giorno del ricordo.
Compiti in classe, interrogazioni, assemblee di istituto, evacuazioni delle strutture, invasioni delle cavallette: qualsiasi cosa diventa improvvisamente improcrastinabile, pur di non pronunciare quella parola. Foibe. Lo stesso vale per un mainstream che, ritenendosi di sinistra (e perciò depositario della verità assoluta), gira la testa dall'altra parte, minimizza, fa finta di non vedere e non sentire, si nasconde.
Ho espresso più volte, nel corso degli anni, lo sdegno e l'esecrazione per il disinteresse, che ritengo senza mezzi termini doloso e complice, di docenti, associazioni, comunità parrocchiali, movimenti politici a proposito delle doverose celebrazioni del Giorno del ricordo a Bisceglie. Per quale motivo, in questa città, non si sono mai tenute marce, convocati incontri, indetti flash mob, fiaccolate, iniziative, cerimonie, commemorazioni per i morti infoibati? Che fine fa, il 10 febbraio e nei giorni immediatamente precedenti e seguenti, la volontà di partecipazione civica delle persone che in altri momenti s'impegnano per l'affermazione di pace, solidarietà, ripudio della violenza?
Quest'omertà mi fa schifo e dovrebbe indurre a una profonda riflessione la circostanza che a scriverlo sia un giornalista che non può certo essere ritenuto fascista, anzi! Non c'è persona a Bisceglie più profondamente innamorato della Jugoslavia e di ciò che, nel bene e nel male, ha rappresentato. E mi scuserete se sono costretto a scriverlo ancora una volta.
La storiografia ha accerto la morte nelle foibe di due biscegliesi, Antonio Papagni e Raimondo Selvaggi. Facciamolo almeno per rispetto della loro memoria. L'ho chiesto, inascoltato, già nel 2016: «Bisceglie aderisca alla rete degli oltre 600 comuni italiani che hanno concesso uno spazio, nella propria toponomastica, al ricordo. Chi è d'accordo lo faccia sapere. Basterebbe un piccolo monumento, una targa, una strada, una via, una piazza: un luogo nel quale portare le scolaresche, incontrarsi ogni 10 febbraio, e non soltanto, per potersi finalmente dire: "Buon Giorno del ricordo"». Lancio una sfida: organizzare degli eventi commemorativi con l'aiuto degli esuli e dei loro familiari. Daremo conto di coloro che risponderanno a questo appello.
Alle porte dell'est riparte, com'era giusto che fosse. Per raccontare un'altra Europa: quella che certa gente, in Italia, continua a offendere per partito preso senza conoscere nulla che vada oltre il loro naso, le loro abitudini, i loro giri. Negazionisti da salotto che hanno stracciato le pagine ai libri di storia. E fanno pure la morale agli altri.
Prendiamo Bisceglie, tanto per fare un esempio. Trascorse le iniziative di elevata caratura morale e per fortuna non isolate (anzi, l'augurio è che aumentino!) dedicate al Giorno della memoria, si è sempre verificato, finora e già da quand'ero alunno anch'io, un fenomeno che non esiterei a definire piuttosto bizzarro...
Decine di insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado in questa città sembrano perdere, tutto d'un tratto, il desiderio di trasmettere conoscenza alle studentesse e agli studenti, delle primarie (le elementari) come delle secondarie di primo e secondo grado (cioè le medie e le superiori) tutti nella stessa settimana: quella che precede il 10 febbraio, Giorno del ricordo.
Compiti in classe, interrogazioni, assemblee di istituto, evacuazioni delle strutture, invasioni delle cavallette: qualsiasi cosa diventa improvvisamente improcrastinabile, pur di non pronunciare quella parola. Foibe. Lo stesso vale per un mainstream che, ritenendosi di sinistra (e perciò depositario della verità assoluta), gira la testa dall'altra parte, minimizza, fa finta di non vedere e non sentire, si nasconde.
Ho espresso più volte, nel corso degli anni, lo sdegno e l'esecrazione per il disinteresse, che ritengo senza mezzi termini doloso e complice, di docenti, associazioni, comunità parrocchiali, movimenti politici a proposito delle doverose celebrazioni del Giorno del ricordo a Bisceglie. Per quale motivo, in questa città, non si sono mai tenute marce, convocati incontri, indetti flash mob, fiaccolate, iniziative, cerimonie, commemorazioni per i morti infoibati? Che fine fa, il 10 febbraio e nei giorni immediatamente precedenti e seguenti, la volontà di partecipazione civica delle persone che in altri momenti s'impegnano per l'affermazione di pace, solidarietà, ripudio della violenza?
Quest'omertà mi fa schifo e dovrebbe indurre a una profonda riflessione la circostanza che a scriverlo sia un giornalista che non può certo essere ritenuto fascista, anzi! Non c'è persona a Bisceglie più profondamente innamorato della Jugoslavia e di ciò che, nel bene e nel male, ha rappresentato. E mi scuserete se sono costretto a scriverlo ancora una volta.
La storiografia ha accerto la morte nelle foibe di due biscegliesi, Antonio Papagni e Raimondo Selvaggi. Facciamolo almeno per rispetto della loro memoria. L'ho chiesto, inascoltato, già nel 2016: «Bisceglie aderisca alla rete degli oltre 600 comuni italiani che hanno concesso uno spazio, nella propria toponomastica, al ricordo. Chi è d'accordo lo faccia sapere. Basterebbe un piccolo monumento, una targa, una strada, una via, una piazza: un luogo nel quale portare le scolaresche, incontrarsi ogni 10 febbraio, e non soltanto, per potersi finalmente dire: "Buon Giorno del ricordo"». Lancio una sfida: organizzare degli eventi commemorativi con l'aiuto degli esuli e dei loro familiari. Daremo conto di coloro che risponderanno a questo appello.
Alle porte dell'est riparte, com'era giusto che fosse. Per raccontare un'altra Europa: quella che certa gente, in Italia, continua a offendere per partito preso senza conoscere nulla che vada oltre il loro naso, le loro abitudini, i loro giri. Negazionisti da salotto che hanno stracciato le pagine ai libri di storia. E fanno pure la morale agli altri.