Buongiorno
Dalla parte della movida
Il blog di Vito Troilo
lunedì 25 maggio 2020
12.00
Lo premetto: questo articolo potrebbe non piacere a qualcuno. Me ne farò una ragione.
Ho voluto attendere prima di esprimermi sulla questione, convinto della necessità di trarre degli spunti dalla realtà.
Sarò molto chiaro: disapprovo fortemente e mi dà fastidio il clima di diffusa e ingiusta criminalizzazione che si è creato intorno alla movida e al divertimento.
Ho letto con particolare attenzione, in questi giorni, editoriali, fondi e pezzi apparsi sui principali quotidiani nazionali. Mi chiedo davvero se questi colleghi siano mai stati adolescenti e giovani. Mi chiedo se davvero qualcuno sia convinto del fatto che il modo migliore per scongiurare il rischio di assembramenti risieda nella demonizzazione e nella minaccia costante di chiusura delle attività di ristorazione e di somministrazione al pubblico. L'idea di ritenere i proprietari degli esercizi responsabili persino di ciò che accade negli spazi pubblici esterni fuori dalla loro competenza è assurda, ingiusta.
La logica e la fisica avrebbero dovuto indurre, al contrario, chi decide a prendere in considerazione un dato di fatto: l'affidamento del maggior spazio pubblico possibile ai ristoranti e ai locali è un potentissimo deterrente contro gli assembramenti. Un tavolino con clienti seduti e correttamente distanziati scongiura il pericolo dell'occupazione di quelle stesse metrature da parte di persone in piedi, ferme e non controllabili.
Le mie conoscenze saranno senza dubbio limitate, non ambisco a far parte delle svariate migliaia di task force istituite in queste settimane, ma non intravedo altre soluzioni più efficaci a meno che le autorità, a tutti i livelli, non credano di poter costringere gli italiani - e in particolare i più giovani - a non uscire di casa per l'intera estate.
Continuare a bersagliare i gestori dei locali e colpevolizzare il divertimento non renderà questo Paese migliore e sono certo non avrà alcun effetto concreto sul numero di contagi che saranno registrati nelle prossime settimane. Dovremmo invece mostrare rispetto nei confronti di questi imprenditori e professionisti colpiti dagli effetti economici devastanti dell'emergenza epidemiologica, sostenerli con campagne promozionali e rassicurare gli utenti sulla possibilità di tornare a fruire di quei luoghi, con tutte le prudenze del caso e osservando scrupolosamente le misure di sicurezza.
Quanto al rapporto coi giovani, dovremmo ricordarci di avere avuto tutti 15 anni e provare a calarci nei loro panni, cercando di comprenderne gli stati d'animo, le ansie, le necessità. In fondo, credo valga ancora quell'aforisma che mi è sempre stato a cuore: "I giorni vengono distinti fra loro, ma la notte ha un unico nome".
Ho voluto attendere prima di esprimermi sulla questione, convinto della necessità di trarre degli spunti dalla realtà.
Sarò molto chiaro: disapprovo fortemente e mi dà fastidio il clima di diffusa e ingiusta criminalizzazione che si è creato intorno alla movida e al divertimento.
Ho letto con particolare attenzione, in questi giorni, editoriali, fondi e pezzi apparsi sui principali quotidiani nazionali. Mi chiedo davvero se questi colleghi siano mai stati adolescenti e giovani. Mi chiedo se davvero qualcuno sia convinto del fatto che il modo migliore per scongiurare il rischio di assembramenti risieda nella demonizzazione e nella minaccia costante di chiusura delle attività di ristorazione e di somministrazione al pubblico. L'idea di ritenere i proprietari degli esercizi responsabili persino di ciò che accade negli spazi pubblici esterni fuori dalla loro competenza è assurda, ingiusta.
La logica e la fisica avrebbero dovuto indurre, al contrario, chi decide a prendere in considerazione un dato di fatto: l'affidamento del maggior spazio pubblico possibile ai ristoranti e ai locali è un potentissimo deterrente contro gli assembramenti. Un tavolino con clienti seduti e correttamente distanziati scongiura il pericolo dell'occupazione di quelle stesse metrature da parte di persone in piedi, ferme e non controllabili.
Le mie conoscenze saranno senza dubbio limitate, non ambisco a far parte delle svariate migliaia di task force istituite in queste settimane, ma non intravedo altre soluzioni più efficaci a meno che le autorità, a tutti i livelli, non credano di poter costringere gli italiani - e in particolare i più giovani - a non uscire di casa per l'intera estate.
Continuare a bersagliare i gestori dei locali e colpevolizzare il divertimento non renderà questo Paese migliore e sono certo non avrà alcun effetto concreto sul numero di contagi che saranno registrati nelle prossime settimane. Dovremmo invece mostrare rispetto nei confronti di questi imprenditori e professionisti colpiti dagli effetti economici devastanti dell'emergenza epidemiologica, sostenerli con campagne promozionali e rassicurare gli utenti sulla possibilità di tornare a fruire di quei luoghi, con tutte le prudenze del caso e osservando scrupolosamente le misure di sicurezza.
Quanto al rapporto coi giovani, dovremmo ricordarci di avere avuto tutti 15 anni e provare a calarci nei loro panni, cercando di comprenderne gli stati d'animo, le ansie, le necessità. In fondo, credo valga ancora quell'aforisma che mi è sempre stato a cuore: "I giorni vengono distinti fra loro, ma la notte ha un unico nome".