Buongiorno
L'orlo del precipizio
Il blog di Vito Troilo
martedì 14 agosto 2018
18.39
Strada assassina. La frequenza, l'intensità, le conseguenze dei singoli episodi rendono terribile l'impatto dell'opinione pubblica con la consapevolezza del degrado strutturale cui l'Italia appare destinata, nello sconforto generale.
Sembriamo tutti la stessa persona, esterrefatta in un cocktail letale di pessimismo della ragione e accidia, che ha da tempo soppiantato qualsiasi ottimismo della volontà.
Neppure il più visionario degli sceneggiatori avrebbe potuto immaginare un paese colpito al ventre (molle) da tre potenti uppercut che la sorte gli ha deciso di assestare a distanza ravvicinata, riducendolo alla stregua di un pugile suonato in attesa che qualcuno, magnanimo, getti la spugna dall'angolo. Se un furgone di lavoratori sottopagati che finisce fuori strada e un'autocisterna carica di liquido infiammabile che trasforma l'autostrada in un inferno di fuoco a distanza di pochissime ore hanno travolto le nostre coscienze entrandoci nella testa col loro tremendo armamentario di riflessioni su quanto la vita sia allo stesso tempo preziosa e fragile, il tratto di quel ponte che si è clamorosamente disintegrato a mezzogiorno della Vigilia di Ferragosto ha ingoiato i progetti, i sogni, le speranze, il futuro di (almeno) 35 persone, segnando per sempre tutti coloro che, in un modo o nell'altro, riusciranno a salvarsi.
Il pensiero di tanti italiani sarà rivolto al conducente di quel mezzo pesante che ha scongiurato la tragedia per un soffio: solo, a pochi passi dall'orlo del precipizio. Sotto choc. Testimone di un disastro che qualcuno definirà annunciato e che ha già segnato solchi profondi nel volto di un paese continuamente sfigurato dall'incuria.
La distanza tra i detriti di Genova e il polverone delle polemiche fini a se stesse è destinata ad accorciarsi col passare delle ore. La paura, spesso inconfessata, è a che quel furgone ribaltato possano seguirne altri, che ancora una volta l'autostrada possa trasformarsi in una palla di fuoco, che un ponte, da qualche parte della nazione, si possa sbriciolare. Ecco perché sentiamo così vicino quell'uomo e quell'orlo del precipizio.
Sembriamo tutti la stessa persona, esterrefatta in un cocktail letale di pessimismo della ragione e accidia, che ha da tempo soppiantato qualsiasi ottimismo della volontà.
Neppure il più visionario degli sceneggiatori avrebbe potuto immaginare un paese colpito al ventre (molle) da tre potenti uppercut che la sorte gli ha deciso di assestare a distanza ravvicinata, riducendolo alla stregua di un pugile suonato in attesa che qualcuno, magnanimo, getti la spugna dall'angolo. Se un furgone di lavoratori sottopagati che finisce fuori strada e un'autocisterna carica di liquido infiammabile che trasforma l'autostrada in un inferno di fuoco a distanza di pochissime ore hanno travolto le nostre coscienze entrandoci nella testa col loro tremendo armamentario di riflessioni su quanto la vita sia allo stesso tempo preziosa e fragile, il tratto di quel ponte che si è clamorosamente disintegrato a mezzogiorno della Vigilia di Ferragosto ha ingoiato i progetti, i sogni, le speranze, il futuro di (almeno) 35 persone, segnando per sempre tutti coloro che, in un modo o nell'altro, riusciranno a salvarsi.
Il pensiero di tanti italiani sarà rivolto al conducente di quel mezzo pesante che ha scongiurato la tragedia per un soffio: solo, a pochi passi dall'orlo del precipizio. Sotto choc. Testimone di un disastro che qualcuno definirà annunciato e che ha già segnato solchi profondi nel volto di un paese continuamente sfigurato dall'incuria.
La distanza tra i detriti di Genova e il polverone delle polemiche fini a se stesse è destinata ad accorciarsi col passare delle ore. La paura, spesso inconfessata, è a che quel furgone ribaltato possano seguirne altri, che ancora una volta l'autostrada possa trasformarsi in una palla di fuoco, che un ponte, da qualche parte della nazione, si possa sbriciolare. Ecco perché sentiamo così vicino quell'uomo e quell'orlo del precipizio.