Buongiorno
Nel frattempo
Il blog di Vito Troilo
sabato 21 marzo 2020
Sedici giorni dopo l'inizio della guerra in Afghanistan del 2001 Michele Serra intitolò il suo spazio in taglio basso di prima pagina su "Repubblica", L'amaca, con un eloquente: «E nel frattempo nel Belpaese?».
Ho tratto spunto da questo ricordo, nelle lunghe giornate in cui la rilettura dei saggi sulla politica e il giornalismo costituisce una lieve variante al lavoro - pur se non mi mancano libri più recenti da divorare come quello di Claudio Martelli su Bettino Craxi - per riflettere su quanto Serra scrisse all'epoca: «E nel frattempo? Bisognerebbe istituire, sui giornali come nei nostri cervelli, uno spazio fisso intitolato Nel frattempo: perché, nel frattempo, succede di tutto, ma siccome è frattempo di guerra non c'è quasi modo di parlarne. E quando se ne parla ci si sente futili. E scatta lì l'autocensura».
L'impressione è che l'emergenza Coronavirus abbia annullato, anche sui media, la "spinta propulsiva" fornita abitualmente dallo spazio di comfort tra le notizie "di primo sfoglio" (la cronaca, la politica, l'attualità) e i temi economici e sociali. BisceglieViva, in questo, pur essendo un new media, ha sempre cercato di garantire l'equilibrio tra le storie da breaking news, gli aspetti della vita di città e gli argomenti più "leggeri", forte di un'identità caratterizzata, per esempio, dalla grande attenzione rivolta allo sport.
Riconosco però la fatica, in questo periodo, del cronista, specie se sportivo, nell'assolvere al suo compito senza perdersi in stupidaggini. E mi rendo conto di quanto siano architrave, per l'informazione, la cultura e gli spettacoli proprio adesso che quell'universo di intrattenitori e ristoratori delle nostre menti non può esprimere appieno il suo potenziale. L'utile, insomma, ha schiacciato il dilettevole.
Quell'amara riflessione di Serra è un po' il cruccio di tanti giornalisti chiamati a confezionare un quotidiano, sia cartaceo che sul web (con buona pace dei puristi "vecchia scuola": la differenza è sempre meno marcata). Come sostenere l'esigenza di uscire e far uscire i lettori dall'assuefazione di un racconto monolitico e monotematico? Bella domanda...
Il rischio che questa professione si sieda sulla necessità di ridursi a mera esecutrice della "fredda cronaca", in giorni di bollettini, cifre e resoconti inevitabilmente poco divergenti, è elevato. Toccherà rifuggirlo utilizzando le qualità del giornalismo di un tempo, tornate di colpo a fare la differenza: l'estro, la ricerca della notizia, la capacità di scandagliare il territorio per far parlare la gente, toccando i tanti nervi che resteranno scoperti alla fine dell'emergenza.
Doti che, ne sono convinto, risulteranno preziose in questo lungo frattempo.
Ho tratto spunto da questo ricordo, nelle lunghe giornate in cui la rilettura dei saggi sulla politica e il giornalismo costituisce una lieve variante al lavoro - pur se non mi mancano libri più recenti da divorare come quello di Claudio Martelli su Bettino Craxi - per riflettere su quanto Serra scrisse all'epoca: «E nel frattempo? Bisognerebbe istituire, sui giornali come nei nostri cervelli, uno spazio fisso intitolato Nel frattempo: perché, nel frattempo, succede di tutto, ma siccome è frattempo di guerra non c'è quasi modo di parlarne. E quando se ne parla ci si sente futili. E scatta lì l'autocensura».
L'impressione è che l'emergenza Coronavirus abbia annullato, anche sui media, la "spinta propulsiva" fornita abitualmente dallo spazio di comfort tra le notizie "di primo sfoglio" (la cronaca, la politica, l'attualità) e i temi economici e sociali. BisceglieViva, in questo, pur essendo un new media, ha sempre cercato di garantire l'equilibrio tra le storie da breaking news, gli aspetti della vita di città e gli argomenti più "leggeri", forte di un'identità caratterizzata, per esempio, dalla grande attenzione rivolta allo sport.
Riconosco però la fatica, in questo periodo, del cronista, specie se sportivo, nell'assolvere al suo compito senza perdersi in stupidaggini. E mi rendo conto di quanto siano architrave, per l'informazione, la cultura e gli spettacoli proprio adesso che quell'universo di intrattenitori e ristoratori delle nostre menti non può esprimere appieno il suo potenziale. L'utile, insomma, ha schiacciato il dilettevole.
Quell'amara riflessione di Serra è un po' il cruccio di tanti giornalisti chiamati a confezionare un quotidiano, sia cartaceo che sul web (con buona pace dei puristi "vecchia scuola": la differenza è sempre meno marcata). Come sostenere l'esigenza di uscire e far uscire i lettori dall'assuefazione di un racconto monolitico e monotematico? Bella domanda...
Il rischio che questa professione si sieda sulla necessità di ridursi a mera esecutrice della "fredda cronaca", in giorni di bollettini, cifre e resoconti inevitabilmente poco divergenti, è elevato. Toccherà rifuggirlo utilizzando le qualità del giornalismo di un tempo, tornate di colpo a fare la differenza: l'estro, la ricerca della notizia, la capacità di scandagliare il territorio per far parlare la gente, toccando i tanti nervi che resteranno scoperti alla fine dell'emergenza.
Doti che, ne sono convinto, risulteranno preziose in questo lungo frattempo.